Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/08/2016, a pag. 13, con il titolo "Ma non finiremo militarizzati come nelle città americane: essere disarmati è un valore", l'intervista di Maria Serena Natale a Tim Parks.
Il titolo "Ma non finiremo militarizzati come nelle città americane: essere disarmati è un valore" riflette il contenuto dell'intervista. E' un modo, quello di Tim Parks, per chiudere gli occhi di fronte alla realtà, preferendo affondare la testa sotto la sabbia. Sono anni che Tim Parks vive in Italia, come prima non ne imbroccava mai una sulla Gran Bretagna - e continua ancora- idem sull'Italia. Eppure continuano a intervistarlo, come se fosse un 'esperto'.
Essere disarmati è un valore? Basta il buon senso per capire che non può valere in ogni circostanza, e in particolare non può valere quando si è sotto attacco. Come oggi.
Ecco l'intervista:
Maria Serena Natale
Tim Parks
«In tutta Europa si cerca di capire come convivere con questa forma di esaltazione estrema. Il grande errore, che finora il Regno Unito ha evitato a differenza della Francia di Hollande, è concedere agli aggressori lo statuto di nemico di guerra. Un approccio che può sembrare in contrasto con la scelta di armare la polizia, ma in realtà il piano di Scotland Yard prevede uno schieramento limitato e mirato, non una militarizzazione totale». Tim Parks è un inglese italianizzato. Scrittore e docente a Milano, ricorda l’arrivo nel 1981 a Verona e «il turbamento di fronte a quel massiccio dispiegamento di uomini armati nelle strade, era l’epoca del sequestro brigatista del generale americano Dozier, il comandante della Nato nel Sud Europa... Impressionante, come impressionano oggi le pattuglie vicino al Duomo».
Anche il Regno Unito ha vissuto una stagione di terrorismo lunga e sanguinosa… «Che per vittime e violenza fu ancora più terribile di questa. Persino negli anni Settanta e Ottanta della lotta all’Ira i terroristi sono sempre stati presentati come un’organizzazione criminale, non un esercito» .
Neppure allora la Metropolitan Police cambiò approccio alla tutela dell’ordine pubblico. Solo negli ultimi anni i «Bobbies», come sono chiamati i poliziotti britannici dalla riforma pre-vittoriana voluta da Robert Peel, hanno cominciato a portare più armi, come i taser non letali. «E anche oggi, se si proponesse di armare tutte le forze di polizia, gli inglesi si opporrebbero. Ci sono caratteristiche culturali radicate che non cambiano in tempi brevi, tradizioni e abitudini alle quali non si rinuncia facilmente. Per i britannici non essere armati è un valore».
Cosa c’è dietro quest’idea «protettiva» dell’agente di polizia come figura non offensiva ma alleata nella difesa della sicurezza, totalmente al servizio del cittadino? «Credo che si tratti in sostanza di pragmatismo, della consapevolezza che armarsi in modo eccessivo non serva poiché, anche se l’impegno per garantire la sicurezza va potenziato in circostanze straordinarie, le forze dell’ordine hanno gli strumenti per fare il loro lavoro. D’altronde, con le dovute differenze, basta l’esempio degli Stati Uniti a dimostrare che non è aumentando la quantità di armi in circolazione che si diminuisce il livello di pericolo».
Nella svolta di Scotland Yard c’è anche un aspetto simbolico molto forte: portare nelle strade uomini tanto armati e a volto coperto significa tradurre lo sforzo del governo in una presenza immediatamente visibile. «È la risposta a un bisogno generale di rassicurazione, che non va legata direttamente al cambio di squadra a Downing Street. Prima di diventare premier, Theresa May era ministro dell’Interno: dal punto di vista della sicurezza la linea di Londra è di completa continuità».
Come si evita di trasformare l’aggressore occasionale in nemico di guerra nella percezione collettiva? «Non diffondendone l’identità e l’immagine, non presentandolo come un soldato con una strategia, non trasformandolo in icona».
Tra le misure eccezionali adottate via via in Europa per rispondere alla minaccia del terrorismo globale, quali sono destinate a incidere in maniera più profonda e duratura? «A livello culturale, trovo che una svolta ancora più invasiva del rafforzamento della polizia sia rappresentata dall’attacco sistematico alla privacy del cittadino. In Gran Bretagna ci sono ormai telecamere di sorveglianza ovunque. Una mentalità sempre più diffusa. Controllo totale».
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