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La Repubblica Rassegna Stampa
21.03.2016 'Salah voleva colpire ancora': altro che 'terrorista pentito'
Commento di Carlo Bonini

Testata: La Repubblica
Data: 21 marzo 2016
Pagina: 12
Autore: Carlo Bonini
Titolo: «'Complici e armi, così Salah era pronto a colpire ancora'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/03/2016, a pag. 12, con il titolo "Complici e armi, così Salah era pronto a colpire ancora", il commento di Carlo Bonini.

Secondo il Manifesto di sabato scorso, 19 marzo, Salah sarebbe un "terrorista pentito" - notizia ripresa e commentata qui da IC. Definire Salah "pentito" è un errore politico e ideologico tanto incalcolabile quanto evidente: è stato catturato, non si è certo costituito e di pentimento non c'è traccia, come riferisce Carlo Bonini nell'articolo che segue.

Ecco l'articolo:

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Carlo Bonini

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Salah Abdeslam mentre viene catturato

Il ministro degli Esteri belga Didier Reynders usa la certezza dell’indicativo. «Salah Abdeslam – dice, riferendosi all’interrogatorio di sabato – ha detto che era pronto a colpire ancora. A pianificare qualcosa di nuovo da Bruxelles. Ed è probabilmente la realtà. Perché abbiamo trovato armi pesanti e individuato una nuova rete intorno a lui». Le parole del ministro spiegano la paura di un colpo di coda di quel lembo di rete oggi smembrata ma non per questo rassegnata. Dunque, la permanenza dell’allerta di livello “3” nella capitale belga e il rafforzamento con 5mila uomini della gendarmerie francese del dispositivo di sorveglianza lungo la frontiera franco-belga. Ma dimostrano anche che ora la posta in gioco sono i segreti che proteggono quel che resta della filiera europea dell’Is e di cui Salah Abdeslam è rimasto il solo custode.

LA POSTA IN GIOCO Anche per questo, Sven Mary, principe del foro belga, dopo aver ottenuto da Salah quella nomina e quella ribalta internazionale che aveva pubblicamente cercato, ha scelto la strada dell’azzardo. Mentre infatti apre alla Procura Federale di Bruxelles, ingolosendola con la prospettiva di una collaborazione di Salah che dovrebbe quanto meno rendere più laboriosa e lenta la sua consegna alla Francia, dall’altra chiude con quella di Parigi. Caricando i toni e le iniziative (denuncerà alla Procura di Bruxelles il Procuratore francese François Molins per violazione del segreto istruttorio, contestandogli di aver svelato le prime ammissioni di Salah). Consapevole che la battaglia procedurale non sarà breve e si complicherà. Che sull’asse Parigi-Bruxelles si potrebbero persino a un certo punto incrociare richieste della magistratura italiana, poiché il suo cliente sarà presto indagato anche dalla Procura di Roma (o da quella di Venezia) per l’omicidio di Valeria Solesin. Consapevole, soprattutto, che “il martire riluttante” del 13 novembre potrebbe diventare il primo “pentito” nella storia del Califfato e, dunque, pedina per la quale qualunque Intelligence europea sarebbe oggi disposta a fare carte false.

LA RETE EUROPEA «Sono almeno due i segreti sulla rete europea dell’Is che Salah Abdeslam è in grado di svelare - dice a Repubblica una qualificata fonte dell’Intelligence francese – E riteniamo che, al di là del rumore che sta facendo il suo avvocato, non avrà altra scelta che consegnarceli. Salah Abdeslam è un codardo che, in questo momento, dovrebbe preoccuparsi più della vendetta dell’Is che della giustizia e della polizia francese». Il primo e il più ovvio dei segreti ha a che fare con la ricostruzione delle stragi del 13 novembre. Di cui Salah è in grado di colmare le lacune. E di cui, ieri, è tornato a dare conto il New York Times pubblicando il documento riservato di 55 pagine dell’Antiterrorismo francese sui fatti di quel venerdì. Un ricostruzione minuta, da cui emergono dettagli inediti, come l’uso massivo di telefoni cellulari dedicati, la criptazione nelle comunicazioni mail, e il ripetersi di un’identica tecnica di fabbricazione dell’esplosivo (il Tatp).

LA STRAGE DI BAMBINI Ma c’è appunto un secondo segreto di Salah, se si vuole ben più cruciale del primo, che spiega lo stato di fibrillazione dei Servizi di mezza Europa. Quattro giorni prima di morire a saint Denis, Abdelhamid Abaaoud, il ring leader delle stragi del 13 novembre, confida alla cugina Hasna Aitboulahcen e all’amica che con lei lo ha aiutato a trovare rifugio dopo le stragi che le stragi simultanee di Parigi non sono che un incipit. Al punto – aggiunge Abaaoud – che il successivo obiettivo sarà «un asilo» per una «strage di bambini francesi» (parole che convincono l’amica di Hasna a consegnare Abaaoud alla polizia, svelandone il rifugio). Dei 90 martiri di Daesh arrivati in Europa tra l’estate e l’autunno del 2015, Salah sa molto. Se non tutto. Non fosse altro per il ruolo di incessante raccordo che ha avuto in quei mesi per mettere in contatto parte almeno di quegli uomini approdati nei diversi Paesi dell’Unione. Tra l’agosto e l’ottobre 2015, Salah è infatti transitato in Italia in direzione della Grecia. Ha visitato Austria ed Ungheria (al cui confine verrà casualmente intercettato). Ha raggiunto Ulm, in Germania (il 3 ottobre) in compagnia dell’uomo arrestato con lui venerdì scorso a Molenbeek (e della cui identità continuano a conoscersi solo gli alias, accreditati da falsi documenti belgi e siriani, di Munir Ahmed Alaaj e Amine Shukri) per recuperare almeno tre uomini ospitati in un centro di accoglienza per migranti. E ancora: ha viaggiato nel nord del Belgio verso il confine con l’Olanda. Di quei 90 uomini o di ciò che ne resta ora Salah può fermare la corsa. Consegnandoli.

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