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Il Foglio Rassegna Stampa
21.11.2016 Israele: combattere la delegittimazione
Interventi di Boualem Sansal, Ofer Sachs, Fiamma Nirenstein, Bat Ye'or, Tzipi Livni

Testata: Il Foglio
Data: 21 novembre 2016
Pagina: 1
Autore: Boualem Sansal - Ofer Sachs - Fiamma Nirenstein - Bat Ye'or - Tzipi Livni
Titolo: «Lo scandalo di Israele»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, a pag. 1, con il titolo "Lo scandalo di Israele", gli interventi di Boualem Sansal, Ofer Sachs, Bat Ye'or, Tzipi Livni.

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Boualem Sansal:

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Boualem Sansal

Tre scandali mi riguardano e mi hanno oltraggiato. Il primo è quello dell’Unesco. Questa istituzione, dedicata alla cultura, alla scienza, al servizio della pace nel mondo, conduce verso Israele una politica razzista e antisemita. Modificare i nomi dei vari luoghi santi di Israele è niente meno che cancellare questo paese dalla lista degli stati e dei popoli di questo mondo. Non esisti, non hai un’identità se vieni derubato della tua storia e quella del popolo ebraico si misura nei millenni. Ho avuto modo di conoscere un altro scandalo dell’Unesco nel gennaio 2014. L’Unesco si preparava a inaugurare una mostra, ideata dal Centro Simon Wiesenthal, sul tema: “3.500 anni di relazioni tra il popolo ebraico e la Terra Santa”. L’apertura ufficiale è stata annunciata sotto gli auspici del presidente François Hollande, del presidente di Israele, del primo ministro canadese e una serie di figure di spicco, tra cui il presidente del centro Wiesenthal. Ho avuto il grandissimo onore di essere membro del comitato etico della mostra, assieme al filosofo Elie Wiesel, alla signora Ester Coopersmith, all’ambasciatore degli Stati Uniti Patrick Desbois, a Lord Carey di Clifton, arcivescovo di Canterbury, e a Irwin Cotler, già ministro della Giustizia del Canada. Del tutto inaspettatamente, l’Unesco emette un comunicato stampa in cui annuncia il rinvio della mostra.

Peggio ancora, la sala espositiva è stata chiusa con catene e lucchetti, con l’evidente scopo di umiliare. Questa cancellazione è stata imposta a Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, da parte del gruppo arabo, forte di ventidue ambasciatori e decine di funzionari arabi. Questo enorme scandalo non ha provocato alcuna reazione significativa, né del governo francese né della stampa. Credo di essere stato l’unico a farlo con una lettera aperta alla signora Bokova, pubblicata sul quotidiano Le Monde. Oggi l’Unesco ha aperto nuove strade, cancellando una storia vecchia come il mondo, cambiando i nomi di alcuni luoghi santi in Israele, come il Monte del Tempio, la tomba dei Patriarchi a Hebron, la tomba di Rachele a Betlemme. La conclusione è che gli ebrei non hanno nulla a che fare con Israele, vengono da altrove, torneranno lì. L’orrore è che paesi come la Francia, la Spagna, la Svezia, la Slovenia, la Russia hanno sostenuto la risoluzione. L’attacco alla storia di un popolo può essere paragonato a un crimine contro l’umanità, a un omicidio simbolico.

Da parte mia, in coscienza, mi rifiuto, come algerino e come cittadino globale, e dico al gruppo arabo e all’Unesco: non in mio nome! Il secondo è lo scandalo arabo. Ci sono molti scandali nel mondo arabo. Il più scioccante è che nessun paese arabo è una terra di libertà e democrazia, o solo di buon senso, e tutto fa pensare che sarà così per sempre. Dominano la regola arbitraria, la corruzione, la violenza, l’ingiustizia più nera. Il dispotismo arabo è leggendario. Ciò non impedisce che i regimi arabi, senza eccezione, si pongano come un esempio di tutte le virtù e diano lezioni al mondo. Con l’ascesa dell’islam, il mondo arabo è diventato una grave minaccia per la pace e la stabilità nel mondo. Il terzo scandalo è l’odio di Israele. Il mondo arabo è pieno di odio ontologico, totale, eterno per quanto riguarda l’ebreo e Israele. Lo ha così interiorizzato che è quasi costitutivo dell’anima araba. A un mio amico piace dire che quando gli arabi smetteranno di odiare gli ebrei e Israele, cesseranno di vivere, altrimenti vorrebbe dire che sono miracolosamente guariti da questo cancro che divora il cuore dalla nascita dell’islam. Nel 2013 il Consiglio di ambasciatori arabi accreditati a Parigi mi ha assegnato un premio per il mio nuovo romanzo “Rue Darwin” proprio mentre mi trovavo in Israele su invito del Festival della letteratura internazionale di Gerusalemme e dell’Istituto francese di Tel Aviv.

