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La Repubblica Rassegna Stampa
12.09.2016 Ricchi affari con gli ayatollah
Gli industriali italiani aprono al sanguinario regime di Teheran

Testata: La Repubblica
Data: 12 settembre 2016
Pagina: 39
Autore: I.D.O.
Titolo: «Iran, nel dopo embargo c'è profumo di affari tricolori: 'Italiani primi per missioni'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Affari & Finanza di oggi, 12/09/2016, a pag. 39, con il titolo "Iran, nel dopo embargo c'è profumo di affari tricolori: 'Italiani primi per missioni' ", il commento firmato I.D.O.

Gli industriali italiani fiutano i ricchi affari che possono essere stretti con il sanguinario regime di Teheran e - indifferenti alle violazioni ininterrotte dei diritti umani da parte degli ayatollah - non perdono tempo. Il denaro che affluirà in questo modo in Iran rimpinguerà le casse di uno Stato estremista che ha giurato di distruggere Israele e l'Occidente (e che grazie al cedimento di Obama e dell'Europa è sempre più vicino a possedere armi nucleari). Come negli anni Trenta le democrazie occidentali non indugiarono a fare affari con la Germania di Hitler, così fanno oggi con il regime estremista sciita.

Ecco l'articolo:

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Massimiliano Perletti

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L'Iran corre verso il nucleare

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"E' solo per un pacifico uso domestico"

La fine dell'embargo all'Iran apre nuove prospettive per le aziende italiane, che possono far leva sui rapporti storici tra i due Paesi per sostenere Io sviluppo del mercato mediorientale. E la convinzione di Massimiliano Perletti, partner dello studio Rödl e Partner, responsabile della apertura dell'Italian desk presso la sede di Teheran dello Studio che vedrà la luce entro il mese di settembre.

«L'accordo tra l'Agenzia per l'energia atomica e l'Iran apre un'era nuova per la collaborazione con l'Occidente, che intendiamo seguire da vicino, pur consapevoli che si tratta di fare i conti con un contesto di mercato molto differente dal nostro e con diverse incognite», aggiunge Perletti. Che ricorda: «L'Italia è il Paese europeo che nel corso di questi mesi ha organizzato più missioni imprenditoriali, a dimostrazione del potenziale di business esistente».

L'export italiano verso Teheran vale poco più di un miliardo all'anno, un terzo rispetto ai picchi raggiunti prima delle sanzioni internazionali, con la penisola che rappresenta il nono mercato per import del Paese mediorientale. «Vi è grande interesse soprattutto verso tre comparti nei quali l'Italia ha raggiunto livelli di eccellenza: la meccanica strumentale, la depurazione delle acque e la cosmetica». L'ultimo ambito può apparire sorprendente, «ma in realtà le donne iraniane sono abituate a spendere tanto in trucchi e di recente è stata approvata una nuova legge che riduce drasticamente le possibilità d'ingresso ai prodotti qualitativamente non elevati come quelli cinesi».

Secondo un rapporto realizzato Sace, la riapertura dei commerci con Teheran produce un vantaggio immediato sul settore petrolifero, il più colpito dalle sanzioni internazionali nonché quello che necessita dei maggiori investimenti, dato che l'export di oro nero si è dimezzato solo a considerare gli ultimi cinque anni. Sace individua grandi opportunità anche nell'auto-motive: l'Iran era un mercato da 1,5 milioni di immatricolazioni di veicoli all'anno nel periodo pre-inasprimento delle sanzioni del 2011; ora ci si attende un ritorno sopra i 2 milioni. «Teheran è una delle città più trafficate al mondo con un parco auto che necessita di un urgente ricambio — conferma Perletti — Le aziende italiane possono giocare un ruolo importante nel rispondere a questa domanda di mercato, dato che vi sono elevate specializzazioni lungo tutta la filiera dei motori».

Tornando allo studio, tra i punti di eccellenza del Paese vi sono anche una forza lavoro competitiva in termini di qualifiche e costo, un livello medio di istruzione nel Paese elevato, la presenza di agevolazioni fiscali (il Paese ha 14 economic zone e 7 free trade zone) per i nuovi insediamenti produttivi e potenzialità demografiche. ll paese è molto popoloso, con molti giovani e un pil pro capite pari alla metà di quello italiano. Non mancano comunque le criticità, come la lentezza delle pratiche per l'avvio di attività e la diffusa corruzione. «Come per tutti i mercati di frontiera, chi vi investe deve essere consapevole di dover fare i conti con standard non paragonabili con quelli occidentali — analizza l'avvocato di Rödl — il nostro consiglio è di procedere con clausole contrattuali che rimandano ad arbitrati internazionali per dirimere eventuali controversie».

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