Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/04/2019, a pag.9, con il titolo "Nei democratici prevale l’anima radicale. In difesa di Omar che liquida l’11 settembre" il commento di Alberto Flores d'Arcais.
Nel giornalismo - soprattutto se si tratta di esteri, Usa e Israele - i figli non sono molto diversi dai padri. E' il caso di Davide, figlio di Gad Lerner così come di Alberto, figlio di Paolo Flores d'Arcais. Fa eccezione (per ora) Giordano, figlio di Alberto Stabile, che quasi sempre informa correttamente su Israele a differenza del genitore.
Oggi Alberto Flores d'Arcais difende, con una scelta sconcertante di buone parole, la deputata democratica americana Ilhan Omar, nonostante le sue affermazioni che hanno messo in dubbio, cancellando le identità degli autori, i fatti dell'11 settembre. Di questo, ma anche dell'antisemitismo e del terzomondismo di Omar, di origine somala, abbiano scritto ieri: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=74315
Ecco l'articolo:
Alberto Flores d'Arcais
La miccia l’aveva accesa Donald Trump venerdì. Un tweet con tanto di video sulle Twin Towers in fiamme, un durissimo attacco («Non lo dimenticheremo mai!) contro Ilhan Omar, deputata di origine somala e una delle prime donne di religione musulmana eletta al Congresso degli Stati Uniti. Colpevole – secondo il presidente – di avere sminuito la portata del più grande attentato terroristico della storia contemporanea, liquidandolo con una frase («alcune persone hanno fatto qualcosa») decisamente poco felice, da lei pronunciata alla tribuna del Council on American-Islamic Relations il 23 marzo scorso.
Ilhan Omar, Donald Trump
Il video su Twitter del presidente è stato volutamente modificato (tagliata e fuori dal contesto la frase «incriminata» della deputata del Minnesota) e la risposta del partito democratico non si è fatta attendere. Con Nancy Pelosi, speaker della maggioranza al Congresso, che ha stigmatizzato il tweet di The Donald («la memoria dell’11 settembre è un terreno sacro, così si attizzano le fiamme»), con Beto O’Rourke (candidato presidenziale e considerato il «nuovo Kennedy» democratico) che parla di «incitamento alla violenza, ci sarà un costo e ci stanno conseguenze», con Elizabeth Warren (anche lei in corsa per le primarie 2020) che risponde con un durissimo tweet («Il presidente sta incitando alla violenza contro un deputato degli Stati Uniti»), con Bernie Sanders che affida al social network un risposta altrettanto incendiaria: «Ilhan Omar è una leader con forza e coraggio. Non si tirerà indietro di fronte al razzismo e all’odio di Trump. Non ci tireremo indietro neanche noi, i disgustosi e pericolosi attacchi contro di lei devono finire».
A darle man forte non poteva mancare Alexandria Ocasio-Cortez, la giovane pasionaria dell’ala «socialista» del partito democratico. «I membri del Congresso hanno il dovere di rispondere all’attacco esplicito del presidente. La vita di Ilhan Omar è in pericolo. Per i nostri colleghi tacere significa diventare complici nel pericoloso e diretto attacco contro un deputato del Congresso americano, dobbiamo parlare ad alta voce», la sua replica al presidente. E la stessa deputata del Minnesota si è autodifesa citando a sua volta George W. Bush, il presidente dell’11 settembre, che aveva invitato l’America a non considerare i musulmani come nemici e aveva anche lui definito i terroristi come «persone». Ieri Nancy Pelosi ha dato ordine di rafforzare la sicurezza attorno alla deputata e alla sua famiglia. Non è la prima volta che Omar diventa protagonista di uno scontro politico-ideologico . Era accaduto un mese fa quando era finita nelle prime pagine dei media per alcuni tweet dall’accento antisemita. Allora il partito si era diviso, e lei era stata alla fine costretta da Pelosi a chiudere scusa. Adesso è di nuovo al centro dell’attenzione, ma questa volta il partito e soprattutto i candidati alla Casa Bianca sono schierati con lei. La campagna elettorale è già iniziata.
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