Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/08/2016, a pag. 6, con il titolo "Servono leggi più efficaci per condannarli", l'intervista di Fabrizio Caccia a Stefano Dambruoso; da LIBERO, con il titolo "Preso un siriano, indagati tre imam", la cronaca di Cristiana Lodi.
Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Fabrizio Caccia : "Servono leggi più efficaci per condannarli"
I terroristi islamici non vanno mantenuti a spese dei cittadini italiani, ma rimandati nei Paesi di origine. Che avranno cura di loro, islamici i carcerieri, islamici i carcerati.
Ecco l'articolo:
Stefano Dambruoso
Stefano Dambruoso, 54 anni, oggi deputato (Sc) e Questore della Camera, cominciò ad occuparsi di terrorismo internazionale già 20 anni fa quando era alla Procura di Milano. Ex consulente dell’Onu, fu indicato dopo l’11 settembre dalla rivista Time come uno degli «eroi moderni» nella lotta contro Al Qaeda.
Aftab Farooq, il pachistano espulso l’altroieri, aveva giurato fedeltà al califfo e voleva far esplodere l’aeroporto di Orio. Non sarebbe stato meglio arrestarlo? «Il problema è che se tu lo arresti e poi non ci sono elementi di prova per fargli il processo e ottenerne la condanna, poi che succede? Torna in libertà. Ma non lo puoi mica perdere di vista, lo devi continuare a monitorare. Non è facile. Avete presente Rouen?».
Uno dei due assassini di padre Jacques era stato recluso 10 mesi poi gli avevano applicato il braccialetto elettronico. «E abbiamo visto com’è finita».
Invece il siriano Mahmoud Jrad ieri è stato arrestato. «Evidentemente chi indaga ritiene in questo caso di aver acquisito elementi sufficienti per arrivare a farlo condannare in giudizio fino a 6-7 anni di carcere. E la condanna è sempre meglio di un’espulsione. Il problema serio della Francia, invece, è che loro hanno almeno 300-400 soggetti pericolosi ma non arrestabili per mancanza di indizi gravi».
Li potrebbero espellere. «No, perché quei ragazzi perlopiù di origine maghrebina ormai sono francesi! È un problema che avremo anche noi tra 20 anni, perché i flussi continueranno e la legge che oggi non è ancora definitiva consentirà agli immigrati — com’è giusto — di acquisire la cittadinanza più velocemente. Avremo perciò una comunità di origine arabo-musulmana, fatta di seconde generazioni, molto più estesa di oggi. E saranno tutti italiani».
Quali sono allora i rimedi? «Se non la pensi come Sarkozy che vuole creare una Guantanamo europea per mettervi tutti i sospetti, e credi invece che l’Italia sia ancora la culla del diritto, allora puoi fare come abbiamo fatto noi nel 2015 dopo Charlie Hebdo : creare cioè dei reati, come l’auto reclutamento nell’Isis, che anticipano la soglia di punibilità. Perciò io ti posso condannare anche se tu ti sei arruolato e addestrato per la jihad standotene a casa davanti a Internet».
Basterà? «No, infatti c’è una legge in commissione Affari costituzionali, di cui sono primo firmatario con il collega Manciulli del Pd, che mira dritto alla deradicalizzazione. Con programmi nelle scuole, nelle carceri e sul web, proprio per evitare la ghettizzazione che c’è stata in Francia negli ultimi 50 anni, con l’esplosione finale delle banlieue».
LIBERO - Cristiana Lodi: "Preso un siriano, indagati tre imam", la cronaca di Cristiana Lodi.
Mahmoud Jrad
Il suo nome non figura fra i 110 foreign fighters che hanno avuto a che fare con l'Italia, però da Varese dove risiede, voleva tomare al suo paese (la Siria) per combattere in nome dell'Isis. E come non bastasse Mahmoud Jrad, 23 anni, era pronto anche a farsi saltare in aria pur di liberare il suo paese dal regime di Assad. Nonostante i rimproveri e le botte del padre, nonostante i mille divieti della sua famiglia, lui era pronto a partire e a unirsi alle fila di Jabat al Nusra: il gruppo estremista islamico di origine quaedista, lo stesso ad avere rapito Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le cooperanti liberate a gennaio 2015.
La procura distrettuale antiterrorismo di Genova, lo ha così arrestato per terrorismo e contestualmente ha indagato altre sei persone: il fratello piu giovane del siriano Mahmoud Jrad, tre imam (un albanese e due marocchini) e due marocchini che frequentavano le moschee salafite. Associazione e arruolamento con finalità di terrorismo, l'accusa contestata. Gli uomini della Digos, coordinati dal pm Federico Manotti, lo hanno intercettato mentre si informava sui costi del traghetto e dell'assicurazione per la macchina. I due fratelli avevano già ottenuto il visto per la Turchia. Erano già in partenza per Ancona, da lì era già pronto l'imbarco per la Grecia, poi via verso la Turchia e infine la Siria. Mahmoud è un uomo combattuto, sradicato dal suo paese e che tende a rifugiarsi nell'integralismo più ostinato.
É il 2012 quando arriva a Varese per ricongiungersi con la famiglia: padre, madre e sette fratelli. Ma non riesce a integrarsi completamente e si avvicina sempre più ai salafiti che, secondo gli inquirenti, lo indirizzano proprio a Genova. Prima parte per la Siria nel 2015, poi toma e comincia a viaggiare verso la Liguria dove instaura legami e trova complicità: incontra tre imam più che radicalizzati. In particolare l'albanese che predica nel centro storico. Frequenta la moschea dove aveva pregato anche Giuliano Delnevo, il ragazzo genovese morto in Siria nel 2013. Di Delnevo parla al telefono come un esempio da seguire, quasi un eroe. A Genova dorme negli appartamenti sopra i luoghi di culto, ospitato dal circuito salafita.
Adesso l'imam di Genova, Hussain Salah, condanna l'episodio di radicalizzazione. Anche il padre di Mahmoud nega che il figlio potesse essere un estremista: «Mio figlio voleva solo incontrare la moglie in Siria» dice «lei non ha ancora i documenti per venire in Italia e lui voleva vederla». Però la famiglia prova a mettergli al fianco il fratello più giovane: una specie di angelo custode che in realtà non riuscirà a impedire a Mahmoud puntare verso l'obiettivo.
É l'imam albanese il perno dell'inchiesta: lui, sospettano gli inquirenti, indirizza i giovani verso i contatti giusti in Siria delle truppe antiregime. Sempre lui, viene contattato anche dai tre libici arrestati nel porto genovese mentre sbarcano da un traghetto proveniente dalla Tunisia. Hanno documenti di dubbia provenienza e foto sui telefoni di sentenze egiziane contro tre terroristi. Poi tante foto di bimbi armati. Per i magistrati di Genova bastra e avanza per firmare l'arresto: «Un segnale importante della presenza delle forze dell'ordine che tengono sotto controllo soggetti potenzialmente pericolosi», commenta la Procura. Mentre il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, toma a ripetere che in Italia «le norme antiterrorismo funzionano».
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
Corriere della Sera 02/62821
Libero 02/999666
Oppure cliccare sulla e-mail sottostante