Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi, 13/04/2016, con il titolo "A Berlino la malavita è araba", il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Musulmani a Berlino
Ieri all´alba, lo speciale comando per la Organisierte Krminalität, OK, ha compiuto a Berlino una vasta operazione con quasi 300 agenti perquisendo 14 appartamenti di famiglie arabe. Ha compiuto cinque arresti, e sono stati denunciati diversi membri del clan di Mahmut al Zain, soprannominato “Der Präsident”, uno dei capi più temuti della metropoli. Che l´azione ottenga risultati concreti è molto dubbio. “Berlin ist verloren”, denuncia “Die Welt”, la capitale è perduta, nelle mani di clan arabi. A Berlino operano da anni diverse mafie, ognuna con la sua specialità, la mafia rossa, formata da ex militari russi subito dopo la caduta del “muro”, o la mafia gialla, o le organizzazioni criminali dei paesi dell´ex blocco sovietico, romene, bulgare, o polacche. Queste ultime specializzate nello spaccio di droghe sintetiche prodotte nei laboratori di Varsavia o di Stettino.
Gli italiani lanciarono una campagna mediatica “Pizzo, nein danke”, ma fu un´operazione che servì a far carriera politica a qualcuno. Qualche cane sciolto avrà chiesto il pizzo ai nostri ristoratori, ma la vera mafia è attiva ormai a Francoforte, nelle banche, dove ricicla i miliardi della droga. Una ventina di grandi famiglie provenienti dal Medio Oriente, quasi tutte dal Libano, sono giunte a Berlino già verso la fine degli Anni Settanta, e almeno la metà si è subito dedicata a attività criminali, denunciano le autorità, che ammettono la loro impotenza. Ora, il pericolo aumenta a causa dell´arrivo di migliaia di profughi. Sui giornali si mostrano di preferenza foto di donne e bambini piccoli, ma la maggioranza di chi arriva è formata da giovani maschi soli. Davanti ai centri di accoglienza, scrive il quotidiano, si vedono in sosta lussuose limousine. I capi clan reclutano i nuovi arrivati con la promessa di facili guadagni e la rassicurazione: “Una prigione tedesca è sempre meglio della guerra a casa tua”. Anzi, l´essere finito in galera per qualche tempo è un titolo di merito. Si promette che in caso di arresto il clan provvederà a mandare soldi ai parenti, rivela la polizia, ma questo di rado avviene.
I giovani, che in gran parte arrivano dal Marocco, dalla Tunisia, dall´Algeria, sanno di non aver diritto all´asilo, e che verranno prima o poi rimandati in patria. E molti preferiscono sparire subito dai centri, grazie alla protezione dei clan. Di recente, due colpi spettacolari al KadeWe, lo storico grande magazzino, e al casinò dell´albergo Hyatt, a pochi metri da dove si svolge il Festival del cinema, sono stati compiuti da bande di arabi. Una specialità è il furto di auto, ma eseguito in grande stile. Vengono aperte piccole società di noleggio, nelle strade degli emigrati. Pochi mesi dopo, dichiarano fallimento, le vetture spariscono, portate all´est. La frontiera polacca è a 80 chilometri, quella céca a un paio d´ore di autostrada. E alle frontiere non ci sono controlli. Anche la malavita tedesca si arrende. La prostituzione nel centrale quartiere di Schöneberg è sotto il controllo degli arabi: le ragazze provenienti dall´Europa dell´est, devono cedere il 60 per cento degli incassi. E i protettori tedeschi devono passare la metà dei loro guadagni agli arabi, se vogliono continuare a lavorare.
“La tattica è semplice, racconta il procuratore capo Kamstra, gli arabi stabiliscono il primo contatto come clienti e obbligano le ragazze a rivelare il nomi dei loro protettori.” “E´ difficile orientarsi in queste organizzazioni familiari, ammette il Kriminaldirektor Dirk Jacob, sono clan chiusi, rispettano una rigida omertà, e solo con lunghe indagini riusciamo a volte a identificare i capi. In caso di scontri tra bande, con feriti o morti, abbiamo solo poche ore per trovare i testimoni e raccogliere le loro dichiarazioni. Dopo, nessuno parla. La banda li ha già scovati prima di noi e li minaccia di morte se parlano.” A Berlino continuano ad arrivare dal Libano grosse somme che vengono subito investite in attività illegali, o in negozi e ristoranti che servono da copertura. “La legge non ci aiuta, si lamenta Dirk Jacob, a volte durante una perquisizione troviamo cento o duecentomila euro in contanti a casa di un arabo che ufficialmente vive grazie all´assegno sociale di 400 euro al mese. Ma per denunciarlo siamo noi a dover provare che queste somme provengono da attività criminose. Ovviamente, è impossibile.“
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