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La Repubblica Rassegna Stampa
09.05.2016 La neolingua di Erdogan
Commento di Marco Ansaldo, intervista alla scrittrice Elif Shafak

Testata: La Repubblica
Data: 09 maggio 2016
Pagina: 15
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «Turchia, la Neolingua di Erdogan - 'Quel dizionario deve essere cambiato così un potere arcaico maltratta la cultura'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/05/2016, a pag. 15, con il titolo "Turchia, la Neolingua di Erdogan", il commento di Marco Ansaldo; con il titolo "Quel dizionario deve essere cambiato così un potere arcaico maltratta la cultura", l'intervista alla scrittrice Elif Shafak.

Ecco gli articoli:

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Guerra è pace - Libertà è schiavitù - Ignoranza è forza: l'inveramento della neolingua orwelliana

"Turchia, la Neolingua di Erdogan"

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Marco Ansaldo

UNA “NEOLINGUA” in salsa islamica. Un esperimento di imposizione delle parole in senso conservatore e patriarcale. È l’ultima novità che viene dalla Turchia di Tayyip Erdogan. Il dizionario ufficiale della lingua turca definisce le donne nel loro periodo mestruale come «sporche». Il testo elaborato dall’Istituto di lingua turca (Tdk)è accusato di sessismo e più termini si trovano adesso sotto il tiro di una petizione lanciata da donne e da esponenti laici in Turchia e all’estero, che si battono perché le spiegazioni di diverse parole siano cambiate. L’Istituto illustra la parola “ kirli”, sporco, dando come esempio «una donna che ha le mestruazioni». Gli altri due significati forniti sono «non pulito» e un moralistico «contrario ai valori della società».

Non è la prima volta che l’istituzione - il cui scopo è la difesa di una lingua che ha origini uralo-altaiche, dunque nobili e antiche - finisce sotto accusa. Sostenuta dal governo conservatore di ispirazione musulmana che governa il paese dal 2002 a oggi, il Tdk starebbe coniando una sorta di “Neolingua” di orwelliana memoria, in linea con il clima liberticida che si respira negli ultimi anni nel paese. L’Istituto era stato già criticato per aver usato definizioni giudicate come sessiste. La parola “ musait”, che è un termine turco proveniente dall’arabo, significa «disponibile».

Ma nel dizionario il secondo esempio che viene dato è quello di una donna «pronta a flirtare», e che può «flirtare facilmente». In Turchia, un gruppo chiamato “Collettivo di femministe Istanbul” si chiede ora, sul suo profilo Facebook, «Non possono essere “disponibili” anche gli uomini? ». Il presidente dell’Associazione per la lingua turca, Mustafa Kacalin, risponde alle critiche dicendo che «disponibile » è un termine entrato nel dizionario nel 1983. Tuttavia la petizione chiede che proprio questa parola venga adesso rivista, sostenendo che l’atto di flirtare è comune ai due sessi e non deve essere attribuito solo alle donne. L’associazione è contestata anche per un altro termine, che associa un uomo o una donna cattiva all’esempio di “prostituta”. Ma ancora altre parole sono sotto tiro. Il Tdk è nato nel 1932 . Negli Anni ‘30 e ‘40 si è impegnato per rimpiazzare le parole che contaminavano la sfera dell’ormai decaduto Impero ottomano, provenienti dall’arabo, dal persiano, dal greco e dal francese.

"Quel dizionario deve essere cambiato così un potere arcaico maltratta la cultura"

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Elif Shafak

«COME scrittore, ho esaminato il dizionario. E come scrittrice- donna, sono furibonda che il dizionario della lingua turca contenga descrizioni arcaiche e sessiste». Elif Shafak non solo è la figura di narratrice impegnata che i lettori italiani ormai conoscono per i tanti suoi romanzi tradotti, l’ultimo “La città ai confini del cielo” (Rizzoli). Ma è un’autrice pubblicata in più di trenta lingue, e sempre molto attenta all’uso della parola. I suoi ultimi testi, ad esempio, li ha scritti direttamente in inglese.

Lei ha già twittato la sua rabbia per quello che è uscito sul dizionario. Come spiega quanto è successo? «Facciamo degli esempi concreti. Prendiamo la parola “sporco”. Il dizionario descrive il termine come proprio “di una donna che ha le mestruazioni”. Ecco, lo trovo inaccettabile. Quello che mi fa indispettire di più è che questo testo venga usato nelle scuole, all’università. Mi chiedo: è questo che insegniamo ai nostri giovani?».

Ma non trova singolare che questo slittamento di termini arrivi adesso, in un periodo in cui la Turchia è in preda a tensioni? Fare operazioni di questo tipo è tipico dei regimi. «È chiaro, la Turchia è un Paese sessista e patriarcale. E così è il suo dizionario ufficiale. Il testo dell’Accademia della lingua turca deve essere assolutamente riformato. E ad essere cambiati devono essere entrambi: sia la mentalità dominata dal maschilismo, sia il dizionario che la rispecchia».

Senta, Elif, quello che stiamo vedendo in Turchia è un momento di grande turbolenza, culminato la scorsa settimana con le dimissioni del premier Ahmet Davutoglu in contrasto con il Presidente, Tayyip Erdogan. Lei come lo vive? «A proposito dei qui pro quo sulle parole le faccio questo altro esempio di che cosa accade proprio in Parlamento. Nei giorni scorsi un membro del Partito democratico dei popoli, curdo, ha detto di voler fare una citazione da Oscar Wilde. Un parlamentare del partito conservatore di ispirazione religiosa è saltato su contestando l’idea di citare qualcuno che non fosse né musulmano né turco: “Lei non ha esempi di questa cultura, di questa civiltà?”, gli ha obiettato. E in quel frangente un altro esponente della formazione al potere confondeva l’autore irlandese con gli Oscar, quelli di Hollywood. A quel punto una deputata dello schieramento curdo ha chiarito: “Ma è Oscar Wilde. Non è un premio, è una persona”. Ecco, siamo a questo punto».

La Turchia, dunque, continua a essere un Paese spaccato? «In modo totale. Sono due pianeti diversi: chi sostiene e continua ad appoggiare il capo dello Stato, Recep Tayyip Erdogan; e chi invece, per una serie di altre ragioni, è contro. E lui, che teoricamente dovrebbe essere al di sopra delle parti, si rivela come il politico più divisivo della storia moderna della Turchia».

Dal comico tedesco Jan Boehmermann al giornalista Can Dundar. In questo periodo gli intellettuali sono sotto il tiro del potere turco. Che reazione c’è nel Paese? «In passato avevamo una solida tradizione di humour nero. La politica era sempre un ambiente rude, ma la gente poteva ridere dei politici, poteva criticare. Ora non più».

E il modello turco, su cui in Occidente si sperava tanto? «Quel miscuglio unico di democrazia occidentale, secolarismo, cultura islamica e società pluralistica, oggi è una retorica vuota. E in Turchia milioni di persone meravigliose sono profondamente depresse, demoralizzate, sole».

Ma poi, quella citazione su Oscar Wilde, in Parlamento? «È caduta come tra i sordi. Era sulla volgarità del potere».

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