Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/10/2016, a pag. 31, con il titolo "Ricordare il passato apre le porte al futuro", l'intervento del Presidente Sergio Mattarella a Gerusalemme; da ANSA, la breve "Mattarella, Italia contro boicottaggio Israele. Presidente visita Tempio ebrei italiani Gerusalemme"; il discorso di Sergio Della Pergola, in rappresentanza degli italiani in Israele, pronunciato di fronte al Presidente della Repubblica.
Ecco gli articoli:
ANSA: "Mattarella, Italia contro boicottaggio Israele. Presidente visita Tempio ebrei italiani Gerusalemme"
Sergio Mattarella a Yad Vashem
(ANSAmed) - TEL AVIV, 30 OTT - "L'Italia è decisamente contraria al boicottaggio di Israele", atto "inammissibile". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che oggi pomeriggio ha incontrato al Tempio italiano di Gerusalemme la comunità ebraica di origine italiana. Un incontro per il quale Mattarella - che poco prima ha visitato la Sinagoga (i cui arredamenti provengono da un tempio ebraico di Conegliano Veneto) e il Museo Umberto Nahon - si è detto "contento" perchè incontrare le comunità degli italiani in Israele e nel mondo è "sempre importante". Mattarella ha quindi ribadito la necessità della Soluzione a 2 stati per il conflitto israelo-palestinese, sottolineando il diritto all'esistenza di Israele e di vivere in pace e in sicurezza. Per questo ha riaffermato l'urgenza di "dire no alla violenza" auspicando che ci sia sempre "una prospettiva di pace".
Su Gerusalemme Mattarella, evocando il Salmo 122 di Davide, ha ricordato che è una città "in cui tutto dovrebbe spingere alla pace e all'armonia. Dopo aver esaltato i "forti" legami non solo tra l'Italia e Israele e la crescente reciproca collaborazione, Mattarella ha sottolineato il grande ruolo che in tutti i campi gli ebrei italiani hanno dato alla storia nazionale e, a maggior ragione, l'orrore delle Leggi razziali. "Ho da poco visto a Roma - ha detto - una mostra sulla deportazione degli ebrei romani nel 1943: una ferita ancora aperta non solo a Roma ma in tutto il paese". Il saluto della comunità ebraica italiana a Mattarella è stato dato dal demografo Sergio Della Pergola che nel suo discorso - dopo aver rivolto un messaggio di solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto - ha ringraziato il presidente per essere andato, come suo primo atto, alle Fosse Ardeatine ed aver ricordato nel suo discorso di insediamento il bambino ebreo Stefano Tachè ucciso da "terroristi palestinesi nel 1982 davanti la Sinagoga di Roma". Della Pergola ha infine accennato alla Risoluzione dell'Unesco su Gerusalemme sottolineado che la Comunità ha apprezzato le parole del premier Matteo Renzi e quelle del ministro degli esteri Paolo Gentiloni su "un diverso atteggiamento dell'Italia di fronte a future mozioni unilaterali e monche".
Sergio Della Pergola, a nome degli Italkím in Israele: "Discorso di saluto al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella Gerusalemme, Beit Yehude' Italia, 30 ottobre 2016"
Sergio Della Pergola
Signor Presidente, con grande piacere e affetto Le rivolgiamo il caloroso benvenuto della comunità degli Italkím – gli ebrei di origine italiana in Israele – qui a Gerusalemme, la capitale eterna del popolo ebraico, capitale dello stato d'Israele, in questa Casa d'Italia nella quale, come Lei ha potuto vedere personalmente, è forte e vivo il retaggio della civiltà, della cultura, e anche dell'estetica italiana, assieme a quello della storia bimillenaria dell'ebraismo italiano. In primo luogo, Signor Presidente, ci consenta di porgere per il Suo tramite la nostra unanime e affettuosa solidarietà alle popolazioni delle regioni centrali e appenniniche dell'Italia cosí duramente colpite dagli ultimi funesti eventi sismici. Noi auspichiamo pronta guarigione e ricostruzione a tutte le persone e a tutte le località coinvolte.
La nostra collettività qui è ben memore e grata per due gesti indimenticabili che Lei, Signor Presidente, ha voluto offrire non solo alle comunità ebraiche ma a tutti i cittadini italiani fin dalle prime ore del Suo insediamento nella massima carica dello Stato. Il Suo primo gesto da Presidente è stato quello di recarsi alla Fosse Ardeatine: un atto altamente simbolico, non atteso, commovente, e senza precedenti. E nel Suo discorso di insediamento Lei ha voluto ricordare Stefano Tachè, il bambino ebreo italiano ucciso da terroristi palestinesi di fronte alla Sinagoga Centrale di Roma nel 1982, proprio in questa stagione dell'anno.
