Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/07/2016, a pag. 11, con il titolo "I grillini sottovalutano il rischio del terrorismo", l'intervista di Gabriele Isman a Noemi Di Segni, Presidente UCEI; dalla STAMPA, a pag. 5, con il titolo "I Cinque stelle devono fare ancora tanti passi avanti", l'intervista di Francesca Paci a Ruth Dureghello, Presidente della Comunità ebraica di Roma.
Capiamo come le opinioni dei presidenti debbano essere caute e bilanciate. Vogliamo aggiungere però due parole alla definizione di Israele di Ruth Dureghello, per cui il nostro con Israele è un "legame sentimentale". Per noi il legame è non solo sentimentale, ma anche storico e politico.
Ecco le interviste:
LA REPUBBLICA - Gabriele Isman: "I grillini sottovalutano il rischio del terrorismo' "
Gabriele Isman
Noemi Di Segni
«Cosa dovrebbe stare alla base di un eventuale riconoscimento dello Stato palestinese da parte del governo italiano? Innanzitutto un riconoscimento al pieno diritto di esistere in sicurezza per Israele da parte della Palestina. Occorrerebbe una scelta esplicita e fattuale. Ma mi pare molto difficile che un governo europeo possa compiere un simile passo autonomamente».
Noemi Di Segni - 47 anni, commercialista nata a Gerusalemme ma romana d’adozione - da una settimana è la nuova presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, dopo essere stata assessore al Bilancio nella giunta precedente guidata da Renzo Gattegna. Di Segni - nessuna parentela con l’omonimo rabbino capo della Capitale - non si sottrae a una valutazione sulle posizioni assunte dai grillini nel viaggio in Israele, sulla volontà di riconoscere lo Stato della Palestina ribadita sabato da Luigi Di Maio.
Presidente, perché quelle parole non la convincono? «Ragioniamo su quanto accade in questi mesi in Europa e negli stessi Territori: il gruppo palestinese è formalmente riconosciuto come terroristico. Il nostro cuore piange le morti di chiunque, anche quelle di Israele. Ma cercando di dare un segnale di stimolo a chi porta avanti le politiche di integrazione europee – tema difficile di questi tempi – ragioniamo su chi si invita e sui valori portati dagli invitati».
Cosa teme, presidente? «In Europa si è vissuto per decenni in serenità, ma sappiamo quanto terrorismo c’è e quanto è pericoloso. Dobbiamo riconoscere il problema prima delle soluzioni, e temo che nelle parole dei 5 Stelle vi sia una sottovalutazione del rischio terrorismo. La questione è italiana, non solo di quel Movimento: c’è un disagio nel riconoscere il problema. Noi possiamo essere d’aiuto nella soluzione, ma è arrivato il momento per la società italiana di maturare questa consapevolezza. Si può scegliere la strada della sicurezza oppure si può scegliere di riconoscere soggetti deboli se tolti da quella violenza che li circonda. I palestinesi starebbero meglio con una guida diversa da quella attuale».
Per lei la soluzione del conflitto israelo-palestinese può essere nella formula dei due popoli, due Stati? «È questa la strada verso cui si sta andando. Anche da parte del governo israeliano c’è stata un’apertura in questo senso, ma il presupposto è il riconoscimento reciproco del diritto all’esistenza in sicurezza. La Carta nazionale palestinese non è una Costituzione matura, ma il grido di chi cerca un’affermazione politica».
I 5 Stelle prima ancora di conquistare il Campidoglio avevano messo in discussione le intese tra Acea e l’azienda israeliana Mekorot. Ora ribadiscono: “Non facciamo accordi sui prodotti che vengono dalle colonie israeliane dei Territori”. «Mekorot è una società a partecipazione statale molto importante, affidataria della gestione delle fonti idriche in Israele. Tutta la geografia della regione poggia su queste limitatissime risorse. Temo che quella dei 5 Stelle sia una presa di posizione politica aprioristica, senza conoscere la topografia e la tecnologia. Beneficiamo tutti del credito tecnologico anziché etichettarlo politicamente. Poi colpisce che si metta in discussione un’intesa tra Acea, che ha problemi di dispersione dell’acqua, e Mekorot, specializzata nel valorizzare ogni goccia della risorsa».
Il viaggio dei 5 Stelle era stato organizzato con la collaborazione dell’ambasciata israeliana ma ha evidenziato comunque tensioni tra il movimento e il governo ospitante. «Al di là delle parole sono certa che le percezioni di chi ha visto Israele con i propri occhi abbiano fatto palpitare il cuore in vari momenti. Questo viaggio li aiuterà a usare parole e terminologie diverse. Ci vuole tempo per maturare. Oggi poi devono andare alla Knesset di Gerusalemme: anche questo li aiuterà a capire meglio e a ricalicalibrare i giudizi. O almeno me lo auguro».
LA STAMPA - Francesca Paci: "I Cinque stelle devono fare ancora tanti passi avanti"
Francesca Paci
«Doveva essere una paciosa domenica coi bimbi» scherza il presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Invece fioccano le telefonate per commentare le notizie che giungono da Israele.
I parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno protestato per non aver avuto il permesso di entrare a Gaza. Si aspettava questo seguito alla prima visita ufficiale dei pentastellati in Israele?
«La visita non è finita e si può sempre migliorare ma finora ci sono state delle dichiarazioni un po’ contraddittorie, prime il sostegno alla soluzione due popoli per due Stati, poi la condanna della violenza di Hamas e ora Gaza. Se Israele, che è il massimo esperto mondiale di anti terrorismo, chiede delle autorizzazioni speciali per Gaza lo fa per la sicurezza dei parlamentari. Ma comunque, più di ogni altra cosa mi inquieta la dichiarazione unilaterale dei 5 Stelle sullo Stato di Palestina».
Cosa la inquieta? Di Maio ha parlato dei confini del ’67, quelli a cui rimanda la soluzione due popoli per due Stati.
«I rappresentanti di 5 Stelle pongono il tema in modo un po’ superficiale, senza specificare di quale Stato palestinese parlano. Intendono uno Stato governato da quello stesso Hamas di cui hanno condannato la violenza? Quello dell’Autorità Nazionale Palestinese che non perde giorno per mostrarsi ambigua e violenta? Uno Stato teocratico sul modello dell’Iran?».
Che impressione ha, per il momento, di questa visita del Movimento 5 Stelle?
«Ho guardato e guardo con attenzione al fatto che si tratta di una visita in Israele per la quale si è impegnata anche l’ambasciata. So che quello del M5S è un popolo variegato e con tante anime. Ma, posto che la visita non è finita, mi pare che si debbano ancora fare parecchi passi avanti nella conoscenza della realtà israeliana. Non dico che sono rimasta male, ma mi sarei aspettata una maggiore consapevolezza e più lungimiranza dopo quanto negli ultimi mesi si è parlato di Israele a proposito del contro-terrorismo».
Come Comunità ebraica romana avete incontrato la neo-eletta Virginia Raggi?
«Ovviamente sì, è la nostra interfaccia. La Raggi è all’inizio del suo percorso da sindaco e non abbiamo ancora avuto modo di affrontare le tematiche legate ad Israele e anche a lei abbiamo ribadito il legame sentimentale che ci lega a quella terra. Altra cosa è la visita di parlamentari e del vice presidente della Camera».
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