Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/05/2016, a pag. 1-24, con il titolo "Il centralismo referendario dell'Anpi", l'analisi di Gian Antonio Stella.
Apparentemente questo articolo sul diktat imposto dall'Anpi ai propri membri non ci riguarda. In realtà Gian Antonio Stella chiarisce una volta per tutte la struttura verticistica e chiusa dell'Anpi, più simile strutturalmente al modello di partito unico della Russia sovietica che a un'associazione basata su regole democratiche.
L'Anpi, inoltre, ammette da anni ai cortei per il 25 aprile, che organizza, la partecipazione di coloro che furono alleati di Hitler e oggi sventolano bandiere della Palestina e di gruppi terroristici come Hamas, Hezbollah, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. L'Anpi, al contempo, non garantisce la sicurezza di coloro che ricordano l'azione della Brigata ebraica per la liberazione, quella vera, dell'Italia dal nazifascismo.
Complimenti a Gian Antonio Stella per un pezzo chiaro e coraggioso.
Ecco l'articolo:
Gian Antonio Stella
Tra i partigiani ci son «pidocchi sulla criniera di un cavallo»? L’insulto togliattiano contro Valdo Magnani e Aldo Cucchi, rei d’aver criticato nel ‘51 i rapporti con l’Urss, non è stato ancora usato. Ma i toni dei vertici dell’Anpi sono sempre più duri e minacciosi contro chi, in nome della libertà di coscienza, rifiuta di schierare l’associazione contro le riforme costituzionali. Tanto che i ribelli si sentono sul collo la «ghigliottina giacobina». Tutto inizia a febbraio quando il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, manda una lettera ai responsabili regionali, provinciali e locali. S piega che l’associazione ha deciso di schierarsi per il «No alla riforma del Senato e al Sì sui quesiti referendari». E chi per caso non è d’accordo? «Riconosciamo non solo il diritto di pensarla diversamente, ma anche quello di non impegnarsi in una battaglia in cui non si crede. Ma non riconosciamo e non possiamo riconoscere il diritto a compiere atti contrari alle decisioni assunte». Dunque «niente pronunce pubbliche per il Sì, niente iniziative a favore o con i Comitati per il Sì e nessun ostacolo, esplicito o implicito, alla nostra azione».
Fila compatta! Avanti, marsch! Macché: i partigiani di Bolzano non ci stanno e a fine febbraio scelgono all’unanimità di «non obbedire al diktat»: libertà di opinione, senza schierare l’Anpi in una battaglia dai risvolti partitici. Di più: al congresso di Rimini di pochi giorni fa il presidente altoatesino Orfeo Donatini, difendendo Giorgio Napolitano vittima di «inaccettabili attacchi» per il Sì alle riforme, sbotta: «Nemmeno il centralismo democratico ai tempi del Pci di Giancarlo Pajetta mi ha mai ordinato di allinearmi con tanto rigore». Tesi: l’Anpi deve stare «al di sopra della mera contesa politica». Reazione? Il deferimento ai probiviri di Donatini e dei presidenti di Trento Sandro Schmid e Ravenna Ivano Artioli rei di condividere la sua linea. Deferimento accolto con parole che tirano in ballo il Pci dei tempi bui: «Smuraglia ricorda più i metodi di Secchia che gli insegnamenti di Berlinguer». Centralismo referendario. C’è chi dirà: beghe interne, bottega loro. Sarà… Sulle riforme si possono avere opinioni diverse. Anche molto diverse. E il «Corriere» ha dato spazio a tutte, comprese le più ostili. Assolutamente legittime. Mette malinconia, però, vedere l’associazione dei partigiani, figlia di una Resistenza che fu plurale, imporre ai suoi la falange compatta…
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