Questa sera noi vogliamo rinnovarLe il nostro apprezzamento per queste Sue ri-affermazioni della memoria, che non dimenticheremo mai. Per la collettività degli Italkím – gli immigrati italiani e le loro famiglie – esistono due diversi modelli del vivere in Israele: l'uno, come un gruppo di origine con una propria personalità, lingua e cultura destinato a mantenersi separato e distinto dalla maggioranza della società nei tempi lunghi; l'altro, come un gruppo destinato a fondersi e ad assimilarsi nella corrente centrale della società israeliana nel corso delle generzioni, pur tenendo sempre viva la tradizione ebraica italiana. La realtà sociale ovviamente comprende elementi dell'uno e dell'altro modello, e crediamo che questa Casa d'Italia, dove questa sera ci troviamo, offra una pregevole sintesi di queste aspirazioni. In questi ultimi anni la nostra comunità si è molto rinnovata grazie all'arrivo di numerosi nuovi immigrati dall'Italia che cercano di realizzare qui molte delle loro speranze, per sé stessi e per i loro figli.
L'anno 2015 ha registrato il massimo numero di arrivi a partire dal 1949. Cogliamo in queste cifre un indicatore di inquietudini che serpeggiano fra gli ebrei in Italia sia sul piano economico sia in un senso più generale di soddisfazione personale. Le pulsioni dell'antisemitismo e della delegittimazione di Israele non sono mai spente, ma di fronte a questo va dato atto al Governo italiano di avere molto aiutato a promuovere la cultura e la memoria ebraica in Italia, per esempio attraverso l'istituzione del Museo MEIS a Ferrara e con la traduzione in italiano dei primi volumi del Talmud. L'amicizia e la gratitudine nei Suoi confronti, Signor Presidente, ci inducono ancora a una breve riflessione su quell'episodio di politica internazionale che negli ultimi mesi ha profondamente turbato non solo le comunità ebraiche in Israele e in tutto il mondo, ma anche tutte le persone dotate di coscienza, di onestà civile e di buona volontà. Mi riferisco ovviamente alla provocatoria e vergognosamente erronea votazione del Comitato direttivo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura a proposito dei Luoghi Santi a Gerusalemme, e l'omissione, anzi la negazione, della loro relazione con il popolo ebraico e con lo stato d'Israele che ne è l'indelebile espressione sovrana.
Da millenni gli ebrei sono legati al Monte del Tempio a Gerusalemme di cui il Muro del Pianto è solo l'ultimo bastione rimasto a disposizione del nostro raccoglimento e della nostra preghiera. Har HaBayt e molti altri Luoghi Santi in questa terra sono realtà storica, archeologica e simbolo di fede. Anche se lo Stato d'Israele non esistesse, il Monte del Tempio resterebbe luogo santificato per gli Ebrei, e per estensione anche per i Cristiani di tutto il mondo, luogo unico e certo di consenso sia pure tra le molte diversità che animano la cultura e la politica. E così continuerà sempre ad essere percepito ed amato. In queste contingenze invitiamo anche i nostri confratelli cristiani ad esprimere i loro sentimenti con le loro parole e non con il silenzio. Finalmente però, dopo tante delusioni, abbiamo molto apprezzato le ultime dichiarazioni del Primo Ministro Matteo Renzi, che ha definito "allucinanti" le votazioni dell'Unesco.
Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha espresso in Parlamento la promessa di un diverso atteggiamento dell'Italia di fronte a future mozioni unilaterali e monche. Confidiamo dunque che stia per inaugurarsi un nuovo periodo in cui l'Italia sarà in prima fila e vorrà giocare un ruolo di guida accanto ad altre grandi democrazie nel costruire un futuro migliore che non può prescindere dalle grandi valutazioni etiche e da un'onesta consapevolezza della verità storica. Esprimiamo anche il nostro apprezzamento alla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche, Noemi Di Segni, per la sua fattiva opera in tale senso. Signor Presidente, siamo più che certi che Lei saprà ascoltare e interpretare i sentimenti, le preoccupazioni e le speranze che abbiamo qui espresso in tutta franchezza e sincerità. Noi, a nome degli Italiani in Israele, Le auguriamo il massimo successo nella Sua missione oggi qui a Gerusalemme, e per l'intero corso del Suo alto mandato.
LA STAMPA - Sergio Mattarella: "Ricordare il passato apre le porte al futuro"
Sergio Mattarella
Israele, con la sua democrazia, ci richiama alla cultura e alla responsabilità della memoria, congiunta a una tensione continua verso la modernità e il progresso. Una memoria che ci parla anzitutto di lotta per l’affermazione della dignità di ogni persona, quale che sia il Paese e la latitudine in cui si trovi a vivere, quale che sia il suo status.
