Funerali di regime per Suleimani, a decine muoiono schiacciati dalla folla Cronaca di Viviana Mazza
Testata: Corriere della Sera Data: 08 gennaio 2020 Pagina: 9 Autore: Viviana Mazza Titolo: «Ressa e strage al corteo funebre»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/01/2020, a pag.9, con il titolo "Ressa e strage al corteo funebre", la cronaca di Viviana Mazza.
Viviana Mazza
I funerali di Qassem Suleimani
Anche a Kerman, nel sud dell'Iran, milioni di persone si sono radunate per rendere l'estremo saluto al generale Soleimani. Ma la sepoltura che doveva avvenire ieri nel «cimitero dei martiri» della città, vicina al suo villaggio natio, è stata rimandata dopo la drammatica morte di 56 persone — secondo l'ultimo bilancio ufficiale — schiacciate dalla folla in processione. I feriti sarebbero 213. Secondo alcune testimonianze diffuse sui social, le strade da cui passava la processione erano troppo strette per contenere la folla, e alcune di quelle laterali erano state chiuse per ragioni di sicurezza, lasciando le vittime senza possibilità di fuga. Anche le ambulanze hanno fatto fatica ad arrivare. La città, con i suoi 800 mila abitanti, è anche meno preparata della capitale (che ne conta 15 milioni inclusa l'area metropolitana) a raduni di grande portata. Dopo una giornata in cui il bilancio dei morti continuava a salire, il presidente Hassan Rouhani ha fatto le condoglianze alle famiglie e annunciato l'apertura di un'inchiesta sull'accaduto. Anche a Kerman, poco prima della strage, il generale Hossein Salami, capo dei Guardiani della rivoluzione aveva ripetuto le promesse di vendetta che hanno caratterizzato ogni tappa dei funerali. Secondo il New York Times, la Guida Suprema Khamenei avrebbe detto al Consiglio di sicurezza nazionale che vuole un attacco diretto e proporzionale contro interessi americani, che sia pubblico: riconducibile alla Repubblica Islamica e non un'operazione clandestina. Le ragioni sarebbero di prestigio e di politica interna. Più tardi, sull'agenzia iraniana Fars, sono usciti dettagli attribuiti ad Ali Shamkhani, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale: si stanno prendendo in considerazione tredici «scenari di vendetta». Ma le dichiarazioni — riprese subito dai siti di tutto il mondo — sono state negate poco dopo da Irna, un'altra agenzia della Repubblica Islamica. In queste ore Teheran è molto attenta alle reazioni del mondo, e vuole sottolineare l'unilateralismo di Trump e il suo disdegno delle leggi internazionali (come nel tweet su un eventuale attacco contro i 52 siti culturali iraniani che anche il Pentagono ha dovuto smentire). In serata il ministero degli Esteri ha convocato l'ambasciatore britannico a Teheran Rob Macaire, per quelle che la stampa locale definisce dichiarazioni «inaccettabili» del ministro della Difesa, Ben Wallace: pur invitando tutte le parti alla moderazione, ha difeso il diritto di Trump di colpire Soleimani come «autodifesa», poiché il generale stava «coordinando omicidi e attacchi contro cittadini americani». Il ministro degli Esteri Mohammed Javad Zarif — ad una conferenza con diplomatici e ricercatori provenienti da paesi alleati come Cina, Turchia, Qatar, Russia e Ue — ha ribadito che la risposta iraniana al «terrorismo di Stato» sarà «proporzionata, perché noi non siamo fuorilegge come il presidente Trump». Ha denunciato che gli Stati Uniti gli hanno negato il visto per recarsi al Consiglio di sicurezza dell'Onu, in violazione del trattato del 1947 che garantisce ai diplomatici l'accesso al quartier generale delle Nazioni Unite. «Non vogliono che si vada a dire la verità al popolo americano. Ma il mondo non è solo New York. Puoi parlare al popolo americano da Teheran, ed è quello che faremo», ha detto prima di concedere interviste a due tv statunitensi.
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