Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/04/2016, a pag. I, con il titolo "Silence coupable", il commento di Mauro Zanon; con il titolo "Crisi occidentale", l'opinione di Robert Kaplan sull'Atlantic.
Ecco gli articoli:
Mauro Zanon: "Silence coupable"
Mauro Zanon
Céline Pina
Parigi. Quando al Salon de la femme musulmane di Pontoise (Île-de-France) furono invitati alcuni predicatori islamisti a intrattenere l’uditorio di musulmani e giornalisti accorsi per l’occasione, Céline Pina, ex consigliera del Partito socialista nella regione parigina, fu l’unica del suo campo politico a denunciare il carattere anti repubblicano di quella manifestazione, dove la donna che si mette il profumo ed esce di casa “è sempre considerata da Allah come fornicatrice” (l’imam Hatim Abou Abdillah), dove la donna che rifiuta il marito che ha un desiderio o una voglia quando torna a casa stanco la sera “sarà maledetta dagli angeli tutta la notte” (l’imam Mehdi Kabir), dove “la donna che esce di casa senza onore (senza velo, ndr) non deve sorprendersi poi se gli uomini abusano di lei” (l’imam Rachid Abou Houdeyfa).
Fu l’unica, Céline Pina, nel silenzio assordante della gauche e delle femministe francesi, che per il terrore di essere accusate di “islamofobia” si cucirono la bocca, permettendo che a pochi passi dalla progressista Parigi andasse in scena una spettacolare violazione dei princìpi della République, finanziata per giunta dalle casse del comune. Per il suo atto di coraggio ha ricevuto sostegni trasversali da parte degli elettori, ma non dal suo partito, il Ps, che l’ha invece minacciata di esclusione. Lei se ne è andata prima che si ufficializzasse la sua cacciata, decidendo di proseguire con un libro la sua crociata contro l’omertà della gauche davanti all’ascesa dell’islamismo.
“Silence coupable” (Kero), così si intitola il j’accuse della dissidente Pina, è già un caso a Parigi, perché per la prima volta denuncia apertamente i compromessi elettorali tra i “baroni locali” e gli islamisti che dettano legge in molte zone di Francia. “Ho deciso di scriverlo quando dopo vent’anni di militanza nel Ps mi sono resa conto di avere dinanzi a me una società in frantumi, con delle persone che non sanno più difendere i loro mondo comune, ai quali non è stato trasmesso nulla per imparare a amare il loro paese. Ho deciso di scriverlo quando ho visto i massacri di Charlie Hebdo e del 13 novembre: mi sono detta che non potevamo continuare a chiudere gli occhi, a vivere in questo clima di omertà”, dice al Foglio Pina, che per anni ha urlato nel deserto, abituata a trovarsi al cospetto di politici che si giravano dalla parte opposta quando li sollecitava sul problema dell’islam radicale.
E’ un “silenzio colpevole”, quello della gauche, scrive Pina, lo stesso che il giornalista del Monde, Jean Birnbaum, ha recentemente denunciato nel suo saggio “Un silence religieux”. “Nel mondo politico ci sono state rare manifestazioni di sostegno nei miei confronti. Dalla mia famiglia, il Ps, sono invece stata trattata come ‘islamofoba’, ‘razzista’, ‘complice dell’estrema destra’, alla stregua di tutti coloro che si sono battuti su questi tematiche e la cui reputazione è stata volutamente massacrata”, afferma Pina. Sulla sua scelta di abbandonare il Ps, dice che non c’era alternativa.
“Non posso più militare per un partito che ha sempre difeso l’uguaglianza tra gli uomini e le donne, la laicità, la libertà, la creatività, e che ora diventa così ambiguo nell’intrattenere rapporti con gli islamisti per mero clientelismo elettorale”, spiega Pina. “Il socialismo è rappresentato oggi da persone come me, mentre molti partiti che si dicono ‘di sinistra’ sono i veri traditori dei suoi valori”. Lunedì, durante un meeting della Brigade des mères, l’associazione di madri coraggio fondata da Nadia Remadna che lotta contro la radicalizzazione dei giovani delle banlieue, nessun eletto locale era presente per sostenerla. “E’ l’illustrazione perfetta di quanto racconto in ‘Silence coupable’”, dice Pina. “Il lavoro di Nadia Remadna è straordinario. Fa quello che i politici dovrebbero fare, e lo fa a suo rischio e pericolo, senza protezione, senza sostegno da parte dei ‘baroni locali’, che invece scendono a patti con gli islamisti per interessi elettorali”.
"Crisi occidentale"
Robert Kaplan
L’Europa è stata essenzialmente definita dall’islam. E adesso l’islam la sta definendo ancora una volta”. Robert Kaplan, senior fellow al Center for a New American Security e autore di saggi storici e geopolitici, sostiene sull’Atlantic di questo mese che l’insorgenza dell’islam nel Medioevo europeo abbia definito il Vecchio continente e l’idea che i suoi abitanti avevano di esso – e che le migrazioni e i falliti tentativi di integrazione recenti stiano disfacendo quanto costruito. “Per secoli, nella prima e media antichità, il termine Europa ha significato il mondo che circondava il Mediterraneo, o Mare Nostrum, come lo chiamavano i romani. Questo mondo includeva il nord Africa, tanto che nel Quinto secolo d. C., quando sant’Agostino viveva in quella che oggi è l’Algeria, il nord Africa era al centro della cristianità tanto quanto l’Italia o la Grecia. Ma la rapida avanzata dell’islam in tutta l’area nel settimo e ottavo secolo ha virtualmente eliminato la cristianità, dividendo la regione del Mediterraneo in due civiltà, con il ‘mare di mezzo’ come confine più che come forza unificante.
