Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/07/2016, a pag. 17, con il titolo "Israele e le accuse a Facebook: legge per fermare i post d'odio", l'analisi di Davide Frattini.
Davide Frattini
Una pagina di Facebook incita al terrorismo e alla distruzione di Israele
«Hai le mani sporche di sangue» è la formula che qualunque politico israeliano usa per squalificare un avversario. L’accusa è di complicità con il nemico, con i molti da cui lo Stato ebraico si sente circondato. Che anche quelle di Mark Zuckerberg siano ormai macchiate è diventata una convinzione nel governo, una convinzione che si sta trasformando in legge. Il primo ad attaccare è stato Gilad Erdan, ministro per la Sicurezza Interna: «Facebook è diventato un mostro.
L’incitamento alla violenza, l’odio, le bugie che nutrono i giovani palestinesi sono diffuse dalla piattaforma digitale», ha commentato durante un’intervista televisiva. E quando pochi giorni fa sono stati uccisi una ragazzina di 13 anni (nella colonia di Kiryat Arba) e un rabbino (sulle strade della Cisgiordania) i portavoce della coalizione di destra al potere hanno messo in evidenza dove gli assassini avessero lasciato gli ultimi messaggi. «La morte è un diritto e io ho il diritto di morire», scrive su Facebook il giovane palestinese che ha accoltellato l’adolescente israeliana. La sorella è stata arrestata per averne esaltato il «martirio» in un video postato sempre su Facebook.
Mark Zuckerberg
Così Erdan e Ayelet Shaked, ministra della Giustizia, propongono una legge che permetta di intervenire in poche ore per bloccare il materiale che incita al razzismo, agli attentati, minaccia la sicurezza dello Stato o quella individuale. Promettono di definire le regole per evitare che la libertà di espressione sia limitata. Erdan ha cercato di dialogare con i manager della società. In questi mesi ha incontrato Simon Milner, direttore delle strategie per la Gran Bretagna, il Nord Africa e il Medio Oriente, che aveva garantito di essere pronto ad allestire una squadra pronta a rispondere alle denunce. Alla fine Facebook — rivela la rivista digitale Al Monitor — ha usato i soldi di quell’investimento per assumere una lobbista che faccia pressioni sul governo per bloccare la legge.
«Lavoriamo regolarmente con organizzazioni che si occupano di sicurezza e policy-maker di tutto il mondo, Israele compreso — replicano i portavoce di Facebook —. Non c’è spazio per contenuti che promuovono la violenza, minacce, terrorismo o odio sulla nostra piattaforma. Abbiamo stabilito degli standard pensati per aiutare le persone a capire che cosa sia concesso e invitiamo gli utenti a segnalare quando ritengono che un contenuto violi queste regole, in modo da poter esaminare ciascun caso segnalato e agire prontamente».
Anche la sinistra israeliana ormai considera Facebook un pericolo. È all’invenzione di Zuckerberg che il rapper The Shadow deve la popolarità e la sua capacità di aizzare le squadracce contro i pacifisti o chiunque — «traditore» per The Shadow — sia convinto di poter arrivare a un accordo con i palestinesi. Il quotidiano liberal Haaretz ha espresso le critiche in un editoriale: «La folla di Facebook sostiene idee e leader politici infettati dalla stupidità e dalla distruttività: da Donald Trump allo Stato Islamico. La piattaforma ha indebolito così tanto i media tradizionali da minacciare di imporre un ordine mondiale razzista, separatista, tribale, militante e fondamentalista».
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