La coincidenza dei due eventi mi ha lasciato un attimo sperare che i governanti arabi fossero cambiati dando il premio a un autore che era in visita in Israele. La speranza è stata di breve durata. Una settimana dopo, apprendendo che ero stato in Israele, il Consiglio degli ambasciatori ha ritirato il premio e mi sono trovato al centro di una campagna di insulti e minacce senza precedenti. Quando più tardi con il mio amico David Grossman, lo scrittore israeliano, abbiamo fondato il forum mondiale degli scrittori per la pace, questo è stato boicottato da tutti gli scrittori arabi. La conclusione è grave: il mondo arabo è incorreggibile. L’odio è parte di esso. E continuerà per sempre a odiare Israele e gli ebrei, anche se questo paese e questo popolo scompariranno dalla terra, essi continueranno a odiarli perché credono che gli ebrei prenderanno il loro posto in paradiso. La pace non arriverà domani e l’ascesa dell’islamismo da un lato e la viltà occidentale dall’altro la rendono ancora più impossibile.

Ofer Sachs:

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Ofer Sachs

Il nostro tema di stasera è “Israele, la frontiera dell’Europa”. Si tratta davvero di una linea di confine? La mia risposta è molto semplice: sì! Ma purtroppo Israele non può fornire una frontiera magica. Israele è come quel ragazzino, nella famosa parabola olandese, che tiene il dito nella diga per fermare il grande flusso che inonderebbe il paese, ovvero l’Europa. I disordini in medio oriente stanno già drammaticamente colpendo i cittadini europei. In Israele, musulmani e cristiani hanno totale libertà di religione, di manifestare le loro opinioni politiche, di votare e di essere eletti. La comunità cristiana d’Israele è l’unica che cresce in tutto il medio oriente. Israele è un faro di libertà in una regione in cui vengono soppressi i gruppi etnici minoritari. Il titolo del convegno del Foglio riflette una realtà che gli stati membri dell’Unione Europea hanno bisogno di tenere a mente: l’Europa non può permettersi di perdere Israele, e Israele non può permettersi di perdere l’Europa.

Fiamma Nirenstein:

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Fiamma Nirenstein

Cari amici del Foglio, siete i soliti eroi della battaglia per Israele. Una battaglia non è facile: non porta più copie vendute, non porta sorrisi di compiacimento dell’élite intellettuale, né aiuti dalle istituzioni e dai magnati. Quella per Israele, poi, è una battaglia di quelle che promettono lacrime, sudore e sangue, ma anche una profonda soddisfazione interiore. Non si vive invano se si combatte per Israele. Voi siete sempre stati in prima fila e io, da israeliana e da italiana, vi ringrazio di questo, e della vostra nuova iniziativa odierna. Io mi trovo a Toronto alla riunione annuale del board dei Friends of Israel, e per questo non posso venire, mi dispiace. Sento che forse oggi siamo a una svolta: non a causa dell’elezione di Trump, ma perché, fra tante nuove paure, il mondo deve infine riconoscere il valore di quel piccolo paese: la sua eccellenza è tale, tale la sua determinazione a mantenere una democrazia esemplare di fronte al terrorismo continuo e anche all’attacco dei vili che ne fanno l’epicentro della loro propensione alla menzogna, tale il suo costante amore per la cultura e la scienza, e quindi tale la necessità del mondo intero che Israele esista, che si comincia a avvertire qualche ripensamento. E’ un faro sulla costa lontana, specie nel mondo arabo. Per ora, seguitiamo a combattere. Grazie Giuliano, grazie Claudio, grazie Giulio, grazie al Foglio: è stata e sarà una strada fatta insieme, tanto migliore di quelle che si compiono in solitudine.

