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Il Manifesto - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
22.11.2017 Manifesto e Osservatore Romano scatenati contro Israele
Per i disinformatori Hezbollah vuole il dialogo e cerca l'unità nazionale

Testata:Il Manifesto - L'Osservatore Romano
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «La scelta 'nazionale' di Hezbollah: contro Israele c'è l'esercito - Hezbollah pronto al dialogo con Hariri»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 22/11/2017, a pag. 9, con il titolo "La scelta 'nazionale' di Hezbollah: contro Israele c'è l'esercito", il commento di Michele Giorgio; dall'OSSERVATORE ROMANO, a pag. 1, la breve "Hezbollah pronto al dialogo con Hariri".

Gli Articoli di Michele Giorgio e OR sul Libano disinformano e riescono ad attaccare Israele anche trattando un argomento che non riguarda direttamente lo Stato ebraico. Giorgio scrive di scelta "nazionale" di Hezbollah, capace di unire il Libano e affrontare i veri problemi (nell'ottica faziosa e ideologica di Giorgio il problema principale si chiama Israele). E' un argomento inconsistente, perché da decenni il Libano è dilaniato da faide etniche e religiose. Inoltre gli sciiti in Libano costituiscono meno del 10% della popolazione: tutti gli altri, dai cristiani alla maggioranza sunnita, temono lo strapotere di Hezbollah, longa manus dell'Iran.

OR scrive invece di Hezbollah "pronto al dialogo", ripulendo così l'immagine di terroristi al soldo del regime fondamentalista sciita di Teheran. Invece di descrivere i terroristi come tali, OR insiste sul "dialogo", ignorando forse che anche il dialogo necessita di condizioni minime: per dialogare, bisogna essere almeno in due a volerlo, e certamente i terroristi islamici non lo vogliono. Da OR la solita velina-omaggio ai terroristi.

Ecco gli articoli:

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "La scelta 'nazionale' di Hezbollah: contro Israele c'è l'esercito"

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Michele Giorgio

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Terroristi di Hezbollah

Saad Hariri, appena giunto ieri all'aeroporto del Cairo proveniente da Parigi. si è precipitato a incontrare il presidente-dittatore egiziano, Abdel Fatah al Sisi, per preparare il suo rientro oggi a Beirut.

 

 

UN RIENTRO CARICO di quella tensione che lo stesso premier libanese ha innescato lo scorso 4 novembre quando da Riyadh - sotto l'ala di re Salman e dell'erede al trono Mohammed, i suoi padrini politici -- ha dato le dimissioni gettando all'improvviso il suo paese in una crisi gravissima. Oggi è il 74 anniversario dell'indipendenza del Libano, giorno di parate e cerimonie ufficiali, e Hariri vuole tornare a casa indossando l'abito del patriota che afferma di essere mentre lancia pesanti accuse all'Iran e al movimento sciita Hezbollah. Non ci riuscita. La decisione di dare le dimissioni proprio nella capitale saudita ha mostrato quanta Hariri sia legato a doppio filo ai Saud e non solo perché in tasca ha un passaporto saudita. Senza dimenticare che a Riyadh è stato tenuto agli arresti domiciliari - perché, pare, coinvolto nella campagna tanti-corruzione» lanciata dal rampollo reale saudita - e che la sua partenza verso Parigi prima e Il Cairo poi, è stata possibile solo grazie all'impegno del presidente francese Macron che ha convinto gli alleati sauditi a lasciarlo andare.

