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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.04.2016 Il Talmud in italiano: un avvenimento straordinario
Commenti di Adin Steinsaltz, Elena Loewenthal, Paolo Salom

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Elena Loewenthal-Paolo Salom
Titolo: «Steinsaltz: il Talmud? è l'elettrocardiogramma della religione ebraica-Ecco il Talmud in italiano, il sapere antico degli ebrei»

Riprendiamo oggi, 02/04/2016, due commenti all'edizione del Talmud in italiano, in uscita dall'editore Giuntina. A pag.V di Tuttolibri della STAMPA, a pag.43 del CORRIERE della SERA

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La Stampa-Elena Loewenthal: "Steinsaltz: il Talmud? è l'elettrocardiogramma della religione ebraica"

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Adin Steinsaltz                                             Elena Loewenthal

Questa non è un’intervista. Avrebbe dovuto esserlo, ma con rav Adin Steinsaltz, il più grande talmudista dei nostri giorni che martedì sarà in Italia per la presentazione del primo volume della traduzione italiana del Talmud (che reca la sua introduzione), è andata diversamente. Il suo primo nome significa in ebraico «delicato» e la sua voce è proprio così, un suono sottile eppure profondo carico di età e conoscenza. Però dopo la prima domanda non è arrivata una risposta ma un fiume in piena di parole, il privilegio di una lezione talmudica capace di aprire l’orecchio che ascolta in un modo tutto speciale che va dritto al cuore e alla testa. È vero che l’ebraismo non ha l’estetica nelle sue fibre. Riserva alla bellezza una quasi indifferenza. Ma no, non è così. Ascoltando rav Steinsaltz parlare di Talmud ci si confronta prima di tutto con la bellezza delle parole, con la capacità delle parole di costruire capolavori di immagini, suggestioni, ricordi, speranze, nostalgie, sogni.
Rav Steinsaltz, che cos’è il Talmud?
«Che cos’è il Talmud? (Nella più classica tradizione ebraica, il più grande talmudista dei nostri tempi risponde a una domanda con una domanda. Ma per fortuna non si ferma qui). Il Talmud è sostegno dell’ebraismo, della cultura ebraica. Non è il fondamento, perché quello è la Torah, cioè la Bibbia. Non è la destinazione finale, perché quello è il mondo a venire. È, come si direbbe in ebraico, la amud hatawwek – la colonna portante. Quella che sta in mezzo e sostiene tutto. (Non a caso, amud significa anche “pagina”). Vede, io vivo con il Talmud. Amo il Talmud. So che è fonte di vita per il popolo ebraico. Colonna portante. Un po’ come in quella immagine della parola “Emet” che in ebraico significa “verità” ed è composta da tre consonanti, la prima che è la alef, l’ultima che è la taw e in centro la mem che è a metà dell’alfabeto. Come a dirci che la parola “verità” contiene tutto. Vede, il popolo ebraico ha inventato tre cose. All’epoca biblica del Primo Tempio ha inventato il monoteismo. La Torah e la profezia hanno portato al mondo la fede nel Dio unico, che è arrivata ovunque. La seconda cosa che l’ebraismo ha inventato è la gheullah. L’idea di redenzione, di riscatto. La fede nella possibilità che il mondo cambi radicalmente. Anche