Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/04/2016, a pag. 20, con il titolo "Garantire la pace e la sicurezza, così daremo un futuro alla Libia", l'intervista di Vincenzo Nigro a Ahmed Maitig, vice del premier Serraj.
Vincenzo Nigro
Ahmed Maitig
«Il nostro obiettivo è ambizioso, ma lineare: creare le condizioni politiche per garantire ai libici quello di cui hanno bisogno. In modo che sostengano lo Stato libico che dovremo ricreare per vincere le sfide contro il terrorismo insieme alla comunità internazionale». Ahmed Maitig, vice di Serraj è uno dei componenti di quel Consiglio presidenziale che nei fatti è una “presidenza collettiva” del governo. Uomo d’affari, 44 anni, con la famiglia ha una catena di alberghi, ed è legato a Misurata. «Le cose su cui dobbiamo lavorare sono semplici, banali ma in Libia oggi sono assai complesse: offrire elettricità con continuità, garantire aria condizionata nelle case, riparare le strade, far ripartire scuole, aeroporti, ospedali, banche».
Un bel programma, ma per fare qualsiasi cosa avete bisogno di un accordo. Ci sono le condizioni perché tutti appoggino Serraj? «Attualmente non ci sono, ma lavoreremo per far passare un concetto: in Libia non devono esserci vincitori e vinti, tutte le parti devono essere incluse. Abbiamo fatto un passo importante, siamo arrivati a Tripoli in maniera cauta e non è successo quello che tutti temevano, una nuova guerra civile. Stiamo provando a tradurre nei fatti il concetto di creare un governo unitario per il paese. Per scalare una montagna bisogna fare un primo passo, e poi andare avanti».
Lei lavora con il premier Serraj da 10 giorni, cosa state facendo? Come farete l’accordo con Haftar e Cirenaica? «Il primo obiettivo è ridurre decisamente il livello dello scontro militare fra i libici, avviare la pacificazione del paese, scongiurare il ritorno a nuovi scontri armati. Secondo obiettivo parallelo, accrescere il livello della sicurezza del paese, perché questo ci permetterà allo stesso tempo di far ripartire l’economia e offrire quel che dicevo all’inizio ai nostri cittadini. Terzo obiettivo la guerra a Daesh e al terrorismo: noi libici siamo in grado di combattere questi terroristi e di respingerli, dobbiamo farlo noi».
Islamic State: lei ripete quello che per molti è uno slogan: “dobbiamo combatterlo noi libici”. Ci crede davvero? «Non c’è alternativa, dobbiamo farlo noi. Il Daesh si è insediato in Libia perché il paese era diviso, loro hanno trovato spazi in cui consolidarsi. Daesh è riuscito a far passare il suo messaggio in alcune zone della Libia con la violenza anche perché senza sviluppo è difficile combattere il veleno che ci stanno inoculando. Noi dobbiamo far crescere il livello di sicurezza, di benessere economico, di fiducia nello Stato libico per combattere Daesh. Sarà un percorso lungo, ma è quello che dobbiamo fare, non altro».
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