QUALI SARANNO LE REAZIONI in Libano? Si vedranno solo da oggi. Il clima è torrido. La rabbia regna ai vertici di Hezbollah dopo la raffica di accuse pronunciata da Hariri, a cominciare da quella rivolta al movimento sciita di aver pianificato il suo assassinio, poi smentita anche dai comandi militari e dei servizi di sicurezza. Ma è improbabile che il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, decida di andare alla resa dei conti e allo scontro aperto nelle strade contro Hariri e i suoi sostenitori. Sa che finirebbe per fare il gioco del premier dimissionario e dei sauditi, volto a dimostrare che il Libano è nelle mani di Hezbollah e del suo potente sponsor, l'Iran. È più probabile che il movimento sciita scelga di farsi garante della stabilita del Libano di fronte all'incertezza che sta provocando Hariri Hezbollah e Tehran hanno più interesse a rimarcare l'annuncio di due giorni fa della guerra vinta contro lo Stato islamico e il terrorismo jihadista in Siria e in Iraq. Un modo per indicare che l'impegno militare di Tehran e dei combattenti di Hezbollah tenderà scemare in quei due paesi e a mandare segnali rassicuranti all'opinione pubblica libanese.

IN QUESTO QUADRO Si deve leggere il comunicato diffuso dall'esercito libanese per la festa dell'indipendenza, con cui il comandante in capo Joseph Aoun ha dichiarato lo stato di allerta al sud, chiedendo ai soldati di «vigilare sulle violazioni del nemico israeliano» e di tenere presente che tutti gli scenari sono possibili il messaggio politico è chiaro. Non è stato Hezbollah, storico avversario di Israele nel Libano del sud, a fare la voce grossa contro possibili azioni militari di Tel Aviv bensì le forze armate nazionali, a riprova che il movimento sciita non tiene il paese prigioniero delle sue ambizioni, anche a rischio di una nuova guerra, come affermano Hariri e re Salman. E mentre Israele conduce nuove manovre militari in previsione di una guerra che gli analisti ritengono sempre più vicina, la Russia porta avanti altre manovre, diplomatiche, sul futuro della regione mediorientale. A sorpresa il presidente siriano Bashar Assad, alleato di Mosca, è volata a Sochi {la località balneare affacciata sul mar Nero, dove oggi si svolgerà il nuovo vertice russo-turco-iraniano) per incontrare Vladimir Putin.

TRE ORE DI COLLOQUI durante i quali Putin si è congratulato con Damasco per i risultati nella lotta ai gruppi terroristici. Dopo il colloquio con Assad, il presidente russo ha informato Donald Trump, con cui ha raggiunto nei giorni scorsi un nuovo accordo sulla Siria. Accordo che Israele contesta, ritenendolo favorevole alla presenza iraniana e di Hezbollah nei pressi del Golan che occupa dal 1967. Putin ha scelto di puntare con più forza sul presidente siriano e ha avuto il via libera di Washington. Un ordine delle cose che l'Arabia saudita e suoi sudditi regionali intendono scardinare.

L'OSSERVATORE ROMANO: "Hezbollah pronto al dialogo con Hariri"

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«Aspettiamo il rientro del premier Saad Hariri e siamo pronti al dialogo». Questo il messaggio lanciato ieri da Hassan Nasrallah, leader del movimento sciita libanese Hezbollah, nel corso di un intervento in diretta televisiva da Beirut. «La priorità è il ritorno del premier Hariri in Libano. Quando sarà qui, parleremo con tutta onestà». In Libano «stiamo tutti aspettando il ritorno del premier, che non si è ancora dimesso. Quando tornerà, vedremo» ha spiegato il capo di Hezbollah, che è partito di governo. Nasrallah ha inoltre risposto alle accuse lanciate dal recente vertice della Lega Araba al Cairo, che aveva accusato l'Iran di sostenere il terrorismo. «L'Iran viene accusato di essere un paese sponsor del terrorismo, mentre invece contribuisce alla lotta contro il terrorismo» ha detto. E sul caso Hariri, che oggi è atteso al Cairo per incontrare il presidente egiziano Al Sisi, è intervenuto ieri anche il capo dello stato libanese Michel Aoun. Il Libano — ha detto Aoun — «non deve pagare il prezzo di conflitti arabi e regionali». Intanto, questa mattina il capo delle forze armate libanesi, generale Joseph Aoun, ha disposto il «pieno stato di allerta» dei militari lungo il confine orientale per «fronteggiare le minacce di Israele e delle sue violazioni». Aoun ha chiesto un rafforzamento delle truppe al confine.

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