questa idea è arrivata ovunque. Voglio dire che sì, c’è una linea di continuità che va dal nostro maestro Mosè sino a Mao Tse Tung… Ebbene queste due cose il mondo le ha già ricevute. La terza deve ancora riceverla, ed è il Talmud. Che è l’equilibrio fra le prime due. L’asse portante che sostiene quella mobile dinamica che corre fra l’osservanza della legge, cioè la halakhah, e la mistica, cioè la metafisica, quel porsi le domande universali sul senso del mondo e di noi. In mezzo c’è il Talmud, cioè lo studio. L’interrogazione. Se lei apre una pagina di questo testo, che cosa trova? Trova dei dialoghi vivi. La gente che parla nel Talmud è viva: la vediamo davanti agli occhi. Ma la parola viva vola via. Eppure il Talmud è un testo scritto. Questo è il suo paradosso. Non è l’unico: c’è nel Talmud un equilibrio molto ardito fra il generale e il particolare. Si parte da una questione estremamente specifica e in un brevissimo spazio di testo si arriva a qualcosa di universale. Il Talmud è fatto di libere associazioni, non di rado vertiginose. E poi la sua lingua. È la lingua del pensiero ebraico, che ti racconta non solo il “cosa” ma anche il “come” si pensa, una specie di codice mentale oltre che espressivo. È una lingua molto originale. Matematica ma al tempo stesso poetica, anche se le due cose paiono contraddittorie».
Colonna portante ma anche testo dinamico, mobile. Come spiegare questa doppia natura?
«L’immagine che mi viene in mente è quella dell’elettrocardiogramma. Il Talmud è come l’elettrocardiogramma dell’ebraismo, fatto di onde, di continue oscillazioni. Ma sostiene tutto. Crea equilibrio fra il particolare della legge e l’universale della mistica. C’è una parola inglese che secondo me definisce questa vocazione tutta speciale del Talmud: sanity. Lucidità? Forse in italiano non c’è, una parola così. Per secoli e millenni gli ebrei l’hanno studiato, ci hanno vissuto insieme. Il Talmud ha tenuto insieme l’identità, si è trasmesso di generazione in generazione. Badi bene, è un testo difficile e profondo, ma senza di esso non si comprende l’ebraismo, e l’ebraismo non comprende se stesso. La cultura ebraica si costruisce nello studio. Nell’interrogazione che va alla radice. Alla fonte: meqor haiim, “fonte di vita”».
Che cosa pensa di questa prima traduzione in italiano? C’è qualcosa che vuol dire a coloro che in questa lingua si avvicineranno al Talmud?
«Questa traduzione italiana è molto importante perché riporta il testo alle sue origini. L’ebraismo italiano è stato nella tarda antichità il ponte fra la Terra d’Israele e l’Europa. L’Italia è stata la prima tappa dell’esilio. E ha una lunga e gloriosa storia di studi talmudici, di testi nati dal Talmud. È, come si direbbe in ebraico, una “fonte di acqua viva” della cultura ebraica. L’ebraismo italiano ha saputo nei secoli conservare e tramandare il Talmud anche quando ne era vietata la trasmissione. Malgrado i suoi scarsi numeri, l’ebraismo italiano è stato grande centro di produzione culturale. A incominciare dallo Shulchan Arukh, “Tavola Apparecchiata”: il testo che dà ordine al materiale normativo talmudico. Quindi questa traduzione in italiano è un ritorno a casa, per il Talmud».

