Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/10/2016, a pag. 13, con il titolo "Il processo di pace langue, e il governo israeliano teme l'arrivo di Hillary Clinton", il commento di Davide Frattini.
Davide Frattini
Hillary Clinton con Benjamin Netanyahu
Il «New York Times» sembra parlare al presidente perché la candidata intenda. In un editoriale il quotidiano americano invita Barack Obama a punire il governo israeliano per la decisione di costruire una nuova colonia, decisione che il giornale paragona a un «insulto: è stata presa poche settimana dopo che la Casa Bianca ha garantito 38 miliardi in aiuti militari a Israele per il prossimo decennio. Il nuovo insediamento fa parte di una striscia di avamposti che rischiano di tagliare in due la Cisgiordania e di rendere ancora più impossibile la nascita di uno Stato palestinese. È improbabile che Obama, da presidente uscente, riesca a esercitare sul governo israeliano la pressione necessaria perché ritorni al tavolo delle trattative con Abu Mazen.
Così il premier Benjamin Netanyahu e i suoi consiglieri cercano di vaticinare il futuro prossimo, di capire quale posizione Hillary Clinton prenderà, se dovesse entrare alla Casa Bianca. Le previsioni sono fosche, almeno dal punto di vista del primo ministro: gli israeliani sono convinti che Clinton li considererebbe responsabili per il blocco dei negoziati e applicherebbe tutta la forza su di loro, anche perché considera Abu Mazen troppo debole. Tra le ipotesi — rilanciate anche dal «New York Times» — una risoluzione statunitense al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: il documento deve delineare i passaggi che portino a un accordo, dalla questione della sicurezza per Israele al futuro di Gerusalemme, dal destino dei rifugiati palestinesi ai confini tra i due Stati. «Non sarebbe una risposta burocratica a una crisi che sembra senza soluzione», scrive il giornale. Al contrario sembra l’unico modo per convincere Netanyahu a rianimare la speranza di un’intesa. Obama potrebbe decidere di far votare la risoluzione e di lasciare a Clinton, se dovesse succedergli, il compito di piegare Israele alla volontà delle potenze mondiali.
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