Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 16/07/2016, a pag. 17, con il titolo "La paura, Grossman: 'Le democrazie europee perderanno l'innocenza' ", l'intervista di Fabio Scuto a David Grossman; con il titolo "Imparerete a convivere con la minaccia come noi israeliani", il commento di Assaf Gavron.
Ancora una volta la scelta unilaterale di Repubblica è dare spazio a voci critiche contro Netanyahu. Grossman e Gavron hanno ben presente il pericolo del terrorismo islamico, ma preferiscono soffermarsi quasi soltanto sul rischio di una virata a destra dell'Europa anziché sul terrorismo stesso.
Ecco gli articoli:
Fabio Scuto: "La paura, Grossman: 'Le democrazie europee perderanno l'innocenza' "
Fabio Scuto
David Grossman
«Il “lupo solitario” adesso si aggira per le strade delle città europee e questo avvierà una serie di azioni che sono destinate a ferire la democrazia, ad andare verso leggi straordinarie che limiteranno la libertà personale del cittadino. Le democrazie europee perderanno presto la loro innocenza». Lo scrittore israeliano David Grossman prova a tracciare un percorso per convivere con il terrorismo, con cui Israele si confronta da molti anni. «Vivere col terrorismo dimostra ancora una volta a che punto la natura umana sia flessibile, fino a che punto impariamo ad adattarci alla dittatura della paura».
Le leggi speciali mettono nelle mani degli apparati dello Stato un potere che potrebbe essere usato in maniera molto discrezionale… «Per la sua cecità nel colpire gli innocenti, il terrorismo ha una forza immensa, in grado di paralizzare una società civile e rafforzare gli stereotipi razzisti. E’ prevedibile che tanto più una società è esposta al terrorismo, tanto più le forze nazionalistiche e razziste diventino più potenti. Vedremo nel prossimo futuro sempre più governi di destra: questo provocherà un’azione sempre più dura degli stessi governi e questo spingerà queste minoranze verso una ulteriore radicalizzazione».
E’ un quadro molto nero… «Questo atteggiamento verso le minoranze metterà in dubbio la loro identificazione nazionale e saranno sempre più numerosi quelli che troveranno nella religione un mezzo per esprimere la propria identità. Purtroppo alcuni Paesi europei conosceranno presto la forza distruttrice del terrorismo».
Come uscire da questo circolo vizioso? «Ci sono mezzi per indebolire il terrorismo. Prima di tutto bisogna combatterlo militarmente nei luoghi di origine. Poi è necessario aumentare l’allerta, sia della popolazione sia delle forze dell’ordine. Alla fine, però, il modo di minare anche se molto lentamente le fondamenta del terrorismo è per forza il cambiamento nel modo di rapportarsi della maggioranza nei confronti delle minoranze. Deve esserci un cambiamento di quelle condizioni che oggi conferiscono un’attrazione così grande al terrorismo fra le minoranze musulmane europee».
Quindi i paesi europei dovranno adottare queste misure di emergenza, anche se è già chiaro che i musulmani ne saranno gli obiettivi principali? «Al momento in cui la paura del terrorismo viene formulata, inizia una catena di azioni che ferisce la democrazia. Tuttavia ci sono situazioni di emergenza, che di fatto sono situazioni di guerra, in cui la democrazia deve difendersi, soprattutto perché ci sono forze che vogliono distruggerla. Questi mezzi devono essere scelti con estrema cura e devono essere usati con prudenza ed andando “al risparmio”, e al termine della campagna contro il terrorismo, bisogna immediatamente sospenderli».
I francesi però non hanno la più pallida idea di che cosa significhi avere limitazioni delle libertà personali. «Il pericolo è che i governi che hanno usato decreti di emergenza per combattere il terrorismo, siano poi restii ad rinunciarvi e continuino a controllare o addirittura a spiare, i propri cittadini. D’altra parte, il modo in cui i francesi hanno rifiutato di misurarsi con la realtà e con il fatto che devono combattere la guerra contro il terrorismo sul loro territorio nazionale è un approccio molto pericoloso, che non corrisponde più alla realtà dei fatti».