(Lettera inviata da Fiamma Nirenstein, giornalista e già parlamentare)

Bat Ye'or:

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Bat Ye'or

Oggi stiamo assistendo alla realizzazione del Califfato universale che ho descritto in uno dei mei libri. Questa espressione significa che la visione musulmana della storia e i suoi valori dominano le istituzioni internazionali. Lo vediamo con la risoluzione su Gerusalemme dell’Unesco, questo palazzo dell’incultura o della discultura. Una risoluzione che mira a islamizzare l’antica storia del popolo di Israele, anche con l’aiuto di numerosi paesi cristiani in Europa e altri continenti. Già la Dichiarazione di Venezia del 1980, fatta dalla Comunità europea, obbligava Israele a sopravvivere in un territorio indifendibile, invocandone quindi la scomparsa. L’islamizzazione di Gerusalemme e la delegittimazione dello stato di Israele furono affermati già allora in quella dichiarazione. I luoghi sacri agli ebrei, la sopravvivenza dello stato ebraico, erano offerti dall’Europa in cambio di petrodollari. Con fervore i paesi europei spendono miliardi per promuovere una campagna palestinese di odio contro lo stato di Israele. Riconoscono il terrorismo ovunque tranne che in Israele perché sono alleati di questi terroristi. Li chiamano “partigiani” che resistono contro una cosiddetta “occupazione” da parte dello stato di Israele.

Non vi ricorda qualcosa? L’alleanza Pétain-Hitler e dei fascisti con il gran mufti di Gerusalemme, il capo religioso degli arabi palestinesi e dei Fratelli musulmani, che mirava allo sterminio del popolo ebraico, accusato di essere la causa del male. Oggi la stessa politica, la stessa alleanza pianifica lo stesso obiettivo con la stessa motivazione: Israele è la causa delle guerre nel medio oriente. Adesso con la risoluzione del Palazzo dell’incultura assistiamo alla soppressione della storia del popolo d’Israele, la Shoah della memoria, come l’ha chiamata Giulio Meotti, alla quale l’Europa si associa. Quello che ci impone la risoluzione del Palazzo dell’incultura non è soltanto di distruggere la nostra identità e la nostra cultura, ma anche di distruggere il principio fondamentale della civiltà occidentale: il razionalismo. Questa risoluzione contro la quale l’Europa non protesta, tranne quattro paesi – perché astenersi non è una protesta ma una viltà – è un atto di islamizzazione dell’Europa e del Cristianesimo. L’alleanza dell’Europa con i nemici di Israele per delegittimarlo e distruggerlo ha continuato la politica di Hitler e Pétain: ma come si può distruggere Israele senza distruggere anche il Cristianesimo? Che cosa sarebbe il Cristianesimo senza la Bibbia, i Profeti, il Gesù ebreo, i valori universali che insegnano e tramandano?

Tzipi Livni:

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Tzipi Livni

Viviamo in un momento in cui il mondo è invaso da guerre di religione, tra i gruppi dell’islamismo estremo, l’islam moderato e il mondo libero. In questo contesto, è necessario comprendere meglio cosa sia Israele. Quando si parla di Israele c’è sempre un aspetto emotivo che viene in qualche modo evocato. Per alcuni Israele è la patria del popolo ebraico e dei suoi avi, un paese che ha contribuito tanto alla storia, ma anche alla scienza, di cui siamo molto fieri. Ma per altri, Israele viene visto solo attraverso la lente distorta del conflitto, un paese che vuole controllare la vita dei palestinesi. Tutto ciò non fa che alimentare il divario fra Israele e la comunità internazionale, fra Israele e l’Ue. Guardando al medio oriente, ci sentiamo i Davide e non certo i Golia di questa regione, dove operano dei veri e propri tagliagole, terroristi che non si fermano davanti a niente.

