Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/09/2017, a pag. 30, con il titolo "Ritorno agli Stati tribali la via della pace per il Medio Oriente", il commento di Ariela Piattelli.
Ariela Piattelli
Mordechai Kedar, Maurizio Molinari
Per raggiungere la stabilità e la pace in Medio Oriente si deve tornare agli Stati tribali omogenei. È la tesi dell’analista israeliano Mordechai Kedar, intervenuto in una conversazione con il direttore della Stampa Maurizio Molinari sulle trasformazioni degli Stati arabo-musulmani in Medio Oriente, in occasione del congresso nazionale di Udai (Unione di Associazioni per Israele) a Roma.
Kedar è uno dei massimi esperti di geopolitica mediorientale e nel 2011, con la Primavera araba, fu il primo in Israele a vedere nelle rivolte l’inizio dell’implosione degli Stati nazionali arabo-musulmani. «La Primavera araba ha rappresentato il collasso dei singoli Stati», spiega, «in cui le persone sono tornate alle proprie tradizioni di riferimento, costituendo conglomerati di tribù. In questo scenario i soli da considerarsi “veri Stati” (arabo-musulmani) nella regione sono quelli del Golfo, gli Emirati, il Kuwait, il Qatar, l’Unione degli Emirati Arabi. Questi Stati funzionano perché sono omogenei, ognuno è costituito da una sola tribù. Il Kuwait dalla tribù di Al-Sabah, il Qatar da Al-Hani, Abu Dhabi da Al-Nahyan».
Siria, Libia, Iraq, Yemen sono ormai conglomerati di gruppi diversi che si fanno la guerra, territori in cui non ci sono più nazioni in grado di esercitare la propria sovranità. «Negli Anni 20, quando l’impero britannico ne ha tracciato i confini, si sperava che l’Iraq sarebbe diventato uno Stato con un governo, un sistema giuridico, e che tutte le tribù avrebbero rinunciato alle realtà del gruppo etnico e si sarebbero sviluppate in un’unica nazione. In Iraq oggi ci sono 74 tribù, ognuna con il proprio territorio, la propria leadership e una milizia armata. Ci sono 10 religioni, alcune divise in sette. Il sogno britannico dunque non si è mai realizzato. E lo stesso vale per Libia, Algeria, parte del Marocco e della Giordania, per lo Yemen, dove ogni tribù vive su una montagna ed è in lotta l’una contro l’altra e per il Sudan, che ha ben 600 tribù, ognuna con il suo totem. In Medio Oriente il concetto di “altro” per definizione è quello di “nemico”: se questi Stati sono diventati dittature è perché il governo è in mano a un piccolo gruppo che tenta di imporre le sue regole. È per questo che lo Stato è considerato il nemico».
La frammentazione degli Stati arabi è secondo Kedar una conseguenza della politica occidentale, che si è illusa di imporre il proprio modello. Poco conta per l’analista il fatto che Bashar Assad stia vincendo la guerra civile in Siria. «Assad sta affrontando nuovamente un problema del passato. Se riuscirà oggi, con l’aiuto dei russi, degli iraniani, degli sciiti, a riprendere il potere, comunque si troverà ad affrontare la stessa situazione. In Siria si devono creare emirati, quello dei curdi, dei drusi e dei sunniti. È uno scenario realizzabile, perché questi gruppi già sono suddivisi nel territorio».
Questa secondo l’analista è l’unica soluzione possibile per il Medio Oriente e per l’Europa, che potrebbe risolvere così il problema dei migranti. «L’Europa, per risolvere il problema dei rifugiati, dovrebbe agire in questo senso. Pensate a quanti milioni di sunniti possono essere espulsi dall’Iraq e dalla Siria se l’Iran, Stato sciita loro alleato, deciderà di agire nella pulizia etnica. Ora l’Iran ha accesso al Mediterraneo, i rifugiati andranno in Grecia, Italia, Francia e Spagna. Questo scenario potrebbe realizzarsi nei prossimi tre anni. Il Medio Oriente esporterebbe così i propri problemi in Europa, perché l’Europa stessa ha costituito i Medio Oriente Stati illegittimi. Sarebbe la vendetta dell’angelo della storia. L’unica soluzione è creare nell’immediato emirati, come quelli del Golfo, smantellando gli Stati illegittimi».
La creazione di Stati tribali omogenei può rappresentare anche un antidoto al fenomeno del jihadismo. «Solo le realtà omogenee riescono a respingere i jihadisti, perché questi portano un’agenda rivoluzionaria, mentre i gruppi omogenei vogliono stabilità, vita e sviluppo. È per questo che nel Golfo non ci sono jihadisti. Se si crea uno Stato arabo basato sulla tradizione, sarà uno Stato fiorente. Se invece se ne crea uno basato su idee europee sarà il caos».
E per garantire stabilità nei territori palestinesi Kedar propone lo stesso modello di emirati, ognuno dei quali coincidente con le maggiori città della West Bank e di Gaza. «I palestinesi sono frammentati in famiglie e clan. Esistono delle differenze culturali tra Gaza, Giudea e Samaria. E così come non esiste una nazione irachena o yemenita, non esiste una palestinese. L’unica ragione d’essere dell’Autorità palestinese è dare lavoro alle persone, perché senza soldi nessuno le sarebbe fedele. Il sogno dello Stato palestinese è un fallimento, e chi si illude che si realizzi fa lo stesso errore dei britannici negli Anni 20. Bisogna creare gli emirati, per i clan delle zone delle diverse città come Ramallah, Hebron e Nablus. È l’unica soluzione che corrisponde alla realtà sociale araba. Israele ha buoni rapporti con gli emirati del Golfo. Ci sono buone probabilità che se il Medio Oriente sarà composto da emirati omogenei si arriverà alla pace».
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