C’è anche un’Europa islamica. Milioni di musulmani che vivono la loro fede in maniera meno complessa e certamente non violenta: che fare con loro? «E’ interesse anche dei musulmani moderati che il dito accusatore sia rivolto verso gli estremisti islamici e questo è anche il compito della leadership della comunità musulmane in Europa, condannare ed operare contro ogni manifestazione di estremismo nelle loro comunità in maniera aperta e chiara».
Assaf Gavron: "Imparerete a convivere con la minaccia come noi israeliani"
Assaf Gavron
È VERO, in Israele abbiamo una grande esperienza nel convivere con il terrorismo. Il primo attacco terroristico che io ricordi fu quando avevo nove anni: un mio compagno di scuola, più grande di me, fu una delle 35 vittime di un attacco dell’Olp a un autobus sulla strada costiera a nord di Tel Aviv. Da allora, il terrorismo ha rappresentato una costante nella mia vita che ha raggiunto il suo picco durante la seconda Intifada del 2000-2004, quando le bombe suicide erano quotidiane. Ma questo non è un articolo su cosa fare o non fare, dove andare o dove non andare, sulle precauzioni da prendere per evitare attacchi terroristici. Non credo che ci sia una ricetta.
La probabilità di trovarsi sulla scena di un attacco terroristico è ridicolamente bassa, di gran lunga inferiore alla possibilità di rimanere coinvolti in un incidente stradale. Non avete mai rinunciato ad andare in un ristorante per il pericolo che qualcuno possa investirvi mentre attraversate la strada, giusto? Quindi, non cambiate i vostri programmi per paura del terrorismo. Non è neanche un articolo con dei suggerimenti su come fermare il terrorismo da un punto di vista militare. Ci sono esperti per questo. Voglio invece scrivere su cosa, un periodo come questo, possa produrre in una società e dove possa portarla nei prossimi anni; su quali siano i pericoli in senso sociale e politico; su come questi pericoli possano colpire le nostre comunità e su come possiamo tentare di evitarli. Non si può negare che il terrorismo crei paura. È quello che vuole.
I terroristi cercano di terrorizzare una società. La paura si trasforma in odio, rivolto contro l’intero segmento di società da cui i terroristi provengono. Questo odio è poi manipolato da politici estremisti, che diventano popolari grazie alle loro promesse di “misure durissime” contro i terroristi e i loro sostenitori. Questi politici vengono eletti, ma le loro dure misure non risolvono il problema, al contrario. Questo è quello che è successo in Israele dopo la seconda Intifada: la paura si è trasformata in odio verso gli arabi e in voti a favore di governi di destra che hanno reso più dure le rappresaglie contro i palestinesi, che a loro volta hanno sperimentato più dolore e questo ha suscitato più odio, creando ancora più violenza. E così, il ciclo continua.
Che cosa possono fare gli europei? Credo che la cosa più importante sia essere capaci di vedere nei terroristi dei singoli estremisti. Anche se appartengono a un gruppo più grande - etnico (“arabi”), religioso (“musulmani”), nazionale (“tunisini”) – questo non significa che tutti gli arabi, tutti i musulmani, tutti i tunisini siano terroristi o nemici. La stragrande maggioranza delle persone appartenenti a queste comunità vuole solo vivere la propria vita in pace. La conclusione, dunque, è molto semplice: denunciare quei pochi che seminano il terrore e lasciar fare il proprio lavoro alle forze di sicurezza che li perseguono; abbracciare la grande maggioranza delle loro comunità. E andare in quel ristorante, in qualsiasi modo pensiate di andarci. Al 99,99% ci arriverete e tornerete a casa sani e salvi.
(traduzione di Luis E. Moriones)
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