La memoria della Shoah, un valore fondante della società israeliana, sospinge in questa direzione. La Shoah è divenuta, anche nel nostro Paese, un tratto costitutivo dell’Italia repubblicana. L’Italia repubblicana, nata sulle spoglie di un regime che aveva condotto il Paese e i suoi cittadini nel baratro della guerra. Un regime che aveva ripudiato in modo odioso una componente del suo stesso popolo, quella di origine ebraica, che aveva contribuito - da sempre - alla vita civile del Paese a partire dalla pagina fondante del Risorgimento.
L’Italia vanta ora fondamenta solide, si è riconciliata con la storia autentica del suo popolo e ha fatto proprio il valore delle parole «mai più», che costituiscono un monito sempre presente. È questo il senso profondo dell’omaggio silenzioso che, ogni anno, viene reso ai caduti delle Fosse Ardeatine, simbolo doloroso dell’odio e della sopraffazione. Si tratta del senso di responsabilità di chi intende coltivare la memoria per sviluppare anticorpi contro il ripetersi di uno sconvolgimento così radicale dei valori di convivenza civile, tale da rendere talvolta, ieri come oggi, uno Stato capace di rivoltarsi contro propri cittadini, contro esseri umani inermi.
Il culto della memoria, naturalmente, non deve essere diretto ad alimentare i contrasti, rendendoli eterni. Al contrario, deve costituire esercizio per il loro superamento in nome della causa dell’umanità, e deve rappresentare un elemento sul quale incardinare un impegno e una responsabilità nei confronti delle generazioni future e dei tanti che bussano alle nostre porte.
La convivenza di diverse anime all’interno di una società, la multiculturalità, è un dato di fatto acquisito del nostro mondo, ma le difficoltà poste dalle barriere linguistiche, e più ancora delle differenze di credo e tradizione, continuano a essere rilevanti e insidiose. La sapienza di società antiche, come quelle cui apparteniamo, comprende, tuttavia, anche la capacità di cimentarsi con sfide apparentemente impossibili.
Forse anche la nostra epoca è ben descritta dalla descrizione dell’Angelus Novus di Paul Klee, resa immortale dalle parole di Walter Benjamin. Un angelo della storia con lo sguardo rivolto al passato e le spalle al futuro, mentre la tempesta dell’avanzare del mondo sconvolge le sue ali. Il futuro appare paradossalmente alle spalle, sconosciuto e irto di pericoli. Il passato si coglie in uno sguardo. È davanti ai nostri occhi, lo vediamo, lo meditiamo e, a volte, vi troviamo anche conforto.
Non possiamo però indulgere in questa illusoria serenità. Il vento della storia spira impetuoso e non sappiamo quanto forte sarà e non sappiamo quanto tempo ci sarà dato per metterci in condizione di governarlo. La nostra responsabilità primaria è comprendere che in quel futuro ignoto vi sono anche opportunità, possibilità che dobbiamo cogliere per rendere più sicuro, progredito e concorde il mondo nel quale viviamo.
La sfida, tuttavia, non si limita alla capacità di cogliere tali opportunità, ma, soprattutto, nel sapere condividere la loro trasformazione in risultati.
Cari studenti, apertura al futuro, impegno e responsabilità sono valori profondamente radicati nelle nostre società. Ed è per questi motivi che i rapporti tra i nostri due Paesi vivono, a ogni generazione, una nuova stagione di reciproco interesse, amicizia e curiosità. La curiosità, nelle parole di Einstein, è «una piantina delicata che, a parte gli studi, ha bisogno soprattutto di libertà». Quella libertà che caratterizza le nostre società e che dobbiamo saper condividere con gli altri popoli.
Perché la libertà è indivisibile. La si può godere appieno soltanto insieme a tutti gli altri. È la base sulla quale si fonda un rapporto bilaterale solido, profondo, multidimensionale, che vede nella cultura, nella ricerca e nella cooperazione scientifica i suoi punti di eccellenza.
La traduzione in italiano del Talmud curata, d’intesa con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dalla Presidenza del Consiglio, dal ministero dell’Istruzione e della Ricerca Scientifica e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, così come il Museo nazionale dell’Ebraismo e della Shoah, rappresentano una ulteriore dimostrazione dello spessore e dell’intensità del tessuto culturale che lega i nostri Paesi.
Nel medesimo spirito, sono particolarmente lieto di essere a Gerusalemme in coincidenza con la celebrazione del centenario della nascita di due tra i maggiori scrittori di lingua italiana del ’900, Giorgio Bassani e Natalia Ginzburg. È significativo ricordare come due personalità che così tanto hanno contribuito a determinare i tratti distintivi della letteratura italiana contemporanea siano così profondamente rivelatori della cultura ebraica, nel ritmo del tempo e nella struggente intimità che hanno saputo raccontare.
Memorie, le loro, che non sono puro rimpianto né soltanto nostalgie. Una memoria che si fa forza attiva nello smuovere le coscienze, nell’educare, nel formare una coscienza civile, nel produrre cultura. Sono esempi dei quali tutti noi, israeliani e italiani, possiamo andare fieri.
Shalom!
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