Da allora, come ha osservato il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset, ‘tutta la storia europea è stata una grande migrazione verso nord’”. Kaplan ricorda come dopo la fine dell’impero romano, i primi elementi della civiltà occidentale odierna siano stati creati dalle popolazioni germaniche, mentre l’eredità classica della Grecia e di Roma sarebbe stata riscoperta solo più tardi. “In pratica, ‘l’occidente’ è emerso nell’Europa del nord (anche se in una maniera molto lenta e tortuosa) in gran parte dopo che l’islam aveva diviso il mondo mediterraneo”, continua Kaplan. “Ma l’islam ha fatto molto di più che definire l’Europa geograficamente. Denys Hay, storico britannico, ha spiegato in un libro brillante quanto criptico pubblicato nel 1957, ‘Europe: The Emergence of an Idea’, che l’unità europea è iniziata con il concetto di una cristianità in ‘opposizione inevitabile’ all’islam – un concetto culminato nelle crociate. Lo studioso Edward Said ha portato questo concetto ancora più avanti, scrivendo nel suo libro ‘Orientalism’, del 1978, che l’islam ha definito l’Europa culturalmente mostrando ciò a cui tutti gli europei si opponevano. L’identità europea, in altre parole, è stata in gran parte costruita sul senso di superiorità nei confronti del mondo arabo. L’imperialismo si è mostrato come l’espressione massima di questa evoluzione… Nell’èra postcoloniale, poi, il senso di superiorità culturale dell’Europa è stato rafforzato dai nuovi stati di polizia in nord Africa e nel Levante. Mentre queste dittature tenevano i popoli prigionieri dentro a confini sicuri – confini disegnati artificialmente dagli agenti coloniali europei – gli europei potevano far lezione agli arabi sui diritti umani senza doversi preoccupare che dei caotici esperimenti democratici avrebbero portato a grandi migrazioni. Proprio perché gli arabi non avevano diritti umani, gli europei si sentivano al tempo stesso superiori a loro e al sicuro da loro”.
Ma oggi, continua Kaplan, “l’islam sta contribuendo a disfare ciò che un tempo aveva creato. La geografia tradizionale si sta modificando organicamente, e le forze del terrorismo e della migrazione stanno riunendo il bacino del Mediterraneo, che comprende il nord Africa e il Levante, l’Europa. Il continente ha assorbito altri gruppi in precedenza, ovviamente”. Kaplan fa riferimento alle migrazioni di slavi e magiari nell’Europa dell’est. Ma queste popolazioni adottarono il cristianesimo, e furono in grado di adattarsi al sistema europeo. “Oggi, centinaia di migliaia di musulmani che non hanno interesse a essere cristiani stanno filtrando in stati europei economicamente stagnanti, minacciando di rompere la fragile pace sociale. Benché le élite europee abbiano per decenni usato una retorica idealistica per negare la forza della religione e dell’omogeneità etnica, in realtà sono stati proprio questi elementi a dare coesione interna agli stati europei. Nel frattempo le nuove migrazioni, spinte dalla guerra e dal collasso degli stati, stanno cancellando la distinzione tra i centri imperiali e le loro antiche colonie. L’orientalismo, con cui un tempo una cultura si appropriava di un’altra e la dominava, sta lentamente evaporando in un mondo di interazioni cosmopolite e di studi comparati, come Said ha intuito. L’Europa ha risposto ricostruendo artificialmente le identità culturali nell’estrema destra e nell’estrema sinistra, per contenere la minaccia da parte delle civiltà che un tempo dominava”.
Ma benché la fine della storia, delle violenze etniche e territoriali, si sia dimostrata un sogno, non per questo bisogna ritirarsi nel nazionalismo, dice Kaplan. “La purezza culturale che l’Europa anela davanti all’arrivo dei rifugiati musulmani è semplicemente impossibile in un mondo di interazioni umane sempre maggiori. ‘L’occidente’, se questo termine ha un significato oltre la geografia, ha in sé uno spirito di liberalismo ancora più inclusivo”. Non si può riportare indietro la storia e ritornare al feudalesimo e al nazionalismo. “L’Europa”, conclude Kaplan, “deve adesso trovare un modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’islam senza diluire la sua aderenza a un sistema basato sul rispetto delle leggi che è nato nel nord del continente, un sistema in cui i diritti individuali hanno la supremazia nella gerarchia dei bisogni. Se non può evolversi nella direzione dei valori universali, ci sarà solo la sclerotizzazione delle ideologie e un grossolano nazionalismo a riempire il vuoto. Questo significherebbe la fine dell’idea di occidente in Europa”.
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