Riprendiamo da LIBERO di oggi, 08/10/2016, a pag.10, con il titolo "Il re del Marocco ultimo baluardo contro gli islamo-comunisti", l'analisi di Carlo Panella.
Mohammed VI Carlo Panella
Il Marocco è andato ieri alle urne in un clima politico infuocato (e instabile). «C'est une situation à l'italienne», dicono molti analisti e si può tradurre: «Siamo nel solito caos, come in Italia». Ovviamente i protagonisti sono ben diversi. Anche se va ricordato che la democrazia nel Paese è tanto solida che vi sono candidati ebrei e che su 395 seggi, 60 sono riservati alle donne e 30 a chi ha meno di 35 anni, unico modo per contrastare l'abituale gerontocrazia araba. Grazie alle riforme democratiche (e alla leadership illuminata di re Mohammed VI), il Marocco non ha affatto vissuto il trauma delle «primavere arabe» che si sono risolte in una serie di grandi manifestazioni senza incidenti. Ma dalle «primavere» ha subito il contagio, cioè la legittimazione di governo dei Fratelli Musulmani. Contro i pronostici infatti, nel 2011 vinse le elezioni il partito della Giustizia e Sviluppo (Pjd) guidato da Abdellah Benkirane, che riuscì a conquistare la maggioranza relativa, si fermò a meno di un terzo dei seggi, ma riuscì a formare un esecutivo alleandosi con gli ex comunisti (!).
Dopo 5 anni di governo dai risultati mediocri, scarso sviluppo dell'economia con una media di incremento del Pil del solo 3% (range bassissimo nel Paese), ma sostanziale tenuta del quadro democratico, lo scontro - accesissimo - è ora Ira il Pjd del prudente Benkirane e la coalizione di partiti laici Autenticità e Modernità (Pam), che si contenderanno il primato, seguiti dal tradizionale Istiqal, che non ha speranze di affermazione. Lo straordinario sviluppo economico del Paese, il suo solido assetto democratico (anche se solo 15 milioni di elettori su 26 si sono iscritti alle liste elettorali, anche a causa di un'abnorme emigrazione) e lo stesso contesto «europeo» delle città marocchine, porterebbero a ritenere maturo un trionfo della componente laica, se non fosse appesantita da decenni di gestione arrogante del potere, quindi da corruzione, gerontocrazia e scandali.
Una zavorra che coinvolge anche il partito berbero (il Marocco è l'unico Paese arabo che riconosce tutti i diritti dei berberi), favorisce quindi il Pjd.
Anche perché Benkirane è di statura politica ineguagliata nel mondo arabo (e nella Fratellanza). In più il Pjd, gode dei risultati del «welfare islamico», che favorisce la pratica assistenziale dei suoi militanti e delle sue sezioni sin nei più sperduti paesini e periferie.
Dall'altra parte però, Benkirane paga il prezzo della involuzione autoritaria di Tayyp Erdogan, che era il suo modello di riferimento quando era un leader moderatissimo. I non pochi elettori laici dalla mentalità europea che lo votarono nel 2011 in spregio alla corruzione del Pam, oggi pare lo vogliano abbandonare per timore del «contagio turco». Partita comunque aperta.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante