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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.05.2016 Imam francese contro lo Stato islamico e imposizione del velo: i terroristi lo vogliono morto
Stefano Montefiori intervista Tareq Oubrou

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 maggio 2016
Pagina: 15
Autore: Sterfano Montefiori
Titolo: «L'imam nel mirino dell'Isis: 'Mi batto per salvare i giovani dall'estremismo'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/05/2016, a pag. 15, con il titolo "L'imam nel mirino dell'Isis: 'Mi batto per salvare i giovani dall'estremismo' ", l'intervista di Stefano Montefiori all'imam francese Tareq Oubrou.
Ci chiediamo quale posto occupino nel mondo musulmano imam come Tareq Oubrou. Hanno dei seguaci ? Se è vero che è uno degli imam più seguiti di Francia, come mai le sue posizioni sono ignorate non solo dai media ma anche dagli stessi musulmani francesi ?

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Stefano Montefiori

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Tareq Oubrou

Negli ultimi numeri delle riviste Dabiq (in inglese) e Dar al-Islam (in francese), lo Stato islamico invoca l’assassinio degli imam che si oppongono alla retorica e alle azioni dei terroristi. Si tratta di 11 personalità musulmane anglosassoni attive negli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Australia, e di un noto esponente dell’Islam francese, l’imam di Bordeaux, Tareq Oubrou. Tutti sono considerati apostati e quindi meritevoli della morte: prendendo le distanze dallo Stato islamico avrebbero rinunciato alla vera religione. Accanto a salafiti controversi in Occidente come il canadese Bilal Philips, l’australiano Tawfique Chowdhury o il siriano londinese Abu Basir al-Tartusi, gli jihadisti minacciano soprattutto gli imam che predicano la convivenza tra le religioni.

«Non ho paura dei terroristi e della morte, la fede è con me. Non bisogna lasciarsi impressionare, sarebbe una sconfitta mentale». Tareq Oubrou, 56 anni, originario del Marocco, imam della Grande moschea di Bordeaux, è uno degli esponenti più ascoltati e conosciuti dell’Islam di Francia, oggetto dei continui attestati di stima del sindaco di Bordeaux e candidato presidenziale Alain Juppé come del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, tra gli altri. Oubrou scrive libri di teologia e altri rivolti al grande pubblico — l’ultimo si intitola Quel che non sapete sull’Islam (Fayard) —, nei quali predica una religione pacifica, attenta alle ragioni dell’altro. Questo gli attira gli insulti («servo dell’apparato») di un blogger islamico molto seguito in Francia come Al Kanz (alias Fateh Kimouche), e la sentenza di morte dei terroristi. Nell’ultimo numero della rivista Dar al-Islam , lo Stato islamico pubblica la foto di Tareq Oubrou, l’indirizzo localizzato su Google Maps, l’elenco dei suoi misfatti — al primo posto «l’approvazione della democrazia e della laicità» — e la condanna: «Tareq Oubrou deve essere ucciso senza esitazioni».

Domenica lei ha fondato con altri 21 imam il «Consiglio teologico» del CFCM (l’istituzione riconosciuta dallo Stato che rappresenta circa 2.500 moschee francesi). Qual è il compito di questo consiglio? «Trattare le questioni fondamentali della pratica islamica in Francia, distinguendo le aberrazioni di un certo numero di musulmani da quel che dice veramente l’Islam. E fermare il percorso dei giovani verso il radicalismo. Dobbiamo aiutare a vivere serenamente la religione nello spazio laico».

Che cosa pensa delle polemiche sul velo? «I teologi devono spiegare che il velo islamico non è come le cinque preghiere o la generosità o il perdono. Ci sono principi islamici che non sono messi abbastanza in rilievo. Non esiste alcun testo univoco che obbliga la donna a coprirsi i capelli. All’epoca del Profeta i musulmani si vestivano come i pagani. Una religione che ha lo scopo di legare l’uomo a Dio, e gli uomini tra loro, viene ridotta a un foulard? Lo trovo scioccante. Invece di pensare alle cose serie i i radicali si focalizzano su questo».

Anche lo Stato lo considera un tema cruciale, il premier Manuel Valls vorrebbe proibire il velo anche nelle università. «La laicità tende a escludere la religione dallo spazio pubblico, ieri ha escluso il cattolicesimo e oggi vuole escludere l’Islam. Ma la laicità costituzionale garantisce il libero esercizio di ogni culto. In ogni caso, i limiti da non oltrepassare sono chiari: la violenza, il proselitismo aggressivo, la minaccia all’ordine pubblico. Detto questo, Il foulard non è la kippa».

Che cosa significa? «La kippa per l’ebraismo è un oggetto legato strettamente al culto, mentre il velo per l’Islam non lo è, non ha una funzione simbolica come la kippa o i filatteri ebraici. L’Islam non ha simboli religiosi, è una religione an-iconica. La mezzaluna non è un simbolo islamico, deriva dall’impero ottomano. Il verde non è il colore dell’Islam, il minareto è preso in prestito dai monaci cristiani nel Medio Evo».

Perché allora il velo è diventato così importante? «Perché è diventato un marchio identitario, tutto qui. Esprime una questione sessuale, antropologica, riguarda il rapporto tra uomini e donne. Ma le cose che contano sono il rispetto degli impegni, la cultura dello sforzo, la pietà filiale, la generosità, il perdono: valori cristiani che Gesù ha portato sulla Terra e che l’Islam ha rafforzato. Bisogna restituire l’Islam, sequestrato dall’identità e dalla politica, alla sfera religiosa».

Lei rifiuta la scorta della polizia. Perché? «Io so che è Dio a proteggermi, gli uomini non c’entrano. Poi non voglio costare troppo ai contribuenti. Sei guardie del corpo? Farei correre a loro lo stesso rischio che corro io. Da anni ricevo minacce, non per questo sono morto».

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