Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/05/2018, a pag.54/55 con il titolo " Il messaggio di Gerusalemme vestita di rosa e ricca di orgoglio " la cronaca di Gaia Piccardi. Dalla GAZZETTA dello SPORT a pag.4 una parte dell'editoriale del direttore Andrea Monti dal titolo "Ci vuole coraggio". Dal MANIFESTO riproduciamo la prima pagina, che aiuta a capire come al quotidiano comunista vada attribuita la qualifica di "Edizione italiana di Hamas & Teheran News"
Gaia Piccardi: " Il messaggio di Gerusalemme vestita di rosa e ricca di orgoglio "
Gaia Piccardi
Guy Niv veniva al mondo in Galilea mentre il suo Stato compiva quarantasei anni. Adesso che ne ha 24 (e Israele 7o) se ne sta lì, imbambolato davanti alla folla di Saba Square, giovane profeta del ciclismo con la donna dei desideri da una parte, la super-modella connazionale Bar Rafaeli, e il trofeo dei sogni dall'altra: «Sono cresciuto guardando il Giro d'Italia. Oggi corro il Giro d'Italia. Quasi mi mancano le parole. Definirla una favola è poco...». Sa tutto di storia contemporanea in avanzamento veloce in questa Gerusalemme rovente e vestita di rosa, dalle primule delle aiuole alla segnaletica ad uso e consumo dei corridori, transennata per chilometri e congestionata dal traffico dopo la chiusura dei 9.700 metri d'asfalto della crono di oggi. Perché sì, è tutto vero: il Giro scatta sotto le mura antiche, specchiandosi nella bellezza architettonica della Cupola della Roccia, grazie alla visione di Sylvan Adams, imprenditore canadese di origini israeliane, il primo a proporre al primo ministro Benjamin Netanyahu la corsa rosa come regalo per i settant'anni del Paese. Il ciclismo in ragione del business e magari, un giorno, come balsamo taumaturgico per le pene di un luogo tormentato, ma anche perfetto per le due ruote. «Sono felice che una potenziale audience di un milione di persone possa vedere i panorami della mia terra - sorride in mondovisione sua bionditudine Bar Refaeli, appena sbarcata da un atollo delle Maldive -. Succede così raramente di parlare di Israele come meta turistica o sede di un grande evento sportivo. Spero che il Giro possa davvero cambiare la percezione del mondo nei nostri confronti». Il messaggio di Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, Be'er Sheva e Eilat che pedalano per tre tappe prima del ritorno in patria, tra le zagare di una Sicilia in fiore (da martedì, dopo il giorno di riposo che servirà a trasferire la carovana su quattro voli charter), sarà più potente di qualsiasi accordo diplomatico. Nell'anomalia di un fazzoletto triangolare impregnato di religiosità e rabbia atavica c'è forse una normalità, che la Israel Cycling Academy dell'ex soldato Guy Niv vuole incarnare, su cui si può (perlomeno) immaginare di costruire un futuro di pace. «Solo pochi anni fa tutto questo sarebbe stato impensabile» trasecola Ran Margaliot, manager 3oenne del team locale che ha la missione di traghettare un manipolo di corridori (c'è anche l'italiano Kristian Sbaragli) fino alla Vuelta 2019 e al Tour 2020. Il primo velodromo del Medio Oriente è appena stato inaugurato a Tel Aviv (sempre grazie ai soldi di Adams), la cultura della bici muove i primi passi con autorevolezza: «Serve un salto di coscienza. Ci aspetta un'impresa simile a quella di Davide contro Golia» chiosa Margaliot con una citazione biblica. Il Jerusalem Post in prima pagina parla di orgoglio, ed è lo stesso sentimento che anima un Giro d'Italia mai così intrepido e pionieristico, che al di là dello stratosferico budget per 406 dei suoi 3.562,9 km di corsa (si parla di 12/15 milioni di dollari messi sul piatto da mister Adams: difficile dire di no) piazza la bandierina sulla prima partenza extra europea di una grande corsa, alla faccia dei cuginastri del Tour e degli amici della Vuelta, verdi d'invidia. Gli occhi scuri di Fabio Sabatini, toscano di Pescia e veterano della Quick Step, oggi alle 13.50 locali saranno i primi a fissare la telecamera (67 disseminate lungo il percorso della crono solo per garantire la sicurezza) da sotto il caschetto aerodinamico. Tom Dumoulin, campione in carica olandese con seri propositi di fare il bis, chiuderà la conta dei 176 girini alle 16,45 quando allo shabbat, la festa del riposo ebraico, mancherà poco. Un'ora prima del tramonto dalle colline di Gerusalemme si alzerà il suono di un corno. Il Giro 2018, scelta la sua prima storica maglia rosa, starà già pedalando altrove, a nord, verso la città portuale di Haifa, sede di partenza della seconda tappa israeliana. Perché la storia, questa storia, non aspetta nessuno.
