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La Repubblica Rassegna Stampa
30.10.2016 Libano: cronaca di un compromesso
di Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 30 ottobre 2016
Pagina: 15
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Il trionfo del generale Aoun, il raìs del Libano va al potere»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 30/10/2016, a pag.15, con il titolo "Il trionfo del generale Aoun, il raìs del Libano va al potere" l'articolo di Alberto Stabile.

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Saad Hariri                                                  Arafat

Nella ricostruzione storica delle vicende libanesi manca un tassello, l'occupazione del Libano da parte di Arafat con i suoi fedayin e la conseguente guerra da loro provocata con Israele. L'aver escluso ogni riferimento palestinese, conferma ancora una volta l'attenzione alla quale si attengono i nostri giornalisti, evitare il ricordo di ogni avvenimento che possa gettare luce negativa sul curriculum politico palestinista. Una linea politica che Repubblica ha sempre seguito. 

Ecco il pezzo:

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Alberto Stabile

Beirut- Nel fuoco della battaglia e della lotta politica non ha esitato a paragonarsi a un De Gaulle e persino a un Napoleone, insomma a un uomo della Provvidenza venuto per liberare il Paese dai tentacoli esterni e consegnarlo alla gloria. In realtà, questa enorme autostima non è l’unico tratto distintivo della personalità di Michel Aoun, il generale ottantunenne, cristiano maronita, che domani sarà eletto presidente della Repubblica libanese, dopo un vuoto di potere durato due anni e mezzo. Si potrebbe aggiungere al suo identikit anche una notevole capacità di contraddirsi, ma questo in Libano non viene considerato un difetto. Se si guarda alle tappe essenziali della sua lunga marcia verso il potere, cominciata a metà degli anni Ottanta, in piena guerra civile, con la nomina a Capo dell’Esercito, si possono notare due fasi nettamente distinte: prima e dopo l’esilio a cui fu costretto nell’ottobre del 1990 per ben 15 anni. Il generale Aoun come lo abbiamo conosciuto prima dell’esilio era il nemico pubblico numero 1 della presenza siriana in Libano, un’occupazione, quella di Damasco, che era cominciata nel 1975, con tanto di consenso occidentale, e proseguiva ancora alla fine degli anni Ottanta. Anzi, politicamente, proprio in quel periodo, a rafforzare l’occupazione siriana erano soprattutto gli Usa di Bush padre, il quale, avendo ottenuto dal raìs di Damasco, Hafez el Assad, il padre dell’attuale presidente, Bashar el Assad, l’adesione a far parte della coalizione internazionale contro Saddam Hussein, in cambio aveva dato ad Assad carta bianca sul Libano, vale a dire: la presenza di 40 mila soldati siriani e la totale sudditanza del governo di Beirut. Ma non di Michel Aoun il quale, a capo di un governo che svolgeva anche i poteri supplenti del presidente (che non era stato eletto) in odio al raìs di Damasco, non soltanto si rifiutò di sloggiare dal palazzo presidenziale ma, come vuole il vecchio adagio secondo cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, decise di stringere rapporti con Saddam. Ma, quando il 13 Ottobre del 1990 gli aerei siriani, con il consenso americano, bombardarono il palazzo presidenziale, a quel punto Aoun, condottiero di un’armata fantasma si vide costretto a fuggire, si dice, in pigiama, e a trovare rifugio all’ambasciata di Francia. Dieci mesi dopo un salvacondotto gli avrebbe permesso di arrivare a Parigi. Uno direbbe che, con questi precedenti, l’avversione contro la Siria e le sue molte diramazioni in Libano, dovrebbe essere un punto fermo non solo della piattaforma politica nazionalista di Aoun, ma della sua intera esistenza. Invece, e qui scatta la seconda fase della suo corso politico, tornato dall’esilio parigino, il 7 maggio del 2005, undici giorni dopo il ritiro delle truppe di Damasco dal Libano, Aoun, tende la mano ai suoi molti avversari all’interno del campo maronita dai quali si era sentito tradito, e si offre al dialogo con tutti i partiti filosiriani, a cominciare da Hezbollah, il partito di Dio, creato, finanziato e armato dall’Iran con l’appoggio della Siria. E con Hezbollaz firma un memorandum che sarà la chiave di una lunga alleanza e della sua ascesa alla presidenza. Adesso la parola d’ordine con la quale mobilitare le masse dei giovani cristiani non è più l’occupazione siriana, ma “la lotta alla corruzione”. La stessa determinazione mostrata dal generale (così lo chiamano tutti) nella battaglia contro le ingerenze di Damasco, Aoun le mette in campo contro i governi di cui il suo blocco per il Cambiamento e la Riforma non fanno parte. Accusa l’esecutivo guidato da Fouad Siniora, esponente del fronte anti siriano del 14 Marzo, di «aver fatto della corruzione un fatto quotidiano», e ordina ai suoi seguaci di occupare per mesi il Centre de Ville per spingere Siniora a lasciare. Anche la battaglia per far prevalere la sua candidatura suscita molte perplessità quanto a rispetto per le istituzioni. Va bene che non c’era alcun accordo tra i partiti sul nome da votare, ma per 45 volte, nel corso di due anni e mezzo, la Camera non ha potuto riunirsi perché gli “aounisti” e i loro alleati, Hezbollah, hanno fatto venire meno il quorum. Ma proprio grazie al principio di contraddizione che domina tutta la vita politica libanese, dopo due anni e mezzo di paralisi istituzionale, il peggior nemico di Aoun, Saad Hariri, figlio ed erede dell’ex premier ucciso nel 2005, in un attentato per il quale sono sotto processo sei esponenti di Hezbollah, decide improvvisamente di appoggiare la candidatura del generale. Pare che alla base di questo ennesimo ribaltone vi sia la necessità del giovane Hariri, che in cambio dovrebbe ricevere l’incarico di formare il governo, di rimettere in sesto le traballanti aziende paterne. Ora Aoun può finalmente annunciare «la fine del boicottaggio».

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