Riprendiamo da ITALIA OGGI, a pag. 13, con il titolo "Bruno Pontecorvo lasciò l'Inghilterra per rifugiarsi nell'Urss di Stalin. Perché? 'Perché sono stato un cretino', rispose poi", la recensione di Diego Gabutti.
A destra: la copertina (Einaudi ed.)
"Sono stato un cretino": così, con 40 anni di ritardo, il fisico Bruno Pontecorvo commento la propria scelta di emigrare in Unione Sovietica. Era ora.
Ecco l'articolo:
Fisico delle particelle e storico della scienza, Frank Close ha scritto libri sull'antimateria, sull'epopea della fisica moderna fino allo scoperta del Bosone di Higgs e sulla caccia al neutrino. Proprio il neutrino è la particella a lungo sfuggente di cui seguì la pista, tra gli altri, anche il fisico italiano Bruno Pontecorvo, uno dei «ragazzi di Via Panisperna», più tardi noto nella sua seconda patria, l'Urss, come "Bruno Maksimovic Pontekorvo". Pontecorvo (ma anche un po' Pontekorvo, il cittadino sovietico membro del Pcus) è l'idolo di Close, che con Vita divisa ne racconta con efficacia, ammirazione e vasta scienza la biografia politica e scientifica.
Frank Close
Due i Pontecorvo: il fisico teorico e il comunista. Come scienziato, Pontecorvo fu certamente ammirevole, un pioniere della fisica sperimentale, uno studioso brillante e originale, ma come uomo del suo tempo, devoto per (quasi) tutta la vita alla più grottesca ideologia del secolo breve, fu un disastro. Fuggì con moglie e figli piccoli in Urss, dove per anni non gli fu consentito neppure di scrivere ai suoi fratelli e ai suoi genitori, dove non lo lasciarono mai neanche avvicinarsi a un acceleratore di particelle, dove gli toccò vivere per una vita intera in una città che non poteva lasciare nemmeno per fare un giro a Mosca o a Leningrado, dove non ricevette mai una visita dagli scienziati suoi vicini di casa e dove due poliziotti lo scortavano ogni giorno da casa al lavoro e dal lavoro a casa. Intorno alla città segreta e ultrasorvegliata in cui viveva da galeotto di lusso, i lavori pesanti erano affidati a prigionieri, gente vestita di stracci, con la testa rasata, tutti magri come acciughe, puro Gulag, e «Pontekorvo» pensava che fossero lavoratori volontari, giusto un po' male in arnese.
Bruno Pontecorvo
Miriam Mafai, nel 1992, intervistò lo scienziato ormai ottantenne per un libro-intervista nostalgico e sospiroso; quando Close, molti anni dopo, chiese alla giornalista italiana perché Pontecorvo, secondo lei, avesse lasciato la libera Inghilterra per trasferirsi con armi e bagagli all'inferno, lei rispose con tipica alterigia togliattiana che «ci sono cose che puoi capire soltanto se sei comunista». Pontecorvo aveva un'altra risposta: «Sono stato un cretino». E' quel che disse dopo la caduta del comunismo, un'era geologica troppo tardi, «parlando con un giornalista inglese», a beneficio del quale «giudicò con franchezza e senza mezzi termini le sue convinzioni del passato». Disse anche di più: «Per molti anni ho creduto che il comunismo fosse una scienza; mi accorgo ora che non è una scienza, ma una religione».
Close, accingendosi a scrivere la biografia combinata dei due Pontecorvo, Bruno e "Bruno Maksimovic", pensava che il comunista non fosse stato una spia e non avesse passato al Kgb i «segreti atomici» dell'Occidente quando lo scienziato, suo doppio, lavorava nei laboratori inglesi e canadesi. Pensava che i due Pontecorvo si fossero rifugiati nel paradiso dei lavoratori per sfuggire ai cacciatori di streghe maccartisti (che però agivano in America e non in Inghilterra, dove Pontecorvo viveva da cittadino britannico). Studiando, da scienziato e da biografo, il «caso Pontecorvo», Close conclude però che non ci furono due Pontecorvo, lo scienziato da una parte e il comunista dall'altra, ma un solo Pontecorvo - un grande scienziato che fu anche una «spia atomica», come i cattivi con i baffi nei film degli anni quaranta.
Fu Kim Philby, la supertalpa del Centro di Mosca nel servizio segreto inglese, a mettere in allarme Pontecorvo, dopo che altre spie atomiche erano state smascherate dall'Fbi; Close ha trovato il documento che lo prova. Pontecorvo, a quel punto, poteva soltanto fuggire in Unione sovietica, dove da perfetto trinariciuto portò con sé anche i tre figli bambini e una moglie che soffriva di crisi depressive. A organizzare la fuga fu quasi certamente Emilio Sereni, cugino dello scienziato e pezzo grosso del partito comunista italiano. Pontekorvo credeva nei Processi di Mosca, nel «diamat» o materialismo dialettico, credeva persino nel complotto dei medici ebrei (col quale Stalin si gingillò prima di crepare come un cane dietro una porta chiusa che nessuno osò aprire finché non fu troppo tardi). «Cretino», Pontekorvo si beveva tutto, ogni sciocchezza, ogni superstizione, a dimostrazione che i comunisti d'antan, grandi scienziati compresi, erano l'esatto corrispettivo dei pentastelluti di oggi, che credono nei complotti, nei microchip della Cia per il controllo mentale, nelle scie chimiche, nella decrescita, nell'esistenza delle sirene.
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