La Gazzetta dello Sport-Andrea Monti: "Ci vuole coraggio "
Riprendiamo in parte l'editoriale del direttore
Andrea Monti
Ci vuole coraggio. Oggi dalla porta di Jaffa, l'ingresso principale alla Città Santa Il vento del tramonto muove le bandiere del Giro e dipinge una striscia rosa sull'ocra maestoso delle mura di Gerusalemme, lavorate dai millenni e dalle guerre. Ci vuole coraggio. Oggi dalla porta di Jaffa, l'ingresso principale alla Città Santa per le tre grandi religioni monoteiste, prende il via una corsa sospesa tra cielo e terra. Il cielo d'un azzurro profondo che rimanda a pensieri altissimi e una terra intrisa di storia e dolori. Lo sport prova a pedalare nel mezzo con la leggerezza di una libellula, scommettendo sui suoi valori più profondi e semplici, sulla capacità di suscitare emozioni che vanno oltre le barriere della politica. Una sfida, e una promessa, a cui dedichiamo il numero speciale della Gazzetta che avete tra le mani, ricco di passione e competenza giornalistica. Certo, ci vuole coraggio per immaginare una partenza in Israele, la prima di una grande corsa a tappe fuori dai confini dell'Europa, e un arrivo a Roma ai Fori Imperiali: il cammino delle Crociate all'incontrario. Sarebbe cattiva retorica caricare sulle spalle di 176 ragazzi in bici il peso di parole e speranze. Ma proprio la magia dei luoghi e delle suggestioni già consegna questa edizione numero 101 alla storia del ciclismo. Ora la competizione sportiva può renderla memorabile. Serve coraggio, si diceva. Benjamin Netanyahu ci ha messo del suo postando un video allegro in cui pedala alla testa della neonata Israel Cycling Academy e finge di rischiare l'osso del collo in impennata. Il suo governo ha voluto fortemente il Giro per mostrare al mondo - in un maggio che si annuncia complicatissimo per tutto il Medio Oriente - il volto di un Paese normale ed evoluto, abituato a vivere nella concentrazione sulla sicurezza ma non nella paura. Capace di gestire con efficienza un grande evento internazionale anche nel mezzo della crisi . Non c'è segno di militarizzazione nonostante la recente denuncia della minaccia nucleare iraniana e decine di migliaia di militanti sciiti alle frontiere. I Venerdì della rabbia palestinese, destinati a saldarsi a metà mese con il 70° anniversario della fondazione di Israele, per le strade di Gerusalemme e Tel Aviv sono un'eco lontana. La festa di popolo per la presentazione delle squadre è una straripante manifestazione di energia e ottimismo. I corridori si lasciano coinvolgere, gettano baci, si fanno selfie mentre i favoriti sembrano caricare le pile con musica e applausi....
Il Manifesto: basta il titolo "Al via la 'presa in giro' della Palestina" Riproduciamo la prima pagina, che aiuta a capire come al quotidiano comunista vada attribuita la qualifica di "Edizione italiana di Hamas & Teheran News"
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