Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/05/2016, a pag. 45, con il titolo "Nancy Spielberg, film-verità sui piloti eroi d'Israele", la recensione di Paolo Conti.
Nancy Spielberg Paolo Conti
La locandina
Oggi, 12 maggio, la tv israeliana ha deciso di festeggiare il 68esimo anniversario dell’indipendenza di Israele trasmettendo il docu-film Above and Beyond , diretto da Roberta Grossman e prodotto da Nancy Spielberg, sorridente e comunicativa sorella di Steven (si somigliano molto), in questi giorni a Roma per trattare i diritti di trasmissione con alcuni gruppi televisivi italiani. È la minuziosa ma spettacolare ricostruzione di un capitolo poco noto della storia dello Stato ebraico: l’avventurosa nascita dell’aviazione israeliana, che nel 1948 letteralmente non esisteva (mentre l’attacco dei Paesi arabi procedeva senza tregua) e si formò grazie a una pattuglia di piloti volontari in gran parte americani, non tutti ebrei, decisi a battersi per un Paese che non era il loro per difendere la libertà di un popolo appena uscito dalla tragedia della Shoah. Testimonianze degli ultimi eroi sopravvissuti si alternano a documenti storici e a pezzi di fiction. Grande intrattenimento e, insieme, materia di riflessione e memoria.
Si ritrovano i primi passi della democrazia israeliana, gli arrivi degli scampati allo sterminio, i volti e le parole di Ben Gurion, di Golda Meir, e quelle di Shimon Peres di oggi che definisce quegli aviatori «un dono di Dio». È qui il punto da cui è partita Nancy Spielberg, imprenditrice di successo, impegnata nella raccolta di fondi a scopri filantropici, e che recentemente ha imboccato la strada della produzione di documentari storici: «Questa storia mi è capitata per caso tra le mani, mi ha colpito profondamente e ho subito pensato che la memoria può sbiadirsi, perdersi con la morte di chi ha vissuto momenti irripetibili. Mi è sembrato essenziale, per le nuove generazioni abituate a confrontarsi con la storia grazie all’audiovisivo e non più sui libri, registrare testimonianze uniche e consegnarle al futuro. È ciò che ha fatto mio fratello con la «Survivors of the Shoah Visual History Foundation», l’archivio audiovisivo della memoria dei sopravvissuti allo sterminio.
Ma perché non ha pensato a una fiction, con tanti spunti narrativi? «Ho preferito prima compiere un’operazione doverosa, raccontare un capitolo di storia contemporanea e inviare un messaggio forte sulla storia di Israele, sui pericoli che corse all’inizio della sua storia. Ma posso anticipare che, da pochi giorni, una grande casa di produzione mi ha chiesto i diritti per la realizzazione di un film, l’accordo già c’è». C’è da chiedersi se una fiction riuscirà a restituire la stessa emozione che regalano le testimonianze di questi anziani eroi, ancora così pieni di vita e di energie interiori. Inevitabile chiederle del suo rapporto col fratello star: «Per me, prima è mio fratello, poi è Steven Spielberg. Siamo da sempre legatissimi ma ultimamente stiamo passando un periodo denso di nostalgie comuni, pensiamo spesso al passato con tenerezza e dolcezza. Abbiamo la fortuna di avere ancora vivi mio padre, 99 anni, e mia madre, 96. L’ultima Pasqua l’abbiamo trascorsa noi quattro figli con loro, chiedendo in prestito ai nuovi inquilini la vecchia casa della nostra infanzia in Arizona. Siamo stati insieme solo noi sei per una settimana, senza coniugi né figli, un’esperienza straordinaria».
Davvero una fiction… «Davvero una fiction». E cosa ha detto del suo lavoro? «Mi ha proposto di aiutarmi, suggerendomi un compositore, ma io ho voluto fare tutto da sola. Ero molto in ansia per il suo giudizio. Gli è piaciuto, si è commosso. E cosi gli ho detto: ti ricordi quando da bambino tentavi di spaventare noi fratelli mettendoti una maschera col teschio, apparendo al buio e ci facevi piangere? Beh, adesso siamo pari».
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