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Il Foglio Rassegna Stampa
04.08.2016 Washington paga gli ayatollah, ma non basta mai
Sempre più veloce la corsa al nucleare dell'Iran

Testata: Il Foglio
Data: 04 agosto 2016
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il danno e la beffa dell'Iran»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/08/2016, a pag. 3, l'editoriale "Il danno e la beffa dell'Iran".

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All’interno dei negoziati per il deal nucleare che l’occidente ha stipulato con l’Iran l’anno scorso, una trattativa parallela aveva previsto la restituzione alla Repubblica islamica di 1,7 miliardi di dollari risalenti a un debito americano contratto ai tempi remoti dello Scià. In uno scoop importante, ieri il Wall Street Journal ha scoperto che la prima tranche di questo debito, 400 milioni di dollari, in contanti e in valuta straniera e caricati su dei pallet da magazzino, è stata recapitata per via aerea a Teheran lo scorso gennaio. Peccato però, nota il Wsj, che questo debito che l’America ha atteso trentasette anni a saldare (risale al 1979) sia stato ripagato negli stessi esatti giorni di gennaio in cui l’Iran rilasciava quattro prigionieri americani tenuti in ostaggio, tra cui il giornalista del Washington Post Jason Rezaian.

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La correlazione non è una prova, ma il tempismo è straordinario: i 400 milioni, più che il pagamento di un vecchio debito, potrebbero essere il riscatto per i quattro ostaggi – o meglio: i quattro ostaggi sarebbero stati inseriti tra le clausole del pagamento del debito, versione che non alleggerisce le colpe dell’Amministrazione americana, e che mostra, se ce ne fosse bisogno, che dai test di missili balistici all’imprigionamento pretestuoso di ostaggi americani il deal iraniano continua a mostrare falle e clausole nefaste anche dopo un anno dalla sua firma. Di queste falle l’Iran continua ad approfittare, beffando contemporaneamente gli americani: giusto lunedì la Guida suprema Khamenei ha detto che il deal nucleare, da lui stesso sostenuto tiepidamente al momento della firma, è la prova che degli americani “non ci si può fidare”. Dovremmo essere noi a dirlo degli ayatollah, ma da Washington tutto come sempre tace.

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