Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - MILANO di oggi, 08/08/2016, a pag. 4, con il titolo "I viaggi di Bledar 'il professore': studi al Cairo e la rete dei jihadisti", la cronaca di Andrea Galli, Cesare Giuzzi.
Bledar Ibrahimi
Bledar Ibrahimi era un ragazzo di vent'anni arrivato dall'Albania e finito quasi per caso a Pozzo d'Adda. Ed è stato proprio in questo paese di seimila abitanti al confine con la provincia di Bergamo che è nato una seconda volta. Rinnegando le origini e la sua terra, giurando nel nome di Allah e nell'esercito del Califfato. L'Islam fondamentalista l'ha folgorato attraverso la propaganda della Rete. Bledar ha cambiato nome e profilo Facebook (Yahya Ibrahimi). Nei suoi post ha scritto che «Siria e Iraq» sono «per tutti i musulmano e ha invocato la «protezione di Allah» per il califfo al Baghdadi (14 luglio 2014), "leader dei credenti". Ha condiviso le parole dell'erede di al-Zarqawi, contro l'Occidente e contro gli odiati sciiti (6 maggio 2014). Ha invocato l'«aiuto divino» mentre pubblicava una foto che inneggiava al jihad (27 luglio). E soprattutto ha stretto amicizia con ampia parte della rete di sostenitori dell'Isis in Lombardia. Da Giulia Maria Sergio, partita da Inzago per combattere in Siria, al pakistano Aftab Farooq (al quale via chat ha domandato il numero di telefono) espulso da Vaprio d'Adda.
Ha frequentato Idriss Elvis Elezi, albanese arrestato a Brescia (poi rimpatriato), sospettato di aver aiutato Anas El Abboubi a lasciare Vobarno per raggiungere Aleppo dove sarebbe morto in combattimento. Ha avuto contatti con Halili El Mahdi, torinese, uno degli autori del primo documento diffuso dall'Isis in lingua italiana. In Rete ha agganciato i parenti del foreign fighter Oussama Khachia, che ha lasciato Varese per morire in Siria, e ha dialogato su una chat criptata con il savonese (espulso) Brahim Boufares. Il nome di Ibrahimi è di quelli «pesanti» e centrali nelle indagini dell'Antiterrori-smo, che l'ha espulso dall'Italia il 3 marzo scorso.
I carabinieri del Ros di Milano l'hanno prelevato nella sua casa a Pozzo d'Adda per riportarlo a Elbasan, dove ora vive con il nonno. Ha il divieto di tornare nell'Unione europea per i prossimi dieci anni. Il suo reato sta emergendo con chiarezza soltanto ora. Dopo che gli inquirenti hanno ricostruito una parte dell'«esercito» dei jihadisti lombardi, sono diventati evidenti i contatti telematici e telefonici con arrestati, espulsi e foreign fighter. Ed è stato cristallizzato il suo ruolo «superiore». Ibrahimi è un sostenitore dello Stato islamico che non intende «unicamente» partire per la Siria e combattere con il Califfo. Il «professore» aveva infatti già intrapreso una carriera di studi religiosi «certificati» in Egitto, per diventare un imam radicale.
Le carte dell'antiterrorismo svelano che Bledar, un «intemauta molto attivo», due anni prima di venire allontanato si era trasferito al Cairo per imparare in università l'arabo e apprendere fondamenti della religione islamica in una scuola coranica. Ma c'è di più, molto di più. Nello stesso periodo, in Egitto avevano vissuto la sorella Ruxhina, 20 anni, e suo marito Icaro Bilal Masseroli, 28 anni, bergamasco convertito all'Islam. I due erano stati espulsi dall'Egitto, accusati di fondamentalismo. Poco dopo (a fine febbraio) era rientrato anche Ibrahimi. Ma l'aveva fatto su una rotta «anomala»: atterrato a Francoforte, dopo due giorni aveva preso un bus per Milano (8 ore di viaggio). Nessuno sa perché non fosse salito su un volo diretto. E nessuno sa perché, tornato a Pozzo d'Adda (poco prima di essere espulso), Ibrahimi si era precipitato all'anagrafe insieme allo zio per chiedere una nuova carta d'identità nonostante la sua fosse valida. Agli impiegati aveva detto che doveva recarsi in Francia, sembra nel sud del Paese. Non si sa quale fosse davvero la meta di quel viaggio. Ma per quale ragione Bledar voleva un nuovo documento? La foto della vecchia carta d'identità lo ritraeva con una lunga barba. Lui, in quei giorni, si era totalmente rasato.
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