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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.11.2016 Islamofobia: paura dell'islam. E allora ?
Conoscere Vali Nasr per capire fino dove arrivata l'America di Obama

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 novembre 2016
Pagina: 12
Autore: Massimo Gaggi
Titolo: «Nel nuovo governo tanta islamofobia. Sarà difficile agire in Medio Oriente»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/11/2016, a pag.12, con il titolo "Nel nuovo governo tanta islamofobia. Sarà difficile agire in Medio Oriente", l'intervista di Massimo Gaggi a Vali Nasr, americano di origine iraniana, rettore della scuola di studi politici internazionali della John Hopkins University di Washington.

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Vali Nasr

Massimo Gaggi ci fa conoscere il pensiero di Vali Nasr, che lo qualifica di fatto quale portavoce in Usa del regime iraniano. Il fatto che sia invece "rettore della scuola di studi politici internazionali della John Hopkins University di Washington" aiuta a capire a qual punto fallimentare sia arrivata l'America sotto i due mandati di Obama. Si leggano con attenzione le sue dichiarazioni, e si capisce perché ha vinto Trump. C'è ancora speranza se il cambiamento preoccupa Vali Nasr. Essere islamofobici non significa altro che essere contro una religione-stato che ha in programma la distruzione delle nostre democrazie, per sottometterci alla sharia. Personaggi come Vali Nasr, invece di riconoscerne la pericolosità per il lavoro culturale e politico che svolge, vengono eletti a posizioni di grande potere: la John Hopkins University, pazzesco!
Adesso che lo conosciamo bene, ci aspettiamo che Gaggi ci faccia conoscere quell'America che la pensa diversamente. Se non lo farà, sarà un brutto segnale dal giornale di via Solferino.

Ecco l'intervista:

«Questo non è semplicemente un governo che sposta molto a destra l'asse della politica Usa. Anche George Bush, 15 anni fa, fece una cosa simile. Ma lui si affidò a falchi competenti, da Cheney a Rumsfeld. E, nonostante il trauma degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, capì che non avrebbe potuto tessere alleanze coi Paesi arabi del Golfo attaccando la cultura e la religione islamica. Oggi, invece, vedo non solo radicalizzazione, ma anche improvvisazione, istanze contraddittorie che disorientano. E tanta "islamofobia": sarà ancor più difficile, per un'America già in difficoltà, fare politica estera in Medio Oriente».
Vali Nasr, il politologo che a Washington dirige la Scuola di affari internazionali della Johns Hopkins University, è preoccupato, addirittura spaventato, dalle prime mosse presidenziali di Trump. I musulmani vedono materializzarsi il timore di una presidenza ostile all'Islam. «Certo, e non è solo questo. A spaventare è la combinazione di vari fattori: la scarsa competenza del nuovo presidente in politica estera, certo. In genere chi si trova in una condizione simile colma le lacune affidandosi a professionisti affermati. Trump, invece, fin qui ha puntato su personaggi che non solo hanno visioni estreme, ma sono di basso livello e sostengono tesi contraddittorie. Vogliono trasformare il duro confronto con la Russia in dialogo amichevole e, magari, anche alleanza col Cremlino. Ma poi vogliono cancellare l'accordo nucleare con l'Iran, demonizzano il regime degli ayatollah, oggi grande alleato di Mosca».
L'America di Trump sarà isolazionista? «Potrebbe ridimensionare alcuni aspetti del suo impegno militare all'estero, ma chi può dire con certezza cosa verrà fuori da questa miscela di populismo che accarezza l'America stanca di guerre, accompagnato dalla nomina di falchi interventisti? Quali certezze offre la nuova amministrazione alle capitali arabe?». Meno impegni Usa nel mondo, ma il leader israeliano Netanyahu gioisce per l'elezione di Trump. Perché? «Obama aveva una visione del mondo. Questo era un problema per Netanyahu, anche perché le idee del presidente democratico non coincidevano con le sue. Trump si sta circondando di ideologi rivoluzionari, ma una visione del mondo lui non ce l'ha. Questa è una grande opportunità per Israele: la mancanza d'esperienza della nuova leadership Usa apre spazi di manipolazione. Del resto c'è il precedente di George Bush che, poco esperto di cose mediorientali, venne preso per mano da Ariel Sharon».
Quali conseguenze avrà tutto questo? Crescerà l'influenza russa in Medio Oriente? «Putin accoglie a braccia aperte Trump per gli stessi motivi di Netanyahu: la sua inesperienza è una chance in più per il Cremlino. Cercherà di strappare la fine delle sanzioni, il riconoscimento del fatto compiuto in Ucraina. In Medio Oriente usa il rapporto con l'Iran sciita per puntellare Assad, ma riesce al tempo stesso a dialogare anche con i Paesi arabi sunniti, approfittando del vuoto lasciato dagli Usa. Che non verrà certo colmato criminalizzando lingua e cultura islamica». Trump potrebbe davvero cancellare l'accordo nucleare con l'Iran? «Non può spazzare via un accordo negoziato e siglato da varie potenze, oltre che dagli Stati Uniti. Ma ne può ridimensionare di molto la portata. Può svuotarne, ad esempio, la parte economica e farlo morire di una morte lenta. L'america di Trump sarà, comunque, molto più dura con Teheran. Ora finalmente, davanti alla svolta americana, vedremo cosa sanno fare Cina, Russia e Unione Europea, gli altri promotori di quell'intesa».

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