La verità è che Israele è la patria del popolo ebraico, ma è anche parte del mondo libero e pure vuole vivere in pace nella regione mediorientale. Il motivo per cui sono entrata in politica è perché credo che Israele abbia un interesse a vivere in pace e armonia con i palestinesi. Non è un favore a un presidente Usa o all’Ue, è innanzitutto un nostro interesse. Può essere giusto criticare a volte Israele, però bisogna capire cos’è Israele, ripeto, e la sua necessità di difendersi contro il terrorismo. Purtroppo, e non solo in Europa, ci sono dei fatti che vengono dimenticati, dei fatti anche ovvi. C’è una distorsione sistematica della storia. Mi capita spesso di sentire che il motivo del conflitto è la creazione dello stato nel 1948. Si ignora che nel 1947 la leadership ebraica accettò la risoluzione di spartizione, mentre quella araba la rifiutò.

Già allora Israele capì che la soluzione di due stati era una “win-win situation”. Io credo anche che il conflitto non sia la ragione dell’estremismo nella nostra ragione. Questo conflitto è stato sì sfruttato dagli estremisti, ma non è la ragione dell’odio. Israele non è un nemico. Sono i gruppi terroristici i nostri nemici, di tutti noi. Dobbiamo creare una nuova alleanza contro gli estremisti. Non ci sono scuse per chi tenta di delegittimare l’esistenza di Israele, come stato ebraico e democratico. Uno stato ebraico non è la stessa cosa se lo si valuta da una prospettiva religiosa o nazionale. Io credo che dare uguali diritti a tutti i cittadini non sia un favore fatto dall’ebraismo alla democrazia, ma parte integrante di quella che è la politica dell’amare il prossimo, del rispetto degli altri, è qualcosa che è scritto nella nostra Bibbia. I valori dello stato di Israele sono la base per dare uguali diritti anche a tutte le minoranze. C’è un grande dibattito in Israele sulle attività negli insediamenti. Ma bisogna capire che chi sostiene la soluzione dei due stati sa che la compensazione per quelle terre, lo scambio di alcune porzioni di territori, è l’unica soluzione possibile. E’ qualcosa che anche i palestinesi hanno compreso già da tempo, tutti sanno che non si può semplicemte mettere indietro l’orologio a prima del 1967.

Questo fa parte del negoziato, ma voglio parlare anche del diritto di Israele a difendersi. Non posso accettare chi equipara Israele ai terroristi. Noi stiamo combattendo il terrorismo e nel farlo cerchiamo di evitare sempre le vittime civili. Mentre i terroristi sono sempre in cerca di giovani pronti a immolarsi, colpendo quanto più possibile i civili. Ogni equazione di questo tipo non è legittima. Io non dico che il mondo debba chiudere gli occhi di fronte ad alcune azioni di Israele, ma bisogna anche giudicare Israele in conformità ai giusti paramentri e valori. Infine: la recente decisione dell’Unesco: i negoziati non mirano a stabilire chi ha più ragione, ma riconoscono che due popoli qui hanno due diverse storie che si cerca di far conciliare. Quindi è importante che il Monte del Tempio venga riconosciuto come luogo santo sia per gli ebrei che per i musulmani. E’ oltraggioso scegliere una narrativa a discapito di un’altra. Bisogna rispettare il diritto degli altri a esprimere la propria religione, e quindi mi aspetto che anche loro rispettino il nostro legame con i luoghi santi di Gerusalemme. Scegliendo una narrativa rispetto a un’altra portiamo il conflitto dal piano nazionale a quello religioso. E questo non è ammissibile. Ci sono poi quelli che vogliono boicottare Israele e cercano la soluzione di un unico stato. La loro idea è che noi dovremmo completamente sparire, questo è un misto di antisemitismo e delegittimazione. Israele si trova ad affrontare diverse sfide, sia per il conflitto regionale, sia per l’antisemitismo che per la delegittimazione in Europa. Il mondo sta cambiando: sempre più antisemitismo, estremismo, xenofobia. I moderati del mondo si devono unire per difendere i nostri valori comuni. Israele non sceglierà mai di essere dall’altra parte della barricata. Perché essere uno stato democratico ci rende parte del mondo libero, di coloro che credono nei valori liberali, dei diritti umani. E’ importate capire questo punto per colmare il divario tra ciò che Israele è e come invece è percepito in alcune parti del mondo. E’ necessario colmare il divario tra Davide e Golia.

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