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Il Foglio Rassegna Stampa
20.04.2016 Erdogan e la resa dell'Europa
L'opinione di Bret Stephens

Testata: Il Foglio
Data: 20 aprile 2016
Pagina: 1
Autore: Wall Street Journal
Titolo: «Erdogan e la resa morale di Merkel»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20§/04/2016, a pag. 1, con il titolo "Erdogan e la resa morale di Merkel", il commento tratto dal Wall Street Journal.

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Bret Stephens

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Recep Tayyip Erdogan con Angela Merkel

Come ha fatto l’umanitarismo europeo a diventare la via maestra per la resa morale? In Germania stanno cominciando a capirlo”. E’ la riflessione con cui, dalle pagine del quotidiano americano Wall Street Journal, Bret Stephens ha aperto ieri il suo editoriale attorno alla vicenda di Jan Böhmermann, il comico tedesco finito al centro di un caso diplomatico internazionale dopo aver letto in televisione una poesia contro il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, in cui si accusava quest’ultimo di aver fatto sesso con animali e di aver violato i diritti delle minoranze religiose e etniche.

“Böhmermann ha voluto cogliere nel segno – scrive Stephens – presentando esplicitamente la sua poesia come esempio di Schmähkritik, di ‘critica diffamatoria’ non protetta dalla legge tedesca, con l’obiettivo di testare i limiti della libertà d’espressione, così come fece il comico americano George Carlin nel 1970 con le ‘sette parole che non puoi dire in tv’”. L’esperimento “è riuscito fin troppo bene”, nota l’editorialista statunitense: “Il ministro degli Esteri turco ha formalmente chiesto al governo tedesco di perseguire Böhmermann sulla base di una legge risalente all’età guglielmina, e utilizzata in passato dallo Scià iraniano e dal generale cileno Augusto Pinochet, che vieta di offendere l’onore dei rappresentanti di stati esteri. Erdogan ha anche presentato una querela privata contro il comico”. Böhmermann è stato di conseguenza posto sotto scorta, anche alla luce delle recenti uccisioni di giornalisti europei da parte di fondamentalisti islamici.

L’atteggiamento di Ankara non sorprende, scrive Stephens, “visto che sono circa 2.000 i processi che il governo turco sta conducendo nei confronti dei suoi concittadini accusati di aver offeso Erdogan, inclusi giovani ragazzi che hanno espresso le loro idee su Facebook”. Nel frattempo, alcuni giorni fa, le guardie del corpo del presidente turco hanno perfino aggredito dei manifestanti che protestavano a Washington, prima dell’incontro tra Erdogan e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. La stretta turca sulla libertà d’espressione ha oramai un afflato transnazionale: “E’ nella natura del bullismo politico non riconoscere confini né morali né territoriali – commenta il columnist americano – ed è anche nella natura dell’occidente liberale ricercare costantemente un’intesa con i bulli”, come dimostrato in questo caso dalla rapidità con cui la Zdf, la tv pubblica tedesca, ha rimosso il video dell’intervento di Böhmermann dal proprio sito, e dalla decisione con cui la cancelliera Angela Merkel ha autorizzato l’avvio del processo contro il comico, sostenendo che spetta al sistema giudiziario risolvere le questioni relative alla tutela dei diritti.

“Nascondersi dietro la sottana della giustizia non può in alcun modo celare il calcolo ben più codardo di Merkel, e che è legato al bisogno di placare Erdogan dopo l’accordo stipulato con lui il mese scorso per impedire l’arrivo dei profughi in Europa attraverso la Turchia, in cambio di miliardi di aiuti umanitari e del diritto dei cittadini turchi di entrare nell’Unione europea senza visto”, scrive Bret Stephens.

“Gli accordi sono accordi, ma il presidente turco non è il tipo di persona che si fa corrompere (politicamente). Da qui la necessità di tranquillizzarlo mediante la persecuzione nei confronti di un comico”, aggiunge il giornalista americano, prima di ammonire: “Ciò che comincia con piccole concessioni di principio porta generalmente a concessioni sempre maggiori. La Germania potrà anche cancellare presto il paragrafo 103 (la norma del codice penale che prevede il reato di diffamazione di capi di stato stranieri, ndt) e Böhmermann potrà anche essere discolpato in tribunale, ma ormai Erdogan sa che non c’è niente di più flessibile, sul piano morale, di un politico occidentale che vuole disperatamente evitare di prendere decisioni difficili, quindi aspetterà di trovare nuove strade per imporre la propria volontà, e i suoi valori, su un’Europa piegata”.

Secondo Stephens, questo vale soprattutto per la cancelliera Angela Merkel che “ha passato gran parte del 2015 a cavalcare l’onda dei riconoscimenti liberal” – prima fra tutte, la nomina a persona dell’anno del Time – ottenuti per aver dato la disponibilità, lo scorso anno, ad accogliere milioni di rifugiati provenienti dal medioriente. Ora, però, la presenza massiccia in Germania di questi rifugiati, “alcuni dei quali non rispettosi delle regole di convivenza civile”, sta generando un contraccolpo politico non indifferente “e la cancelliera ha bisogno di una facile via di fuga per scappare dalle conseguenze del suo spericolato umanitarismo”. Ciò, in altre parole, significa “un tradimento dei valori liberali che lei sostiene di voler promuovere”.

La questione più importante da chiarire è “per quanto ancora Merkel e gli altri leader europei vorranno continuare a genuflettersi ai voleri di Erdogan e degli altri autocrati”. In questo senso, “il fatto che Merkel sia disposta a mettere a rischio il diritto alla libertà di espressione dei cittadini tedeschi piuttosto che fare ciò che è necessario, e a volte anche spiacevole, per soddisfare l’interesse nazionale di preservazione, ci dice molto della sua capacità di porsi come leader politico”. Conclude Stephens: “La difesa dei valori fondamentali dello stato secolare è oggi il test-chiave su cui si misura la leadership europea, e in questo la cancelliera Merkel sta fallendo”. Una conclusione condivisa anche da un altro quotidiano americano, il ben più liberal New York Times, che ieri nel suo editoriale ha parlato di “segnali sbagliati mandati alla Turchia”, e ha criticato Angela Merkel per non aver chiarito a Erdogan che “le libertà dell’occidente non possono essere oggetto di discussione”.

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