Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/09/2016, l'editoriale con il titolo "Il silenzio di Netanyahu sull'America".
Per tre ore, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato di tutto – di Israele e del medio oriente, del suo record e dei suoi piani. Un argomento che ha accuratamente evitato con i visitatori americani lo scorso fine settimana, però, è stato quello delle prossime elezioni negli Stati Uniti”. Così ieri il New York Times faceva il punto sul silenzio del solitamente loquace premier israeliano durante il recente briefing con gli ex funzionari della sicurezza americani a Tel Aviv. Quattro anni dopo essere stato accusato di ingerenza nelle elezioni americane perché favorevole all’elezione di Mitt Romney, il leader israeliano questa volta ha fatto voto di silenzio. Come spiegarlo? Col fatto che fra Trump e Clinton Netanyahu non saprebbe chi scegliere: dopo Obama chiunque sarebbe meglio per lo stato ebraico. “Tutti in Israele capiscono che la cosa più importante è tornare al punto in cui siamo stati negli ultimi 68 anni, ovvero a un atteggiamento bipartisan”, ha dichiarato Yair Lapid, leader dell’opposizione in Israele. Durante il suo incontro con una delegazione di ex funzionari della sicurezza nazionale americani, Netanyahu ha espresso forte timore che gli Stati Uniti si stiano ritirando dalla regione e che quel vuoto verrà riempito dalla Russia. Se Hillary Clinton è associata a molti disastri di Obama, Trump è uno sconosciuto che ha criticato l’intervento americano in medio oriente e ha proposto di limitare gli aiuti esteri. Il sentimento a Gerusalemme oggi è questo: “Sappiamo molto su Hillary e sappiamo molto poco di Trump”. Così Israele rimane alla finestra a vedere come va. Mentre il medio oriente tutto intorno viene giù.
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