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La Repubblica - Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
23.03.2016 Terrore a Bruxelles: chi denuncia il pericolo e la corresponsabilità dell'Europa
Fabio Gambaro intervista Boualem Sansal, Eleonora Barbieri intervista Bat Ye'or, Leonardo Martinelli intervista Mathieu Guidère

Testata:La Repubblica - Il Giornale - La Stampa
Autore: Fabio Gambaro - Eleonora Barbieri - Leonardo Martinelli
Titolo: «'Troppo buonismo, adesso la risposta deve essere militare' - 'Abbiamo tollerato un'Eurabia fondata sulla sharia' - 'La Molenbeek di oggi? E' come il Londonistan degli anni '90'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/03/2016, a pag. 15, con il titolo "Troppo buonismo, adesso la risposta deve essere militare", l'intervista di Fabio Gambaro a Boualem Sansal; dal GIORNALE, a pag. 8, con il titolo "Abbiamo tollerato un'Eurabia fondata sulla sharia", l'intervista di Eleonora Barbieri a Bat Ye'or; dalla STAMPA, a pag. 9, con il titolo "La Molenbeek di oggi? E' come il Londonistan degli anni '90", l'intervista di Leonardo Martinelli a Mathieu Guidère, franco-tunisino e specialista di islam.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Fabio Gambaro:  "Troppo buonismo, adesso la risposta deve essere militare"

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Fabio Gambaro

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Boualem Sansal

«Abbiamo sottovaluto la minaccia dell’islam radicale e oggi è ormai troppo tardi». Lo scrittore algerino Boualem Sansal, reagisce così alla notizia degli attentati di Bruxelles. «Dovevamo affrontare il problema del fondamentalismo islamico dieci o vent’anni fa», spiega l’autore di 2084 la fine del mondo (Neri Pozza): «Invece abbiamo sottovalutato tutto. Non siamo intervenuti quando alcune minoranze hanno incominciato a rivendicare pratiche e valori incompatibili con la cultura della democrazia. Avremmo dovuto fermarle, invece abbiamo lasciato che interi quartieri diventassero luoghi di diffusione del salafismo».

Perché non siamo stati capaci di anticipare la deriva dell’islamismo radicale? «Perché eravamo distratti. Perché hanno prevalso i buoni sentimenti e sensi di colpa di chi in buona fede voleva rispettare la cultura musulmana, senza fare di ogni erba un fascio e mettere all’indice una parte della società. Naturalmente ciò era giusto, ma così abbiamo lasciato prosperare l’islamismo radicale. E coloro che hanno provato a metterci in guardia non sono stati ascoltati. Non vanno poi dimenticati gli interessi politici e economici di tutti coloro che hanno continuato a fare affari con quei paesi arabi che finanziavano la jihad».

Ora in che modo è possibile intervenire? «Ormai siamo in guerra, e alla guerra è legittimo rispondere con la guerra. La risposta deve essere militare e giudiziaria, anche se certo non bisogna infrangere i limiti morali e legali della democrazia».

IL GIORNALE - Eleonora Barbieri: "Abbiamo tollerato un'Eurabia fondata sulla sharia"

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Bat Ye'or

Bat Ye'Or è ebrea, egiziana, cittadina britannica dopo la fuga dall'Egitto della famiglia. Da anni parla di cose che sembravano fantascienza: basta dare una scorsa ai titoli dei suoi libri, da Il declino della cristianità sotto l'islam a Comprendere Eurabia. L'inarrestabile islamizzazione dell'Europa, fino a Verso il califfato universale (pubblicati in Italia delle edizioni Lindau). Risponde al telefono dalla Svizzera, dove vive.

Quando ha visto che cosa è successo a Bruxelles, che cosa ha pensato? «Che non era di niente di nuovo. So che siamo in guerra verso il jihadismo da molti anni».

Da quando? «Dalla fine degli anni Sessanta, quando le prime aggressioni terroristiche dei palestinesi hanno obbligato i Paesi europei ad adottare una politica contro Israele. Già allora c'era una guerra terrorista contro l'Europa».

E l'Europa come ha reagito? «Anziché combattere il terrorismo jihadista si è sottomessa, e ha iniziato una politica anti israeliana. Non solo. Ha anche occultato la vera ragione della guerra contro Israele e l'Europa».

Cioè? «L'ideologia jihadista, che esiste dal VII secolo e che è sempre stata la forza di propulsione e della guerra contro gli Stati cristiani dell'epoca. E questa ideologia, mai denunciata, continua».

Non è stata mai combattuta? «Di più. È stata nascosta: non si poteva parlare del jihadismo, bisognava dire che la causa del terrorismo era solo l'esistenza di Israele. Tutte queste bugie, create e imposte ai popoli europei, sono responsabili della situazione attuale».

E ora che cosa si può fare? «Beh, la Francia ha iniziato a parlare di jihadismo solo l'anno scorso, e questo perché i francesi, come altri, ora si ribellano contro questa politica, vedono che tutto quello che era stato detto della propaganda sulla tolleranza dell'islam era falso. Quindi adesso la Ue è obbligata a riconoscere il problema del jihadismo sul continente».

