La corsa verso Eurabia subisce una ennesima accelerazione, in scena nuovamente Angela Merkel, che, non soddisfatta dei precedenti errori compiuti, si sottomette alla richiesta di Erdogan di processare il comico e conduttore Tv Jan Böhmermann. Una fatwa all'occidentale ! Pena e disgusto, in più un regalo elettorale alle opposizioni. Merkel, che genio !
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 16/04/2016, a pag.17, la cronaca di Tonia Mastrobuoni, dal CORRIERE della SERA, a pag. 32, il commento di Pierluigi Battista.
Eccoli !
a destra Jan Böhmermann, da processare
Tonia Mastrobuoni: " Merkel si arrende a Erdogan: quel comico va processato"
Tonia Mastrobuoni
Non è riuscita a nascondersi dietro il paravento della realpolitik. Un’ondata di indignazione ha attraversato ieri la Germania, quando Angela Merkel ha annunciato che autorizzerà un processo penale controJan Böhmermann. Lo scorso 31 marzo, durante la trasmissione satirica Neo Magazin Royal, il comico di Brema aveva recitato un poema di insulti contro Recep Tayyip Erdogan, premettendo che si trattava di un esempio di «cosa non bisogna fare» per non essere accusati di «lesa maestà». Il componimento, puerile e volutamente offensivo, si intitola infatti “poema diffamatorio”. Una sorta di provocazione, di meta-satira per denunciare l’isterìa del cosiddetto Sultano – qualche giorno prima aveva convocato l’ambasciatore tedesco per una banale canzone satirica “Erdowie, Erdowo, Erodgan” che ne prendeva in giro la megalomania e la tendenza alla censura. Ma soprattutto, Böhmermann puntava il dito contro una legge tedesca che ha fatto decisamente il suo tempo. In Germania, offendere un governante straniero è un reato penale stabilito dal “paragrafo 103”, una norma ottocentesca e anacronistica secondo la quale “l’onore ferito” di un capo di Stato o di governo straniero sia da sanzionare. L’unica buona notizia di ieri è che il “paragrafo dello scià” come era stato soprannominato da quando persino l’ultimo monarca persiano, Mohammad Reza, lo aveva usato contro i manifestanti che lo accolsero durante la sua visita a Bonn nel 1967, sarà abolito. Per il resto la breve comunicazione della cancelliera è stata imbarazzante. Merkel ha tentato di giustificare la sua decisione ributtando la palla in campo giudiziario, dopo aver avocato il caso a sé e averlo trasformato nelle ultime settimane in un affare di Stato. Il “paragrafo 103” non scatta automaticamente: deve essere il governante a sporgere denuncia (Erdogan, nella consueta ridondanza, ha querelato Böhmermann sia personalmente, sia attraverso il suo governo). Ma la richiesta deve passare per il ministero degli Esteri tedesco, insomma c’è comunque un passaggio politico. Negli ultimi giorni, il ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier ha fatto trapelare la sua contrarietà ad un autorizzazione a procedere contro il comico. Ma è stata la cancelliera a volersi occupare personalmente del caso. E dopo essersi consultata anche con il ministro dell’Interno Thomas De Maizière (Cdu), e quello della Giustizia Heiko Maas (Spd), ha giustificato la decisione con una motivazione incredibile, alla luce degli sviluppi: è la giustizia, non il governo «che deve avere l’ultima parola» sulla libertà di stampa. Merkel ha ammesso anche che nel governo ci sono «opinioni divergenti» sul caso. Il tentativo di scaricare sui tribunali l’ultima parola su Böhmermann non può nascondere il fatto che Merkel abbia voluto gestire finora la cosa in prima persona e che abbia ceduto palesemente alle pressioni di Erdogan. Un vulnus enorme: il Sultano ha esteso la censura sulla libertà di espressione oltre i confini turchi, dove la esercita con violenza ormai da anni. Oltretutto, non è affatto detto che si fermi qui. Si è scaraventato con tutto il suo peso contro il comico tedesco e la cancelliera deve essersi convinta che avrebbe potuto mettere in discussione anche l’accordo europeo sui profughi. Un’intesa che è servita notoriamente ad Angela Merkel per chiudere una lunga crisi politica nel suo partito e uno scontro durato tutto l’inverno con il partner di governo Csu. Il paradosso è che per preservare l’intesa Ue-Turchia e archiviare quella crisi che aveva fatto persino fatto ballare la sua poltrona, Merkel rischia di aprirne una nuova. Persino riesumando la Spd, ormai precipitata sotto il 20% nei sondaggi. Ieri pomeriggio sia Steinmeier sia Maas hanno esplicitato la loro contrarietà al processo contro Böhmermann. E il principale tabloid del Paese ha titolato “Nelle mani di Erdogan”. Merkel è di nuovo sola. Ma contrariamente allo scorso inverno, quando la sua politica delle “porte aperte” le aveva regalato un’ondata di simpatia internazionale e la copertina del settimanale americano Time come persona dell’anno, il ritorno all’”iperrealismo” così tipico della cancelliera, ha palesemente deluso molti.
Pierluigi Battista: "Il comico tedesco "sottomesso" alla Turchia"
Pierluigi Battista
Bei tempi, quando si diceva che la Turchia, per entrare in Europa, avrebbe dovuto adeguarsi agli standard di libertà e al rispetto dei diritti di cui il nostro continente si faceva vanto. Bei tempi: ora è l’Europa che si deve adeguare agli standard autoritari e alla spirale repressiva della Turchia per non rompere con Ankara. Il governo Merkel si affretta a dare in pasto giudiziario al premier turco Erdogan, quello che teorizza apertamente l’inferiorità e la sottomissione della donna, la testa del comico Jan Boehmermann, che nella sua satira certamente poco sofisticata ha satireggiato sulla figura del padrone della Turchia. Tra la libertà d’espressione e la diplomazia con Erdogan, il governo tedesco ha decisamente optato per la seconda scelta e ha autorizzato un procedimento giudiziario del tutto inedito nella democrazia tedesca. Ha calpestato un valore molto caro come la libertà d’espressione rendendo paradossale la sua partecipazione al corteo di Parigi dopo la carneficina di Charlie Hebdo. «Je suis Charlie» è solo un ricordo. Oggi è il turno di «Sto con chi vorrebbe farla finita con Charlie». Un altro arretramento. Un altro passo indietro. Un’ulteriore prova che l’Europa non è più capace di tenere duro sui suoi valori e che la difesa dei diritti umani, dalla Turchia all’Iran all’Arabia Saudita, diventa piccola e timida quando sono in questione i flussi di scambi economici e la centralità degli equilibri geo-strategici. Forse però con la scelta del governo Merkel l’arretramento appare più traumatico, troppo zelante, troppo accondiscendente con chi occupa militarmente i giornali e mette in galera gli scrittori che osano discutere la linea del padrone-premier. Stavolta si poteva dire un secco no per non dover dire sì ancora più umilianti tra qualche mese o anno. Intanto: «Je suis Böhmermann".
Per inviare la propria opinione,telefonare:
La Repubblica: 06/49821
Corriere della Sera: 02/62821
oppure cliccare sulle e-mail sottostanti