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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Né vittime né danni 12/02/2020
Né vittime né danni
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)



Gaza attacca Israele

L’attualità è così ricca che quel che succede a Gaza passa in secondo piano. È giusto che la stampa metta in rilievo gli attacchi di rappresaglia dell'Aeronautica israeliana dopo gli attacchi missilistici di Hamas o della Jihad islamica che, per usare l'espressione ripetuta innumerevoli volte dai media, "non hanno fatto né vittime né danni.” Un modo per suggerire che Israele coglie il minimo pretesto per bombardare a tappeto i poveri Gazawi. Tuttavia, a ben guardare, quando un gruppo di militanti lancia razzi, proiettili di mortaio e altri dispositivi letali contro obiettivi civili - kibbutzim, città e villaggi – lo fa precisamente allo scopo di mietere vittime e creare danni. E se questo obiettivo poi non viene raggiunto, è perché i parametri di tiro sono stati mal regolati o perché il proiettile è caduto in campo aperto, o perché il sistema “ Cupola di ferro” è riuscito a polverizzarlo in cielo.

Questo sistema non è infallibile; é questo il motivo per cui viene dato l’allarme non appena viene rilevata la partenza di un missile. Israele può vantarsi di essere l'unico Paese al mondo in cui la maggior parte delle case e tutte le istituzioni pubbliche hanno dei rifugi. Sono obbligatori nelle nuove costruzioni. Solo nei dintorni della Striscia di Gaza, alcune località sono così vicine al confine che i residenti hanno solo pochi secondi per trovare riparo. Non tutti sono a casa durante il giorno. Devono quindi cercare rifugio in una delle strutture in cemento armato predisposte a tale scopo sulla strada, Sul posto di lavoro, si svolgono regolarmente esercitazioni per garantire che la corsa verso il rifugio sia fatta senza panico e in modo ordinato. Anche nelle scuole esercitazioni di evacuazione, organizzate in modo ludico, hanno preparato alunni e insegnanti. È più complicato nelle scuole materne, dove i più piccoli sono spesso sopraffatti dalla paura. Ci sono cadute, pianti, segni di panico.

"Non riusciamo ad abituarci" ammettono gli insegnanti a bassa voce, e scrollando le spalle, aggiungono: “eppure non abbiamo scelta.” Se durante il giorno le cose vanno relativamente bene, di notte è molto diverso. Svegliati di soprassalto, i genitori devono correre nelle camerette dei bambini, prendere i più piccoli tra le braccia e correre a precipizio per metterli in salvo. Quando il rifugio si trova nel seminterrato, le cadute sono frequenti. Fortunatamente, di solito non sono gravi. Naturalmente gli anziani sono particolarmente a rischio. Spesso, se si fratturano una gamba o un braccio, saranno trasportati in ospedale una volta che l'allerta è finita. All'inizio di febbraio, una giovane madre con la sua piccola di tre settimane tra le braccia, era inciampata sulle scale. La testa della bambina aveva urtato contro il gradino. Seguirono ore di angoscia mentre la madre sconvolta attendeva il verdetto dei medici. Per fortuna il cranio dei neonati è ancora soffice e malleabile, e c’è stato più spavento che male. Più tardi, nascosti nei loro rifugi, in attesa della fine del segnale di allarme, gli abitanti ascolteranno gli aerei partire per svolgere missioni di rappresaglia. E se per caso i media ne parlano in Francia, non mancheranno di aggiungere che, comunque sia, i missili di Gaza non hanno fatto né vittime né danni. Il dramma vissuto quotidianamente da uomini, donne e soprattutto bambini dalla parte israeliana non interesserà mai a nessuno.

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".


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