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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.04.2020 L'ebraismo al tempo del Coronavirus
Gian Guido Vecchi intervista il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 aprile 2020
Pagina: 6
Autore: Gian Guido Vecchi
Titolo: «'Soli, al lavoro in remoto riscopriamo il valore dei nostri riti collettivi'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/04/2020, a pag.6, con il titolo 'Soli, al lavoro in remoto riscopriamo il valore dei nostri riti collettivi' l'intervista di Gian Guido Vecchi a Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma.

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Riccardo Di Segni - Wikipedia
Riccardo Di Segni

"Se dopo il disastro delle vite ci sarà il disastro economico, non sappiamo quali scenari dovremo affrontare. La questione è importante e non solo dal punto di vista religioso. Ne va della tenuta sociale». Riccardo Di Segni, 70 anni, è dal 2001 rabbino capo di Roma nonché medico, oggi in pensione e a lungo primario di Radiologia al San Giovanni. «Ho attraversato il ciclone Sars, nel 2003, il primo caso passò proprio dal mio reparto. Ma allora fu tutto molto limitato, finì presto. Ora invece...».
Anche rappresentanti dell'ebraismo parteciperanno alla riunione con le religioni organizzata dal Viminale, si è parlato di domani. È possibile ricominciare le riunioni di preghiera? «Si possono trovare delle soluzioni, con grande attenzione e autodisciplina. Tutti dobbiamo rispettare le regole di salute pubblica. Dai settori produttivi ai trasporti, si sta parlando di come ricominciare tenendo conto delle misure di sicurezza e sanitarie.Non vedo perché non sia possibile con le pratiche religiose».
Quando? «Mi auguro che i tempi siano brevi ma soprattutto spero che al più presto precipiti la curva di infezioni e decessi».
Come la vede? «Mi preoccupa l'incertezza: i dati che ancora ci sfuggono dal punto di vista scientifico sono molti più di quelli che conosciamo. Ci vorrà tempo per chiarire, e il tempo non c'è, l'impatto sociale ed economico è spaventoso».
Come avete vissuto queste settimane? «La pandemia è arrivata tra due feste molto importanti, Purim e poi Pesach, la Pasqua. Comportano doveri religiosi che si svolgono nella socialità, coinvolgono i bambini, grandi gruppi... È saltato un intero sistema. E questo fa capire una cosa importante».
Quale? «Nel sistema ebraico, ad esempio, la preghiera è individuale e collettiva. Quella collettiva va fatta da almeno dieci persone, il "minian", ovvero il quorum. E non si può raggiungere un quorum telematico, tanto più il sabato. Ecco: proprio questa apparente rigidità del sistema religioso serve a tutelare la socialità che rischiamo di perdere».
In che senso? «Quando usciremo da questa crisi, avremo dimostrato che moltissime cose che prima facevamo andando disperatamente in giro o viaggiando, come le riunioni di lavoro, si possono fare più comodamente e magari meglio da casa. Tutto questo avrà delle conseguenze sulla società».
E qui diventa importante il ruolo delle fedi? «Sì. Scopriamo la comodità delle telecomunicazioni e insieme si disgrega il sistema, il tessuto sociale. In una situazione simile, e con tutte le loro differenze, le organizzazioni religiose avranno ancora di più un ruolo di cemento della nazione».

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