Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/04/2016, a pag. 29, con il titolo "Il divano oscillante, la borraccia-Ipad: l'israeliano che crea gli oggetti scultura", la cronaca di Silvia Nani.
Ron Arad
Divani e poltrone ef fetto cartoon. Ron Arad si arrampica, si sdraia, abbassa l’immancabile cappello a cloche come se volesse dormire. Poi si solleva, abbozza un sorriso: oggi si celebrano i suoi 25 anni da designer con Moroso, con l’installazione «Spring to mind». «Tutto è nato da Patrizia Moroso: durante la Design Week 1989 fu colpita vedendo la versione morbida della mia poltrona Big Easy, in metallo. L’avevo creata per scherzo, come fosse una brutta copia fatta dai cinesi ma lei invece mi propose di produrla. Nacque così la mia prima collezione Spring: in onore della primavera e delle molle, su cui stavo lavorando per un mio pezzo unico».
Da allora Ron Arad, oltre alle opere d’arte che realizza nel suo studio londinese, di oggetti ne ha disegnati molti («Con Patrizia soprattutto: lei e la sua famiglia sono meravigliosi»), eppure oggi qualcosa è cambiato: «La Design Week è una kermesse commerciale e , fosse solo per i prodotti che presento, non ci sarebbe nemmeno bisogno di venire. Un oggetto nuovo ha senso se non è mai esistito prima. Se c’è una sorpresa, un’invenzione», spiega, mentre si siede sul divano Glider, volume abbondante e giocoso. «Qui per esempio c’è un meccanismo nascosto: ti siedi e oscilli. Bellissimo». Accanto, una carrellata di suoi oggetti simbolo. Indica una curiosa bicicletta con ruote che sembrano corolle in metallo: «Sono molle di acciaio. Ho sperimentato cosa succede se tolgo le sospensioni, e ho scoperto che la bici diventa più morbida di quella standard».
È la curiosità a farmi sorgere le idee: vediamo un po’ che succede se...» . Arte, design? Guai a chiedergli se il suo approccio cambia: «È come quando un giorno fai un’omelette e il giorno dopo una torta da pasticciere: ma sei sempre tu. Ora sto lavorando solo su progetti di architettura», dice mentre fa scorrere le foto sul suo iPhone. «Questa per esempio è un’installazione che sto ultimando per la Royal Academy: un braccio con in cima una telecamera nascosta. È una scultura che si muove: noi stiamo a guardarla ma in realtà è lei a guardare noi». Passano le foto di edifici in realizzazione in tutto il mondo: «Ma sa tra i miei progetti che cosa che mi sta più a cuore? Un ospedale per curare i malati di cancro che sta sorgendo in Israele: bellissimo poter dare un contributo a chi ne ha bisogno. Sculture e oggetti diventano un valore solo quando stiamo bene». Sorride, mentre mostra le foto di grandi lettere in cristallo (per Swarovski): «Mi sono divertito a inventare un font: sono dei fermacarte ma puoi tenerli in piedi e comporre una parola, mandare un messaggio». Indica tra gli scatti un parallelepipedo che sembra liquido: «È una borraccia: l’ho pensata piccola come un mini Ipad, e piatta. Sì , sembra una scultura. Ma chi l’ha detto che non possa diventarlo anche una bottiglia?».
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