Corriere della Sera-Paolo Salom: " Ecco il Talmud in italiano, il sapere antico degli ebrei"

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                                                      Paolo Salom

Un’impresa titanica per un’opera titanica che ha superato i millenni, accompagnando le sorti degli ebrei. È la traduzione in italiano, la prima nella storia, del Talmud , il corpus di sapienza, usi, leggi e consuetudini ebraiche compilato in epoche diverse in due luoghi differenti. Testo sacro secondo soltanto alla Bibbia ( Torah , in ebraico, ovvero il Pentateuco ), il trattato si divide nel Talmud di Gerusalemme , terminato alla fine del IV secolo, e nel Talmud Babilonese , concluso un secolo più tardi. «Noi — dice al “Corriere” rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e presidente del progetto (mentre direttore è la professoressa Clelia Piperno) — abbiamo affrontato la traduzione del solo Talmud Babilonese , il più corposo, completo e studiato: un’impresa titanica, è vero. Ma in passato altri hanno trasferito l’opera in altre lingue, come l’inglese e il tedesco, dunque era possibile farlo anche in italiano». Il 5 aprile il primo volume di un’opera che, alla fine, si svilupperà in oltre trenta tomi, tutti editi da Giuntina, verrà donato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella sede dell’Accademia dei Lincei, a Roma: è il Trattato di Rosh haShanà (Capodanno), 450 pagine comprensive di note, indici e tabelle esplicative. Certo non un libro alla portata di tutti. «Però necessario — puntualizza rav Di Segni — anzi indispensabile, direi, per tutti gli studiosi, non soltanto di area ebraica, interessati ad approfondire la conoscenza di un universo culturale che nel Talmud ha il suo cuore». Cuore che ha visto le stampe interamente per la prima volta a Venezia, nel 1523, a opera di Daniel Bomberg. E contiene migliaia di frasi che spesso pronunciamo senza saperne l’origine. Come «chi salva una vita, salva il mondo intero»; «la pace è per il mondo quello che il lievito è per la pasta»; «se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?». Originale a fronte, la versione italiana del testo sacro ha avuto la sua genesi in un finanziamento di 5 milioni di euro del ministero dell’Istruzione (Miur) e nella fruttuosa collaborazione tra la presidenza del Consiglio, lo stesso Miur, il Cnr e l’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane. Cinquanta esperti-traduttori hanno lavorato al volume, che comprende 70 pagine nell’originale del Talmud su un totale di oltre cinquemila. «Il Cnr ci ha fornito un programma che ha consentito di lavorare digitalmente non importa da che luogo, se in Italia o al di là dell’oceano», racconta rav Di Segni. Ne è scaturito un lavoro su carta. «Ma in futuro sarà a disposizione anche una versione digitale dell’opera». Talmud , in ebraico «studio». È la summa della tradizione orale compilata per preservare caratteristiche e unità di un popolo che, dopo la Diaspora, rischiava di scomparire. Diviso sostanzialmente in Mishnah , insegnamento da ripetere, e Ghemarah , complemento, ovvero commenti vari al testo, nel suo insieme il Talmud è tutt’altro che un testo monolitico, anche se contiene la Halakah , ovvero la «via da seguire»: il codice penale e civile degli ebrei. Piuttosto, qualunque questione affrontata da rabbini e saggi del tempo viene esaminata e risolta attraverso i pareri (anche contrapposti) annotati a margine. In alcuni passi il Talmud sa essere anche oscuro, o ambiguo. Scritto in ebraico e in aramaico, non può certo essere affrontato come si affronta un saggio qualunque. Nella storia dei rapporti tra cristiani ed ebrei, il Talmud è stato motivo di dispute feroci. Che spesso si concludevano con il rogo pubblico del testo sacro (il primo nel 1244) o con il sequestro dei volumi trovati nei Ghetti. Questo perché frasi estrapolate dal contesto portavano ad accuse di «perfidia» e «blasfemia». Addirittura, siccome in alcuni brani sparsi qua e là («che messi insieme in totale non fanno più di 2 o 3 fogli, un millesimo dell’intera opera», spiega rav Di Segni), si parla di un certo «Yeshu» (Gesù) e di una certa «Miriam» (Maria) — con riferimenti molto dubbi ai personaggi del Vangelo —, nei secoli il Talmud ha subito censure e autocensure, e dunque le edizioni classiche sono state «espurgate» dei delicati riferimenti. Si parlerà di Yeshu nell’edizione italiana? «La nostra versione terrà conto dei testi originali e degli interventi censori, che anch’essi sono parte della storia — conferma il rabbino capo di Roma —. E lo studioso, o chiunque sarà interessato, troverà tutti i riferimenti o nel testo stesso o nelle note». L’intero lavoro sarà terminato nel giro di qualche anno: al momento i 50 esperti hanno trascritto un quarto del totale, anche se una data certa di «fine lavoro» non è prevedibile, considerata la complessità dell’opera. Ma, come è scritto nel Talmud : «Tu non sei tenuto a finire il lavoro ma non te ne puoi esimere».

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