Ma fino a che punto si arriverà? «Se l'Europa continuerà nella sua politica di sottomissione alle domande dei terroristi, allora la situazione peggiorerà. E alla fine i popoli europei saranno come i cristiani in Egitto, in Siria, in Libano e in Irak: dhimmi, sottomessi all'islam e alla sharia».

Nessun'altra possibilità? «Che i governi europei cambino politica e dicano la verità. Ma non la vedo arrivare... L'Europa è debole, avrebbe dovuto farlo anni fa».

Oggi i terroristi sono nelle nostre città, come dimostrano le immagini di Molenbeek assediata. «Certo, ma chi li ha fatti entrare? I nostri governi, perché hanno rifiutato di vedere la realtà del jihadismo. E fanno anche la guerra a chi si oppone e scrive di jihadismo e terrorismo: non c'è più libertà di parola, non si possono dire queste cose, perché i jihadisti sono protetti dai nostri governi».

L'Europa va verso l'islamizzazione? «È il destino che ha preso, in maniera deliberata, abbandonando i valori giudaico cristiani che sono il suo fondamento e accettando le idee musulmane, incoraggiando l'immigrazione, le scuole islamiche e l'odio verso Israele. Una attitudine suicida. Perché dopo tutto ciò, che cosa resta? L'islamismo. C'è un altro problema».

Quale? «Invece di sostenere e allearsi coi movimenti più radicali, perché aveva paura di loro, l'Europa avrebbe dovuto sostenere i musulmani che hanno il coraggio di dire la verità».

A chi si riferisce? «Esistono molti musulmani coraggiosi, che vogliono vivere nel ventunesimo secolo e non nel settimo, ma non li abbiamo mai aiutati. Quello che serve è una politica a lungo termine contro l'islamismo, che preveda la riconciliazione col mondo musulmano».

Come? «Per farlo si deve eliminare l'ideologia jihadista. E questo lo vogliono anche i musulmani, quelli che sono prigionieri, loro stessi, di questa ideologia e della sharia, di questo odio».

LA STAMPA - Leonardo Martinelli: "La Molenbeek di oggi? E' come il Londonistan degli anni '90"

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Leonardo Martinelli

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Mathieu Guidère, franco-tunisino, esperto di islam

La Molenbeek di oggi? «Ha la stessa funzione della Londonistan degli Anni Novanta: è una base di supporto jihadista a livello europeo». Non ha dubbi Mathieu Guidère, franco-tunisino, specialista dell’islam e docente all’università di Tolosa. Per lui «sono due storie simili sotto molti aspetti».

In che senso?
«Per anni a Londra operava una filiera di terrorismo islamico, senza che il Regno Unito guardasse davvero in faccia questo problema. Solo dopo gli attentati del 2001, gli Stati Uniti hanno fatto pressione su Londra perché reagisse. A quel punto gli inglesi sono diventati duri con loro. Che poi hanno reagito, con gli attentati del 2005».

In Belgio è avvenuta la stessa cosa?
«In un certo senso sì. È uno Stato debole e i jihadisti hanno approfittato a lungo di questo “disinteresse” delle autorità nei loro confronti. Poi, dall’anno scorso, le cose sono cambiate, dopo gli attentati in Francia».

Cos’è successo?
«Parigi ha iniziato a fare pressione sul Belgio, perché cambiasse strategia. E andasse davvero a vedere cosa stesse succedendo a Molenbeek. Loro, con gli attacchi a Bruxelles, hanno reagito. E l’hanno fatto a maggior ragione dopo la cattura di Abdeslam.

«Per vendicarlo?
«No, per niente. Ma per mostrare che i jihadisti, quelli veri, che sanno combattere, sono ancora in giro e possono colpire quando vogliono. È stato un messaggio preciso lanciato a François Hollande e al premier belga Charles Michel, dopo che avevano annunciato la cattura di Salah con un certo trionfalismo. È come dire: “Lo avete preso, ma non serve a nulla”».

Ed è proprio così?
«In parte sì. Abdeslam parlerà, ma è una mezza calzetta all’interno di Isis. Per loro è un “fallito”, uno che non ha avuto il coraggio di fare il kamikaze. Non credo assolutamente che avesse una grossa importanza nel commando parigino. E dopo per loro non è certo diventato un eroe, anzi».

Chi ha realizzato gli attacchi di Bruxelles?
«Nel settembre 2015 lo Stato islamico ha inviato in Europa una settantina di giovani ben formati per questo tipo di attentati, approfittando dell’ondata migratoria. In parte sono morti negli attentati di Parigi o sono stati catturati. Ma la maggioranza sono ancora liberi».

Molti con un legame con il Belgio, nati lì in tanti casi, proprio a Molenbeek, e spesso di origini marocchine, è vero?
«I jihadisti di Londonistan erano prevalentemente algerini, vicini ad al Qaeda. Quelli di Molenbeek, invece, sono legati a Isis e sono perlopiù marocchini. I terroristi algerini oggi sono particolarmente forti in Africa e anche in Francia. Marocchini e algerini si sono a lungo affrontati nel traffico di droga in Europa. Adesso sono rivali nella jihad».

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