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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.04.2016 Salvini, ultimo giorno in Israele: 'Sicurezza e difesa, Israele leader'
Cronaca di Paolo Foschini

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 aprile 2016
Pagina: 12
Autore: Paolo Foschini
Titolo: «Salvini, il tour della sicurezza in Israele: 'Ma io non voglio un mondo di muri'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/04/2016, a pag. 12, con il titolo "Salvini, il tour della sicurezza in Israele: 'Ma io non voglio un mondo di muri' ", la cronaca di Paolo Foschini.

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Matteo Salvini

Lo scanner telecomandato passa ai raggi X 850 camion al giorno. Gli ultimi undici tunnel sono stati allagati dall’Egitto o sbriciolati da Israele con microterremoti artificiali. Insomma a Gaza non dovrebbe entrare (né da Gaza uscire) uno spillo che Dio o perlomeno Netanyahu non voglia. E l’ex militare Ani Shaked, il quale con duecento civili alle dipendenze del ministero della Difesa controlla il posto di frontiera merci più caldo del medioriente, fa una sintesi che naturalmente non stupisce gli esperti ma che per Matteo Salvini è toccante: «Certo, capita ancora che nei camion troviamo di tutto. Come le mimetiche militari del mese scorso, nascoste dentro scatole di indumenti per bambini. Ma sappiamo pure che dentro la striscia di Gaza vivono un milione e 800 mila persone, di cui il 58 per cento sotto i diciotto anni. Quasi tutte persone innocenti, che hanno bisogno di ogni cosa. In mezzo però ci sono 30 mila uomini armati, tra soldati di Hamas e terroristi. Il nostro compito è aiutare i primi a neutralizzare gli altri».

Matteo Salvini, alla testa di una delegazione della Lega che ha appena terminato la visita, si ferma davanti al muro e la sintetizza a sua volta in un tweet: «Trentamila soldati di Hamas (finanziati da chi?) tengono in ostaggio milioni di persone». Eppure a guardarlo in faccia mentre ascoltava il racconto dell’ex soldato Shaked, a Matteo Salvini, si capiva che forse capiva quanto era tutto più complicato di uno slogan. Shaked, che oggi ha 56 anni e tra i vigneti di Kerem Shalom è cresciuto, dice che «non esistono soluzioni semplici, io lo so che se il mio vicino di casa ha fame e solo cinque ore al giorno di corrente elettrica, è un problema anche per me, ma la convivenza va costruita ogni giorno». Avverte: «È un problema di demografia. Quello che oggi succede in Israele succederà in Occidente». Sorride, saluta, torna al suo lavoro. La coda dei camion è lunghissima.

Per il segretario della Lega Nord è la conclusione di un viaggio in Israele volto ad accreditarlo come interlocutore riconosciuto, ma anche un’immersione dentro una politica di «sicurezza e difesa» che egli considera un modello (anche) di «responsabilità». D’accordo, appena l’altra mattina aveva riferito quasi gongolante del termine bullshit , stronzate, con cui il ministro da lui incontrato liquidava qualsiasi ipotesi di dialogo con l’Islam. Ora invece, davanti al muro di Gaza, Salvini dice «non voglio un mondo fatto di muri e filo spinato, ma per eliminare i muri servono regole. Ed è la politica delle sinistre a far sì che invece debbano restare in piedi». Poi vabbé, la giornata la chiude con una visita a una fabbrica di sistemi d’allarme e appunto filo spinato. Ma sono dettagli.

In fondo il giorno prima c’era stata l’altra visita importante di questo viaggio, quella al museo di Yad Vashem dedicato alla memoria della Shoah, e l’Italia sembrava lontana, anzi, «quanto è piccola la politica italiana vista da qui», aveva detto. Ma vale solo fino alle ultime ore prima del rientro: il viaggio è praticamente finito, e in realtà la testa di Salvini è già alla manifestazione di oggi nel Paese dell’ex ministro Fornero. E alla dichiarazione con cui si congeda dal confine di Gaza: «Noi siamo pronti per governare con chi ci sta». Forse è Gaza a essere già lontana.

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