Iran, l'arbitra di scacchi si toglie il velo, se torna nel suo Paese può essere arrestata. Ecco una delle vere eroine dei nostri giorni Commento di Monica Ricci Sargentini
Testata: Corriere della Sera Data: 20 gennaio 2020 Pagina: 15 Autore: Monica Ricci Sargentini Titolo: «L'arbitra di scacchi si toglie il velo: 'Via dall'Iran'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/01/2020, a pag.15, con il titolo "L'arbitra di scacchi si toglie il velo: 'Via dall'Iran' " il commento di Monica Ricci Sargentini.
Monica Ricci Sargentini
Al centro, Shohreh Bayat
Shohreh Bayat è un'arbitra di livello internazionale. Un ruolo prestigioso che poche donne nel mondo hanno raggiunto e nessuna prima di lei in Asia. Eppure nel suo Paese, l'Iran, a fare notizia è stata una fotografia in cui la giovane, 32 anni, appariva senza l'hijab mentre, la scorsa settimana, arbitrava a Shanghai la Women's World Chess Championship, prestigiosa gara mondiale di scacchi femminile. «Non posso pensare a nessun altra iraniana che abbia lavorato in un torneo di così alto livello. Ma la sola cosa che conta per loro è il mio velo, non i miei titoli», si è sfogata con la Bbc. La questione non è di poco conto. Dopo la rivoluzione islamica, in Iran è stato imposto alla cittadine di indossare il velo in pubblico e per le donne che gareggiano nelle gare sportive l'obbligo vale anche all'estero. Chi viola la legge può essere multato o persino arrestato. E ora Bayat ha paura a rientrare in patria. «Quando ho visto il clamore che aveva causato quella foto sono entrata nel panico. Dicevano che la mia era una protesta politica. Sono molte le iraniane finite in prigione a causa del velo. Magari mi usano come un esempio». In verità la giovane non aveva alcuna intenzione di compiere un gesto clamoroso, anche se tollera a malincuore il dress code: «Siccome vivo in han, non ho altra scelta. Però penso che ognuno dovrebbe potersi vestire come vuole», ha detto alla Bbc da Vladivostok in Russia dove si svolge la seconda parte del torneo. Forse in quell'immagine il foulard le era semplicemente scivolato, tanto che quel giorno, in altre foto, la si vede con l'hijab, seppur portato in modo poco «ortodosso». Per sentirsi al sicuro Bayat ha chiesto alla Federazione scacchi iraniana di garantire la sua libertà ma i dirigenti, per tutta risposta, l'hanno invitata a scrivere una lettera di scuse in cui avrebbe dovuto difendere l'obbligo del velo, cosa che lei non ha fatto. Anzi, a questo punto, ha deciso di «essere se stessa» e apparire in pubblico con il capo scoperto: «Tanto mi avevano già condannato. Non cambia nulla». Certo non tornare a casa le pesa: «È una decisione dura, sono triste perché mi mancherà la mia famiglia. Se potessi rientrare lo farei». La Federazione Internazionale di scacchi non ha commentato ufficialmente la situazione ma il vice presidente Nigel Short ha lodato Bayat su Twitter: «La prima donna a diventare Segretaria Generale di una federazione sportiva in Iran, l'unica arbitra internazionale di categoria A in Asia. Una grande ambasciatrice per il suo Paese». All'inizio di gennaio la responsabile della squadra di scacchi iraniana Mitra Hejaziour era stata espulsa dalla nazionale per non aver indossato l'hijab ai Mondiali Rapid e Blitz a Mosca. Lo stesso campionato in cui il fuoriclasse Alireza Firouzja ha dovuto giocare sotto un'altra bandiera dopo che Teheran aveva ritirato la sua squadra a causa della presenza di israeliani. Pochi giorni fa Kimia Alizadeh, campionessa ventunenne di taekwondo e medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio del 2016, aveva annunciato su Instagram di essersi trasferita all'estero perché si era sentita usata per fini politici dalle autorità: «Sono una delle milioni di donne oppresse in Iran. Ho indossato tutto quello che volevano e ripetuto qualunque cosa mi venisse chiesta ma per loro siamo solo strumenti». Alizadeh ora è in Olanda dove si sta allenando per Tokyo 2020.
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