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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.08.2016 Macelleria islamica: scontro finale ad Aleppo
Analisi di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 agosto 2016
Pagina: 17
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Barili bomba e orti sui tetti: ad Aleppo la battaglia finale tra Assad e gli estremisti»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/08/2016, a pag. 17, con il titolo "Barili bomba e orti sui tetti: ad Aleppo la battaglia finale tra Assad e gli estremisti", l'analisi di Davide Frattini.

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Davide Frattini

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Aleppo

Le ruote delle auto bruciate sono la versione artigianale di quella «no-fly zone» (promessa e mai mantenuta) dalle potenze internazionali. Stratagemmi casalinghi in una città dove le case sono ormai macerie e dove il senso dell’umorismo resiste come i suoi abitanti: il fumo nero degli pneumatici intossica e fa tossire, di certo inquina. Così un siriano si è scusato con gli ambientalisti globali: «Sappiamo di contribuire al buco dell’ozono ma è l’unico modo per provare a proteggerci», spiega in un video diffuso via Internet. La cortina scura dovrebbe accecare i piloti del regime, che però già colpiscono alla cieca: i «barili bomba», riempiti di tritolo e pezzi di metallo, cadono dagli elicotteri senza precisione perché l’obiettivo è distruggere più che colpire il nemico. Bashar Assad vuole riconquistare Aleppo anche se dovesse svuotarla dei suoi abitanti, perlomeno quelli che gli si oppongono, i 250 mila rimasti nella parte orientale della città. Solo le zone che le truppe del clan al potere hanno cercato di circondare in queste settimane, l’esercito — appoggiato dai jet russi, coordinato dai comandanti iraniani e sostenuto dai miliziani dell’Hezbollah libanese — ha tagliato in due la strada Castello, la via di rifornimento per i civili e gli insorti.

Assad considera la conquista di tutta Aleppo — prima della guerra era la città più grande del Paese e il suo centro economico — la chiave per vincere. I gruppi che gli si oppongono la pensano allo stesso modo: l’offensiva del governo di Damasco ha richiamato migliaia di combattenti che sono riusciti a rompere l’accerchiamento. Per ora la situazione sembra essere tornata allo stallo degli ultimi mesi, la metropoli devastata e divisa. A rischiare l’isolamento è adesso l’area occidentale sotto il controllo del regime. Gli assedi medievali sono riapparsi in questo conflitto che va avanti da oltre cinque anni, i morti sarebbero 300 mila, le Nazioni Unite hanno smesso di contarli. La fame come arma di guerra: il 24 luglio i jet del governo hanno colpito il deposito con le razioni di cibo delle Nazioni Unite, 10 mila sono andate distrutte. La gente di Aleppo ha trasformato i tetti delle case in piccoli orti perché ha capito di non poter dipendere da quello che i ribelli riescono a trafugare.

I villaggi attorno a Damasco reggono alla carestia causata e pilotata dagli uomini grazie alle campagne attorno, ad Aleppo non sarebbe possibile, non è città di contadini: incrocio di commerci ha vissuto e prosperato per millenni con i prodotti che arrivavano da fuori. Una settimana fa è scaduto il termine che le Nazioni Unite avevano dato al piano per pacificare il Paese. A tappe: l’accesso per gli aiuti umanitari in tutte le province, il cessate il fuoco, la fase di transizione politica che dovrebbe portare a un nuovo governo. La tregua non ha mai veramente retto, gli altri passaggi non sono mai stati neppure impostati. Nella battaglia per la città l’avanguardia dei ribelli è guidata da Fatah al Sham, il gruppo che rappresenta l’incarnazione di Jabat al Nusra: i capi hanno dato un nuovo nome alla fazione e hanno rescisso l’alleanza con Al Qaeda. «L’influenza crescente degli estremisti — scrive in un editoriale il giornale britannico Guardian — rischia di compromettere l’immagine dell’opposizione. Ma non bisogna dimenticare che tra i rivoluzionari anti Assad ci sono migliaia di civili.

La crescita dei fondamentalisti è una cattiva notizia soprattutto per loro». Jabat al Nusra ha cambiato insegna per evitare di venir bersagliato dai jet americani. Washington colpisce quella che considera un’organizzazione terroristica e aiuta altre formazioni ribelli. Non abbastanza per contrastare l’avanzata del regime e il ruolo centrale conquistato dai russi in Siria. La Cia — secondo una ricostruzione del quotidiano New York Times — ha ridotto i rifornimenti di armi ai gruppi che sostiene proprio nell’imminenza dell’offensiva lealista su Aleppo. Rafforzando la convinzione nei siriani che si oppongono al regime di essere stati abbandonati.

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