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Corriere della Sera - Il Giornale Rassegna Stampa
05.10.2016 Turchia, purghe a oltranza: quello di Erdogan è ormai un regime
Cronaca di Monica Ricci Sargentini, Il Giornale

Testata:Corriere della Sera - Il Giornale
Autore: Monica Ricci Sargentini
Titolo: «Turchia, purghe a oltranza, cacciati 13mila poliziotti - Niente processo per il comico anti-Erdogan»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/10/2016, a pag. 18, con il titolo "Turchia, purghe a oltranza, cacciati 13mila poliziotti", la cronaca di Monica Ricci Sargentini; dal GIORNALE, a pag. 13, la breve "Niente processo per il comico anti-Erdogan".

Continua la soppressione di ogni libertà in Turchia: un Paese Nato che è ormai una dittatura islamista che appoggia movimenti terroristi come Hamas e lo Stato islamico e con cui l'Europa stringe accordi.

Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Monica Ricci Sargentini: "Turchia, purghe a oltranza, cacciati 13mila poliziotti"

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Monica Ricci Sargentini

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Erdogan il Sultano trascina la Turchia verso la sharia

C’è un fantasma che si aggira per la Turchia ed è quello di Fethullah Gülen, il predicatore islamico accusato di essere l’ideatore del fallito colpo di Stato, il 15 luglio scorso, e di aver creato uno «stato parallelo» con migliaia di seguaci infiltrati nelle forze di polizia, nell’esercito, nella pubblica amministrazione e negli organi di informazione. Non c’è turco che dubiti della sua colpevolezza e lo scetticismo europeo viene vissuto come l’ennesima prova di un pregiudizio tutto occidentale nei confronti della Turchia.

Qui si appendono bandierine a ogni angolo delle strade, si producono libretti informativi e documentari su Feto , come viene chiamata l’organizzazione terrorista di Gülen, e si onorano i martiri, le 240 persone morte la notte del 15 luglio per salvare la democrazia. E le purghe? Le oltre 90 mila persone licenziate? I 32 mila sospetti terroristi in carcere? All’inizio la dura reazione delle forze dell’ordine è stata vista come una dolorosa necessità anche dai partiti di opposizione che si sono stretti intorno al governo appoggiando, senza se e senza ma, la proclamazione dello stato di emergenza.

Oggi, però, quella fragile unità vacilla sotto i colpi dei licenziamenti e degli arresti di massa. Soltanto nella giornata di ieri, per fare un esempio, le autorità turche hanno sospeso 12.801 poliziotti, accusati di essere gulenisti. La scorsa settimana sono state chiuse 12 stazioni televisive per propaganda terrorista. Feto , Isis o Pkk non importa, tutte sono considerate una minaccia alla sicurezza nazionale dello stesso livello. Una di queste tv, la Imc , ha continuato ad andare in onda e la polizia ieri ha fatto irruzione negli studi mentre era in corso un dibattito sulla libertà di espressione. Tra le emittenti colpite dal provvedimento c’è anche Zorok Tv , un canale per bambini che trasmette cartoni animati doppiati in curdo.

Che le purghe stiano passando il limite lo pensa Kemal Kiliçdaroglu, il leader del Chp, il principale partito di opposizione, che ha detto di aver ricevuto 30 mila reclami da persone licenziate o arrestate: «Il fine non è più mettere in carcere i gulenisti. Il golpe è diventato un’opportunità per silenziare l’opposizione. Siamo in un momento in cui tutti vengono messi a tacere». Nella sede della Cnn Türk a Istanbul la porta girevole ha ancora il vetro spaccato, a eterno memento di quando i soldati golpisti hanno fatto irruzione nell’edificio. La televisione, un tempo ostracizzata da Erdogan, oggi vive un nuovo stato di grazia dopo aver trasmesso in diretta la notte del golpe il messaggio di Erdogan su Facetime : «Siamo diventati parte della Storia» dice il direttore delle news, Ferhat Boratav, che però non nasconde la preoccupazione per la decisione di estendere di 3 mesi lo stato di emergenza. «Così gli abusi si moltiplicheranno».

E i processi? «Dubito che la Turchia si possa permettere di portare in giudizio decine di migliaia di persone. Finirà che queste persone diventeranno dei paria. Per loro si parla già di programmi di de-radicalizzazione». Alla tv pubblica Trt l’open space da cui la conduttrice Tijen Karas è stata costretta a leggere la dichiarazione dei golpisti è stato ribattezzato «Lo studio della Nazione», in omaggio alla reazione del popolo la notte del golpe. In redazione si respira un’aria da day after.

Su 9 mila dipendenti 330 sono stati licenziati in tronco. Anche loro sospetti gulenisti. E nessuno ha protestato. Per finire nel mirino basta avere sullo smartphone l’app ByLock, messa a punto dai membri dell’organizzazione per comunicare tra di loro. «Potremo respirare di nuovo solo quando tutti i gulenisti saranno arrestati» dice Mehmet Akarca, nuovo direttore generale del Dipartimento per l’informazione e l’editoria che fa capo all’ufficio del primo ministro. «Quella notte pensavo che saremmo stati tutti uccisi — racconta —. Voi sottovalutate la minaccia di Gülen, lui vuole impadronirsi dell’universo».

IL GIORNALE: "Niente processo per il comico anti-Erdogan"

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Jan Böhmermann

La Procura tedesca ha archiviato il processo aperto contro il comico tedesco Jan Böhmermann che lo scorso aprile aveva ironizzato sul presidente turco Recep Tayyip Erdogan e che era stato messo sotto inchiesta, con l'assenso del governo della cancelliera Angela Merkel, per oltraggio a un capo di Stato. Secondo la procura di Magonza, incaricata delle indagini, «non si può provare con sicurezza l'esistenza di atti punibili».

Erdogan aveva formalmente presentato richiesta per ingiuria e, allo stesso tempo, il governo aveva avallato l'apertura di un processo in base all'articolo 103 del codice penale tedesco: una decisione che aveva suscitato molte reazioni critiche, in quanto sembrava concedere a una potenza straniera una sorta di diritto alla censura sulla libertà di espressione in Germania. La Cancelliera veniva inoltre sospettata di aver voluto favorire la Turchia in nome della buona riuscita dell'accordo sui migranti.

Questi timori sono però stati allontanati: per la Procura Böhmermann, nel recitare un poema durante il programma trasmesso dall'emittente Zdf in cui accusava il presidente turco di zoofilia e pedofilia in una poesia satirica, è restato all'interno dei limiti della libertà di espressione. «La satira non è un delitto se la caricatura delle debolezze umane non presuppone una diffamazione grave di una persona», si legge nel testo. La decisione rischia di inasprire ulteriormente i rapporti diplomatici tra Germania e Turchia già tesi dopo il riconoscimento da parte del Bundestag del genocidio armeno del 1915, tema su cui Erdogan è negazionista assolutamente intransigente nonostante le evidenze storiche. Nel frattempo il governo tedesco ha annunciato un progetto di legge per abrogare il reato di vilipendio di capo di Stato straniero.

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