Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/03/2016, a pag. 16-17, con il titolo " 'Sì a tortura e nucleare, basta petrolio dai sauditi': il mondo alla rovescia del candidato Trump", l'intervista di Maggie Haberman, David E. Sanger a Donald Trump.
Pubblicando questa intervista del New York Times, un quotidiano certamente lontano dalle idee e dai modi di Donald Trump, riteniamo sia utile conoscere le sue posizioni.
Ecco l'intervista:
Donald Trump
Se venisse eletto, Donald J. Trump, il favorito nella corsa alla nomination repubblicana per la presidenza degli Stati Uniti, potrebbe bloccare gli acquisti di petrolio dall’Arabia saudita e altri stati del Golfo a meno di un impegno di questi stati ad inviare truppe di terra contro l’Is. E sarebbe pronto a permettere a Giappone e Corea del Sud di costruire il proprio arsenale nucleare piuttosto che dipendere da quello americano per difendersi da Cina e Corea del Nord. Sono alcuni dei punti principali di una lunga intervista sui temi della politica estera concessa al New York Times.
Parlando del nucleare ha detto che gli Usa dovrebbero essere più imprevedibili. Vorrebbe che fossero i primi a ricorrere alle armi nucleari incaso di conflitto? «La considero in assoluto l’ultima possibile soluzione. A mio avviso il potenziale nucleare è il problema maggiore nel nostro mondo. Essere i primi ad usare armi nucleari credo sarebbe una pessima cosa. E non vorrei essere io il primo a farlo».
La vicenda del Datagate e di Edward Snowden ci ha rivelato che gli Stati Uniti hanno messo in atto un vasto programma di intercettazioni illegali nei confronti di paesi alleati, compresi Israele e Germania. Lei proseguirebbe su questa strada o interromperebbe le azioni di spionaggio? «Preferirei non pronunciarmi. Vorrei vedere cosa fanno i vari paesi, perché sa, molti spiano noi americani: non posso dire che lo fa anche la Germania, ma altri sì. Credo che Edward Snowden ci abbia reso un pessimo servizio, in questo senso».
Ha parlato della sua intenzione di rivedere in senso permissivo le norme sull’uso della tortura, che però in gran parte sono soggette a leggi internazionali; come pensa di poterle modificare? «Prendiamo Bruxelles come esempio. Tre-quattro giorni prima delle bombe hanno preso un super ricercato, giusto? Se lo avessero immediatamente torchiato a dovere avrebbero potuto impedire l’attentato. Lui ne era al corrente, come tutti quelli del quartiere dove è cresciuto, dove era nascosto. Tutti sapevano che era lì, ma non lo hanno mai denunciato alla polizia. È questo che intendo: c’è qualcosa che non torna».
Sarebbe disposto a investire in programmi contro la radicalizzazione o sosterrebbe gli europei, promuovendo iniziative per dare lavoro ai profughi e così via? «La principale cosa che farei è creare zone di sicurezza in Siria. Da noi in America ci sono più di 10mila profughi in arrivo ma è il concetto di accesso a non funzionare. Anche la Germania, che sta andando in rovina a causa dell’ingenuità, per non dir peggio, della Merkel. Per questo credo che nella costruzione di zone cuscinetto: così quando questa terribile guerra sarà finita la gente potrà tornare e ricostruire. E i paesi del Golfo finanzieranno la ricostruzione, perché hanno i soldi per farlo ed è giusto che lo facciano loro. Finora hanno tirato fuori poco e non hanno accettato quasi nessun profugo. Hanno risorse economiche enormi, illimitate e chiederei che siano loro a finanziare la ricostruzione. Noi possiamo avere un ruolo guida, ma non voglio spendere».
In quali casi invierebbe truppe americane all’estero? Ha detto che non le farebbe intervenire contro l’Is, perché tocca ai paesi confinanti, ma ha anche detto che proteggerebbe i Balcani come ci impongono gli accordi Nato. In quali circostanze metterebbe a rischio vite americane? «La priorità è proteggere il nostro paese e lo sarà sempre. Poi intervenire o meno dipende dal paese, dalla regione, da come si sono comportati nei nostri confronti. Proteggiamo anche dei paesi che non si sono dimostrati amici...».
Ha accennato ai suoi piani per sconfiggere lo Stato Islamico. Sarebbe disposto a non acquistare più petrolio dai sauditi nel caso che questi si rifiutassero di intervenire sul terreno contro l’Is? «Probabilmente sì: perché non siamo ripagati per la protezione che forniamo. I sauditi hanno risorse economiche fenomenali. Ma noi spendiamo cifre pazzesche per proteggere certi paesi. Eppure senza di noi l’Arabia Saudita non esisterebbe a lungo. Sarebbe un catastrofico fallimento senza la nostra protezione».
Torniamo alla sua strategia contro l’Is. Il segretario di Stato John Kerry cerca un accordo politico tra il presidente siriano Assad e le forze ribelli, con una eventuale uscita di scena di Assad. A quel punto si spera che tutte le forze in campo, comprese Russia e Iran si uniscano contro l’Is. Lei farebbe diversamente? «Penso che combattere Assad e l’Is contemporaneamente sia stato folle. Loro combattono l’uno contro l’altro e noi li combattiamo entrambi. Secondo me l’Is è un problema più grande di Assad per noi, l’ho sempre pensato. Non dico che Assad sia una brava persona, perché non lo è, ma il problema vero non è Assad, è l’Is».
Il suo è un approccio, se non isolazionista, quanto meno diffidente nei confronti di molti paesi stranieri, sia avversari che alleati. La sensazione che si ha ascoltando le sue parole è che Lei creda che abbiano approfittato di noi per molto tempo: America First, l’America ha la precedenza. È questa la sua idea? «Non sono un isolazionista ma sì, mi ritrovo nello slogan America First. Ci hanno mancato di rispetto, ci hanno preso in giro, ci hanno fregato per tanti anni. Noi eravamo grandi e grossi, ma mal indirizzati: eravamo quelli grandi grossi e stupidi e così tutti si sono approfittati di noi. Dalla Cina al Giappone, dalla Corea del Sud al Medio Oriente: abbiamo protetto l’Arabia Saudita senza adeguata ricompensa: quelli incassavano un miliardo di dollari al giorno prima che calasse il prezzo del greggio. Una assurdità. Saremo in buoni rapporti con tutti ma nessuno si approfitterà più di noi».
Lei ha detto che la Nato è inutile, inconcludente: è l’istituzione adatta a contrastare il terrorismo o ne serve una nuova? «Innanzitutto la Nato è un problema perché spendiamo troppo: non è giusto. La quota che paghiamo è sproporzionata rispetto ai vantaggi che ne traiamo. La metto in termini economici anche su queste questioni militari perché è così, perché non abbiamo più soldi. La Nato un tempo era eccellente, oggi va cambiata. Deve includere la lotta al terrorismo».
(New York Times News Service. Traduzione di Emilia Benghi)
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