Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/04/2016, a pag. 14, con il titolo "Il premier Valls apre il fronte del velo islamico nelle università francesi", il commento di Stefano Montefiori.
Stefano Montefiori, Manuel Valls
L’avvocato Jean-Claude Radier ha insegnato diritto delle assicurazioni all’università Paris XIII di Villetaneuse, nella periferia parigina, per oltre vent’anni. Il 2 febbraio 2015, pochi giorni dopo gli attentati islamisti a Charlie Hebdo e al supermercato ebraico, Radier non ce l’ha fatta più. Non ha sopportato di vedere in aula, davanti a lui, una studentessa velata. Ha interrotto la lezione e minacciato di non riprendere mai più a insegnare se la ragazza non si fosse scoperta i capelli. Il preside della facoltà gli ha subito tolto la cattedra perché il velo islamico — all’università — è autorizzato. Ma da quel momento la questione si è aperta: perché in nome della laicità proibire lo hijab solo fino alle superiori, e non anche nelle università, in teoria tempio della libertà intellettuale? Una risposta semplice potrebbe essere che fino al liceo le allieve sono minorenni mentre all’università sono almeno legalmente adulte. Quindi una ragazza maggiorenne ha il diritto di scegliere se presentarsi a seguire le lezioni con la gonna o i pantaloni, la coda di cavallo, il piercing o il velo islamico.
Ma qui sta il punto. Secondo molti, tra i quali il primo ministro Manuel Valls, le donne musulmane che in Francia si mettono il velo non lo fanno mai liberamente. Si piegano alla prepotenza del marito, del fratello o dei capi del quartiere. «Il velo non è un fenomeno di moda, non è un colore che si porta, no: è un assoggettamento della donna», ha detto il premier lunedì. Due giorni dopo, in un’intervista a Libération , Valls si è mostrato favorevole alla proibizione del velo all’università, riconoscendo però — a malincuore — che le regole costituzionali non la rendono possibile. Quando il professor Radier perse le staffe, un anno fa, Valls disse che la questione «non era minimamente di attualità».
Oggi, dopo i 130 morti del 13 novembre, il premier ha cambiato idea, convinto che la corsa alle presidenziali del 2017 si giocherà tutta sui temi identitari e sulla difesa della società francese dall’avanzata dei salafiti. Un tempo alfiere delle riforme liberali in economia, Valls ha abbandonato quel ruolo al rivale Emmanuel Macron e preferisce dedicarsi oggi alla battaglia culturale sui valori. Nella Francia dello stato di emergenza e della paura di nuovi attentati, il velo è ormai sbrigativamente considerato il simbolo della sottomissione. Da combattere nelle sfilate di moda, nei voli Air France per Teheran, a scuola, e nelle università.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante