Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/05/2016, a pag. 43, con il titolo "Nendo Story a Tel Aviv", il commento di Aurelio Magistà.
L'Holon Design Museum
La mostra “The Space In-Between” che si tiene al Design Museum di Holon dall’8 giugno al 30 ottobre è curata da Maria Cristina Didero. Holon è una città di circa 185mila abitanti ricavata dalle dune del deserto vicino a Tel Aviv più di 75 anni fa. Il museo, progettato da Ron Arad, di cui si riconoscono le tipiche linee morbide e curve, è stato inaugurato nel 2010, e fa parte del complesso della Mediateca, un hub culturale che ospita ogni anno decine di mostre ed eventi fra la biblioteca, il teatro per bambini, la Cinemateca, il museo israeliano del cartoon e il Centro per l’arte Digitale.
Oki Sato
Una consacrazione a meno di quarant’anni? Anche così si può leggere “Nendo - The Space In Between”, la grande mostra che il museo di Holon dedica al progettista giapponese. Nendo, in realtà, è il nome dello studio. Il fondatore, Oki Sato, fin dall’inizio della sua attività si è fatto notare per la rara capacità di accordare poesia e rigore, di suscitare emozioni lavorando sull’essenziale. Adesso, carico di premi, gloria e, soprattutto, richieste di nuovi progetti da ogni parte del mondo, con questa antologica si trova dinanzi alla prima, organica sistematizzazione del suo lavoro. Anche se, come annuncia il titolo, da un punto di vista davvero particolare. Che chiediamo di spiegare a Maria Cristina Didero, curatrice internazionale che firma questa esposizione con il sostegno della Chief Curator del Design Museum di Holon, Galit Gaon.
«In effetti questa è anche una consacrazione di Nendo, uno studio molto prolifico ma con un fondatore davvero giovane. Quindi ci siamo concentrati sugli “spazi tra”, i vuoti che le sue creazioni lasciano per l’aria, la luce, vedendoli anche come luoghi del possibile, di quello che è ma anche di quello che avrebbe potuto essere. Più che una consacrazione, è forse un’analisi, un primo ragionamento organizzato che prende in esame quello che Nendo ha firmato, dai primi passi fino a ieri». La mostra si articola in sei sezioni, dove Between è coniugato con altrettanti sostantivi. Processes, Textures, Boundaries, Object, Senses, Relationships. A proposito delle relazioni, c’è una questione inaggirabile. Perché Nendo è appunto un gruppo, e Oki Sato stesso ha voluto che fosse il nome collettivo la firma dei suoi lavori. La Didero, che per la mostra ha lavorato con Oki Sato, spiega: «Il suo è un metodo particolare: ogni incarico è affidato a uno dei progettisti, che si coordina con lui. Nascono dei tandem di lavoro, ovvero Oki Sato e uno del suo studio. Questi tandem creativi, da un lato garantiscono una continuità stilistica, dall’altro contributi originali sempre un po’ diversi frutto del secondo partner e delle diverse relazioni che si costituiscono fra questo, Oki Sato e il committente».
Il luogo di questa mostra può apparire singolare: perché Israele? «Queste cose spesso nascono un po’ per caso, frutto di relazioni e conversazioni coltivate nel tempo. Quando parlando con Galit Gaon le ho detto che mi sarebbe piaciuto dedicare a Nendo una mostra, me ne ha offerto l’occasione. Non è stato un lavoro sempre facile, ma tutti volevamo arrivare al risultato, e un po’ della proverbiale elasticità italiana ha sicuramente aiutato».
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