Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 14/10/2016, a pag. 16, con il titolo "Scelta choc dell'Unesco: il Muro del Pianto non è un simbolo ebraico", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
A destra: la Farnesina, sede del Ministero degli Esteri italiano
Quello di Fiamma Nirenstein è l'unico articolo che oggi compare sulla stampa italiana a proposito di un episodio ignobile, il voto preliminare a una mozione dell'Unesco che vuole negare la natura ebraica del Monte del Tempio e del Muro occidentale a Gerusalemme, cancellando millenni di storia in un colpo solo. I direttori dei giornaloni si guardino allo specchio e si chiedano con quale coraggio hanno scelto di non dedicare neanche una riga a una simile ignominia.
L'Italia, inoltre, ha partecipato a questa vergogna con un voto preliminare di astensione. Non è la prima volta che il nostro Paese, insieme a quasi tutti gli altri Stati europei, sceglie la via della pusillanimità. Ci chiediamo, e chiediamo al governo italiano, chi ha autorizzato un voto del genere alla Farnesina. Ah, dimenticavamo, il Ministro degli Esteri ha un nome: Paolo Gentiloni.
Ecco l'articolo:
Fiamma Nirenstein
Adesso chi vuol far votare una mozione per dire che esistono le sirene, o che il Vaticano non è mai stato la sede del papato, lo può fare. Passerà. Perché l'Unesco, il braccio artistico dell'Onu, su proposta dei palestinesi e dei giordani (i primi che dovrebbero essere un interlocutore credibile per un processo di pace, i secondi che la pace l'hanno già firmata) sta per approvare una mozione che nega ogni rapporto storico fra l'ebraismo e il Monte del Tempio. Cioè, fra l'altro, il Muro del Pianto, il primo luogo santo degli ebrei nei secoli dei secoli. Ieri l'assemblea ha votato una mozione preliminare, e 21 nazioni, indovinate quali, hanno votato in favore della mozione, 26 pusillanimi (indovinate quali. Ma davvero anche l'Italia? Si, davvero) si sono astenute e sei coraggiose hanno votato contro. Le sei sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Lituania, l'Olanda, la Germania, e l'Estonia.
Che imbarazzo, che vergogna che una delle più accertate verità archeologiche e storiche, di cui per altro c'è una prova lampante proprio a Roma nel bassorilievo dell'arco di Tito (che conquistò il Tempio) che ritrae i prigionieri ebrei con la lampada a sette braccia a spalla proprio da quel tempio che ora si chiamerà spianata di al Buraq, dal nome del cavallo che trasportò Maometto in cielo. La risoluzione cominciò il suo iter ad aprile, legando il sito solo alla storia musulmana. Non importa all'Unesco se gli attentati terroristici in nome della Moschea di Al Aqsa fanno decine di vittime al mese. Né che uno degli sport preferiti del terrorismo sia appunto negare ogni nesso degli ebrei con la loro vera storia, che ne tesse l'origine e lo sviluppo a e di Gerusalemme. Che importa: l'importante è manipolare lo scenario internazionale.
Paolo Gentiloni, Ministro degli Esteri italiano, qualcuno gli chiederà di spiegare in Parlamento perchè ha autorizzato l'astensione?
A luglio fu formalizzata la mozione e fu spostato il voto a causa del colpo di stato mancato in Turchia. Il direttore generale dell'Unesco Irina Bokova ebbe la decenza di dichiarare che non si può negare il rapporto fra le tre religioni e il sito, ma si sa, la febbre antisemita dell'Onu è sempre alta, e la paura un po' compiaciuta di chi si tira da una parte grande. Così siamo arrivati a questo prevoto, e la settimana prossima al voto definitivo. 39 senatori americani, in un gruppo bipartisan, chiedono di recedere da questo folle passo, ma visto che anche la Tomba di Rachele e la sinagoga di Hevron, quella dove sono seppelliti i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe sono stati dichiarati retaggio musulmano, c'è da aspettarsi il peggio.
Se si vuole consultare un documento che dica tutta la verità sul Monte del Tempio, c'è una brochure del 1924 redatta dall'WAQF, l'autorità islamica, che, anzi, con grande orgoglio dice che non c'è alcun dubbio che il sito fosse quello del Tempio di Salomone di quello di Erode (non l'uccisore dei bambini, il padre). Ma i testi sono innumerevoli. Non c'è bisogno di essere uno storico per sapere che Gerusalemme e gli ebrei sono un nodo solo, che quel sito è nella Bibbia il luogo del sacrificio di Isacco (sul Monte Moriah), poi della conquista del re David (e qui ci sono molte prove archeologiche), poi tempio di Salomone distrutto nel 632 da Nabuccodonosor, poi del Tempio di Erode, e che anche Gesù Cristo, da buon ebreo, ci andò in pellegrinaggio e là predico ai mercanti.
Si vedono ancora i loro negozietti di pietra e le scale da cui salì Cristo ragazzino. Inoltre i reperti della città di Davide, gli scritti di Tacito e di Flavio Giuseppe che testimonia nelle virgole la caduta del tempio, sono noti ai più. Si sa anche bene che il riferimento musulmano a Gerusalemme come città santa è ben scarso: una riga nel Corano per il volo di Maometto a al Masjiid al Aqsa alla «città lontana», quando ancora non esisteva la Moschea dato che Mohammed è morto nel 632 ed essa si costruisce nel 705. La risoluzione dell'Unesco lascia senza parole, fa tristezza, fa pensare che si viva in un momento in cui ancora l'antisemitismo vince. Con tutto ciò gli ebrei seguiteranno ad andare, come nei secoli dei secoli, a toccare il loro muro occidentale del Tempio di Gerusalemme e piangeranno. Quella dell'Unesco è una forma di distruzione come quella di Palmira, o non ce ne siamo accorti?
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