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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.03.2016 Milano: Binario 21, memoriale della Shoah
Commento di Vittorio Gregotti

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 marzo 2016
Pagina: 30
Autore: Vittorio Gregotti
Titolo: «Il Binario 21 illuminato dal cemento»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/03/2016, a pag.30, con il titolo "Il Binario 21 illuminato dal cemento", il commento di Vittorio Gregotti.

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Milano, stazione centrale: binario 21          
a destra: Vittorio Gregotti                                                                  

In questi tempi caotici e tristi è molto difficile progettare e realizzare un’architettura la cui qualità sia capace di confrontarsi con un tema tanto tragicamente connesso alla colpa della società europea come quello della deportazione per motivi razziali e politici operata negli anni Quaranta dal nazismo e dal fascismo. È tanto grande il senso di colpa dell’intera società da rendere molto difficile il lavoro di un architetto che voglia costruire — proprio sul luogo dove si è compiuto il misfatto, al Binario 21, sotto la stazione centrale di Milano, con la deportazione verso un’ignota destinazione, cioè un campo di concentramento — un Memoriale della Shoah: una figura che sia capace di agire oggi senza dimenticare, per mezzo della coerente qualità della pratica artistica dell’architettura, verso un destino di educazione pubblica fondata sulla nostra storia (con i suoi errori). Gli architetti Annalisa de Curtis e Guido Morpurgo ci hanno lavorato dal 2007, con ostinazione e coerenza sensibile, contro ogni «indifferenza», parola scritta sul muro all’ingresso. Tutta l’operazione è quasi terminata, salvo l’arredo della biblioteca, ma è stato possibile visitare il luogo, in attività progressiva almeno da due anni, e riconoscerlo in ogni nuovo dettaglio dello sviluppo. Ciò di cui vorrei scrivere è proprio il grande e coerente linguaggio, utilizzato sin dai minimi dettagli senza che essi cedano ad alcun formalismo: possiedono, tutti insieme, un senso e costruiscono per la nostra società uno strumento proiettato nel futuro, fondato sulla verità del terribile atto compiuto. Al contempo descrivono una altrettanto importante verità possibile del presente. Il durevole linguaggio dell’architettura è capace di far coincidere il ricordare e promettere. Il ferro, nella sua oscura e ferma realtà, il cemento, le pietre, la ghiaia del pavimento, si confrontano con il fianco, meravigliosamente restaurato, del convoglio per il trasporto dei deportati che fa da sfondo all’insieme della nuova sistemazione. «Il sistema di ingresso — scrivono de Curtis e Morpurgo – formato dal muro dell’Indifferenza e dalla rampa che raggiunge l’originario piano di carico, si affaccia in modo imprevisto sul patio che accoglie il volume della biblioteca misurando il vuoto come sottrazione; l’Osservatorio dalla zona d’ingresso traguarda i binari; le Stanze delle Testimonianze; il Luogo di Riflessione; la scala circolare appesa che porta alla biblioteca e all’auditorium; sono tutte macchine spaziali che, pur commisurandosi col ritmo dei pilastri e la fitta teoria di travi ricalate dei solai Hennebique, si distinguono dall’esistente secondo un principio di distanziamento». L’insieme del nuovo possiede una propria rigorosa coerenza ma anche una descrizione continuamente nuova dei differenti spazi corrispondenti alle diverse funzioni, con le «Cinque stanze della testimonianza» quadrate, con le loro varianti spaziali, che offrono testimonianze degli eventi della deportazione. A questo si aggiungono ampi luoghi di dibattito e una grande biblioteca per la consultazione e la ricerca. Ogni connessione apre a una nuova visione dell’opera la cui continuità è segnata proprio dalla presenza del ferro che designa la struttura spaziale di ogni luogo, articolata secondo diversi ma coerenti dimensioni di dettaglio. «Il Memoriale — scrivono ancora gli autori — è dunque un’architettura-documento, un’infrastruttura-reperto: più che fornire spiegazioni, pone interrogativi che il visitatore come “corpo mobile” può affrontare a partire dall’incontro emozionale col luogo, dalla traduzione psicologica e sensoriale e dalla sua scoperta. La coincidenza tra tempo, materia e memoria scaturisce dall’interazione tra condizioni “archeologiche” delle strutture, intensità evocativa del rumore e delle vibrazioni prodotte dallo scorrimento dei convogli sul soprastante piazzale dei binari, oltre che dal graduale passaggio dalla luce naturale che attraversa la prima campata, all’oscurità dell’area interna». Illuminata dalla coscienza.

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