Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/09/2016, a pag. 5, con il titolo "Ora cambia la campagna: i democratici schierano i big e puntano su Michelle", l'analisi di Federico Rampini.
L'articolo di Federico Rampini è interessante per due motivi. Il primo è che racconta in maniera equilibrata i problemi causati - e non da oggi - dalla salute di Hillary Clinton. Il secondo è che prospetta in maniera altrettanto equilibrata una possibile sostituzione della candidata democratica, non solo nell'elezione di novembre, ma anche dopo una sua eventuale vittoria, sempre per motivi di salute. Il nome che appare più probabile quale sostituto è quello di Bernie Sanders, un pericolo mortale per la democrazia americana e per il mondo occidentale in generale che era stato dato per evitato dalla vittoria della Clinton alle primarie. Per questo ci auguriamo che Trump mantenga l'attuale posizione nei confronti del suo avversario così come l'ha espressa quando ha fatto gli auguri alla Clinton per una pronta guarigione. Un atteggiamento che dovrebbe allargare la base elettorale del candidato repubblicano.
Ecco l'articolo:
Federico Rampini
Hillary Clinton
LA POLMONITE di Hillary Clinton può decidere la corsa alla Casa Bianca? È una novità imprevista, apre scenari nuovi. Tanto più che accade dopo alcune settimane in cui la Clinton calava nei sondaggi e Donald Trump stava risalendo. La rimonta del repubblicano ha rimesso in gioco Stati-chiave come la Florida, che torna ad essere in bilico tra i due. Come incide l’improvvisa malattia? Che accade nello scenario più estremo di un ritiro?
LE ACCUSE Da tempo Trump e i social media di destra agitavano sospetti su problemi di salute di Hillary. Partendo da un precedente, il malore che la colse al termine del mandato come segretario di Stato. Il marito Bill Clinton all’epoca creò allarme quando parlò di «sei mesi necessari per la guarigione ». Adesso Trump sceglie di non infierire e fa il gentleman con auguri di pronto recupero alla rivale. Ma la destra esulta: ecco la prova che Hillary è una bugiarda. Perfino tra i democratici e la stampa liberal è un diluvio di critiche allo staff di Hillary per aver tardato ad ammettere la polmonite. Il tema della disonestà torna a perseguitare la candidata democratica.
CHI LA SOSTITUISCE IN CAMPAGNA? Questa potrebbe trasformarsi in una buona notizia. Fino alla piena guarigione Hillary cancella diversi comizi elettorali o li sostituisce con video-collegamenti. Anche in seguito dovrà alleggerire i programmi massacranti di tournée nei vari Stati. Significa che al suo posto gli elettori vedranno più spesso la popolarissima Michelle Obama, di gran lunga la più efficace “sostituta” per galvanizzare donne e neri; nonché Bernie Sanders, Joe Biden, e naturalmente Barack Obama in persona. Un loro coinvolgimento più corale nella campagna può bilanciare il deficit di carisma di Hillary.
CHE ACCADE AL DUELLO IN TV? Il primo dibattito televisivo è fissato il 26 settembre. Se davvero Hillary ha una semplice polmonite la cura di antibiotici dovrebbe guarirla prima. Altrimenti il dibattito si può spostare ma sarebbe un segnale inquietante sulla salute. Quando i due si affronteranno c’è il rischio che gli elettori facciano più attenzione alle occhiaie o ai colpi di tosse di Hillary, che alla sua competenza sui dossier? Trump infilerà qualche allusione cattiva al fatto che lei non «è in grado di guidare la nazione», come fece in passato? Il tema della malattia comunque aleggerà sull’incontro in tv.
LA SALUTE SPOSTA VOTI? Anzitutto, i voti si stavano già muovendo. Il massimo del suo vantaggio nei sondaggi, Hillary lo conquistò dopo la convention democratica di Philadelphia a fine luglio. Nelle ultime settimane la forbice ha cominciato a restringersi, in alcuni sondaggi Trump è alla pari o perfino leggermente in testa. Lo scandalo della Fondazione Clinton ha pesato, con le rivelazioni sull’accesso privilegiato al Dipartimento di Stato per i grossi donatori a quella istituzione filantropica (inclusi governi stranieri). È all’interno di questa dinamica che s’innesta l’impatto della malattia. Prevarrà la sfiducia sulla salute di Hillary? O un moto di rispetto per la sua tenacia di fronte alla sofferenza? Il repubblicano John McCain fece campagna elettorale nel 2008 nonostante un tumore dichiarato. I democratici sperano che scatti soprattutto la paura di una vittoria di Trump, per portare alle urne tutte le minoranze progressiste, dai giovani agli immigrati.
CASO ESTREMO: SOSTITUZIONE Se Hillary fosse costretta all’abbandono prima dell’8 novembre, i vertici del partito democratico hanno il piano d’emergenza. Il presidente del comitato elettorale espresso dalla convention di luglio fa scattare l’articolo 2, sezione 7 del regolamento. Equivale alla convocazione di una sorta di mini-convention d’urgenza. Il più titolato per ricevere questa nuova nomination sarebbe Bernie Sanders in quanto secondo piazzato alle primarie. Un altro caso estremo invece è una vittoria di Hillary Clinton, seguita rapidamente da un deterioramento della salute incapacitante, o dalla morte prima dell’insediamento (Inauguration Day è a fine gennaio). In quel caso subentra il vice-presidente eletto, Tim Kaine.
SCENARIO OTTIMISTA La malattia rende Hillary più “umana” e la fa sentire vicina agli elettori, meno élitaria. Si comincia a esigere da Trump lo stesso livello di trasparenza sulla sua salute (ha il colesterolo e si abbuffa di junk-food). E anche su tanti altri scandali del tycoon newyorchese: frodi, processi per truffa, la sospetta corruzione del ministro della Giustizia della Florida, il rifiuto di pubblicare le dichiarazioni dei redditi, le bugie a ripetizione. Ma forse questo è un sogno. Per adesso si applicano due pesi e due misure, Hillary ne prende atto: “È frustrante ma è il paesaggio in cui viviamo”. Lo spazio smisurato che i media offrono a Trump è giustificato dal presidente della tv Cbs: «Trump può essere un danno per l’America ma fa un gran bene alla Cbs».
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