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La Repubblica Rassegna Stampa
08.09.2016 Federica Mogherini incompetente, straparla sulla difesa europea
Intervistata da Andrea Bonanni

Testata: La Repubblica
Data: 08 settembre 2016
Pagina: 13
Autore: Andrea Bonanni
Titolo: «'Dopo Brexit niente più scuse, ora può nascere la Difesa europea'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 08/09/2016, a pag. 13, con il titolo "Dopo Brexit niente più scuse, ora può nascere la Difesa europea", l'intervista di Andrea Bonanni a Federica Mogherini.

Federica Mogherini non perde occasione per dare sfoggio di incompetenza. In questo caso è aiutata dal giornalista Andrea Bonanni, che esordisce con una frase strappalacrime ("Federica Mogherini ha poco più di quarant’anni, ma insegue un sogno molto più vecchio di lei").

Mogherini confonde poi difesa e integrazione, che sono due aspetti ben differenti. Inoltre, sembra di dubbia efficacia centralizzare gran parte dei fondi destinati alla Difesa dei singoli Paesi europei a Bruxelles... la storia recente degli attentati islamici in Europa non ha evidentemente insegnato nulla.

Infine, è bene ricordare che l'Unione Europea nasce dall'ideologia comunista di Altiero Spinelli, che al momento della compilazione del "Manifesto di Ventotene" assunse a modello l'Unione Sovietica di Stalin: ovvero un'Europa che assomigliava alle repubbliche socialiste sovietiche, scriveva elogiando la 'dittatura del proletariato', non esattamente un modello raccomandabile.

Ecco l'articolo:

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Andrea Bonanni

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Federica Mogherini

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Altiero Spinelli, quando teorizzava la dittatura del proletariato

Federica Mogherini ha poco più di quarant’anni, ma insegue un sogno molto più vecchio di lei. «Per la prima volta dopo il fallimento della Ced, nel 1954, credo che si sia aperta una finestra di opportunità per dare vita ad una Difesa europea», spiega l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, che tra poco presenterà il suo progetto ai capi di governo al vertice di Bratislava.

Di un fantomatico esercito europeo si parla da decenni, ma non si è mai fatto molto. Perché adesso è così ottimista? «È bene chiarire che non parliamo di esercito europeo, ma di Difesa europea: qualcosa che possiamo davvero fare, concretamente, da subito. A giugno, all’indomani del referendum britannico favorevole alla Brexit, ho presentato ai leader europei la mia proposta di “Global Strategy”, che va dalla politica estera a quella di sicurezza e di difesa. È stata una scelta di tempi consapevole. Volevo mandare il messaggio che, nonostante la defezione britannica, l’Europa può e deve andare ancora più avanti nel processo di integrazione. Nel dibattito che la proposta ha aperto nelle capitali è emerso un consenso generalizzato sulla necessità di avanzare in questo campo. Mi sembra un cambiamento epocale. Dopo che negli anni Cinquanta era fallito il progetto della Ced, la Comunità europea di difesa, molti governi si erano convinti che quello militare fosse uno degli ultimi baluardi della sovranità nazionale».

E invece? «Invece, se si guarda ai sondaggi di opinione, le preoccupazioni principali degli europei sono due: economia e sicurezza. Ma la sicurezza interna implica anche una dimensione esterna, una capacità di difesa. E questo secondo me è uno dei grandi cantieri su cui far ripartire il processo di integrazione. In fondo l’Europa si è costruita per ondate tematiche successive. Prima il mercato unico. Poi la moneta, con l’Euro. Quindi la libera circolazione, con Schengen. Adesso è arrivato il momento di mettere le basi per una Difesa comune».

In questa svolta quanto pesa la decisione britannica di uscire dalla Ue? «Molti hanno pensato che la prospettiva della Brexit offrisse l’opportunità di non essere più frenati dal Paese che si è sempre opposto con maggiore determinazione all’idea di mettere in comune gli strumenti di Difesa. La mia sensazione è che la futura uscita della Gran Bretagna dalla Ue abbia tolto un comodo alibi dietro cui molti si nascondevano. Quando nel corso della storia europea Londra ha messo veti all’integrazione militare, non si è mai trovata da sola».

Cosa dice a chi obietta che parlare di Difesa europea senza la Gran Bretagna sarebbe come parlare di moneta unica senza la Germania? «Londra è sicuramente un “peso massimo” in Europa in termini di difesa, sicurezza, politica estera e aiuti allo sviluppo. Ma proprio per questo è chiaro a tutti che, senza il Regno Unito, il ruolo dell’Europa nel mondo può essere efficace solo con una maggiore integrazione proprio in questi campi».

Ci può spiegare il suo progetto? «In questa fase, ci vogliamo attenere a cose molto concrete, che possono essere fatte senza bisogno di toccare i trattati ma che non sono mai state attuate, anche se l’Unione europea già oggi è impegnata in ben diciassette operazioni militari e civili in campo internazionale. La mia intenzione è di presentare ai governi un menù di azioni possibili fin da ora. Poi vedremo chi vorrà partecipare, e a quali iniziative. L’idea è che, se qualcuno ha dubbi o riserve, gli altri possano andare avanti con una cooperazione rafforzata permanente. Anche se devo dire che, nei colloqui che ho avuto finora, nessuno mi ha detto di no».

In pratica quali saranno le proposte? «Primo: i “battlegroups». Sono unità multinazionali europee di intervento rapido. Esistono già da anni, lavorano e si addestrano insieme. Ma non sono mai stati utilizzati sul terreno. Potremmo e dovremmo decidere di farne uno strumento da utilizzare dove e quando serve un intervento europeo immediato. Secondo: ricorrere all’articolo 44 del Trattato, che prevede la possibilità di delegare ad un ristretto gruppo di Paesi il compito di condurre azioni militari in nome e per conto di tutta l’Unione. Anche questo articolo non è mai stato usato. Terzo: creare a Bruxelles un Quartier Generale comune che gestisca tutte le operazioni militari e civili presenti e future. Potrebbe diventare il nocciolo attorno al quale costruire una struttura comune di Difesa. Quarto: mettere insieme le risorse per i giganteschi investimenti che sono necessari nel settore della Difesa».

E i tempi? «Partiamo subito. Anzi, siamo già partiti. Ho presentato agli Stati membri e alla Commissione queste idee. Il primo traguardo potrebbero essere le celebrazioni di marzo prossimo per il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, che non possono essere una liturgia vuota. E partiremo con chi ci sta. Riprendiamo un progetto abbandonato tanti decenni fa, quando i padri fondatori pensavano che l’Europa si dovesse costruire prima di tutto sulla Difesa. Oggi l’Unione europea sta attraversando un momento cupo, in cui tutto sembra andare in crisi e in cui si finisce per perdere di vista anche gli strumenti che abbiamo già a disposizione e che non utilizziamo. Vedo per la prima volta aprirsi una grande opportunità. E credo sia nell’interesse dei cittadini europei coglierla».

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