Riprendiamo dalla STAMPA e dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/03/2016, il commenti di Domenico Quirico e Guido Olimpio sulla cattura di Salah Abdeslam, uno degli assassini del Bataclan, in fuga dal 13 novembre scorso.
Sfuggito alle ricerche delle polizie europee, era in realtà nascosto nel luogo più sicuro, il quartiere islamico dove abitava, nascosto grazie alla protezione degli abitanti, quei musulmani che i nostri media continuano a presentarci come 'moderati', 'integrati'.
Persino le cronache di oggi lo descrivono con toni quasi romantici.
Ecco alcuni titoli: fughe rocambolesche, il martire che voleva vivere, i ragazzi del quartiere inseguono i giornalisti e attaccano i soldati, il kamikaze che non voleva morire con la passione per moto e belle ragazze, ecc.
E' stato catturato soltanto grazie a una 'soffiata' di un vicino.
Le cronache sono abbondanti su tutti media, per questo riprendiamo soltanto due commenti, Quirico e Olimpio, augurandoci che la rete di complicità che ha permesso al criminale di rimanere libero per mesi sia di insegnamento sul pericolo vero che minaccia il mondo libero, un pericolo che ha un solo nome: islam.
Il quartiere di Molenbeek è il ritratto autentico della presenza musulmana in Europa. Ignorarlo, nasconderlo, equivale al suicidio.
Il quartiere Molenbbek: l'Europa di domani ? Catturato
La Stampa-Domenico Quirico: " Gli assassini sono dentro le nostre città "
Domenico Quirico
L’assassino. Lo vediamo di nuovo. Il mistero Salah, il jihadista mancante, il terrorista di Parigi che aveva portato il fratello a morire, diventa un altro, si complica: non più il perché della fuga o della sua rinuncia. Sembrava, a sfogliare gli appunti di quattro mesi fa, in fondo tutto semplice: ecco, è lui l’assassino, forse l’ideatore di quel piano complesso, nel suo cervello è nata l’idea e ha cercato le mani che la mettessero in atto. Poi è fuggito: non kamikaze, ma combattente, pronto a uccidere ancora. E invece la domanda che brutalmente si impone dopo quattro mesi di latitanza è quanto gli assassini del califfato mondiale abbiano radici e spazio dentro il nostro mondo, dentro le nostre città. Come può un uomo così braccato muoversi per tanto tempo in una città che trabonda di poliziotti, agenti segreti, gendarmi? Non a Raqqa o a Mosul ritroviamo, di colpo, la sua orma; ma in Belgio! Nel quartiere di Molenbeek con le sue casette basse e linde, il gran pavese di biancheria stesa a asciugare un’aria di sonnolenta normalità borghese, setacciato e risetacciato dalle forze di sicurezza. La culla del malefico ordine terroristico. Eppure era lì, con il suo mezzo sorriso e l’impressione di una ambiguità a fior di pelle; imprendibile fino all’epilogo troppo disconnesso nel tempo per non lasciare dubbi e paure. Le cose del terrorismo davvero vanno spesso guardate a rovescio per vederle diritte. E allora si conferma e si ispessisce il terribile enigma. Noi abbiamo paura della invasione, dell’infiltrazione silenziosa di jihadisti camuffati da migranti. O del ritorno dei combattenti della legione straniera islamica inviati a incendiare la cittadella degli infedeli. E se invece fosse obbligatorio guardare dentro noi stessi, nelle pieghe delle nostre città dove scopriamo pozzi di buio che non immaginavamo. Come sempre radicalità e banalità di un male che ci riguarda ancor più perché ha l’inquietante estraneità degli specchi. Il terrorismo è anche figlio naturale di una coppia diabolica: islam ed europa. Quanto è profondo il jihadismo europeo, l’acqua in cui nuota? Conosciamo ancora le nostre città? Siamo certi che non sia, anche lì, ben annidato, il mondo dell’islamismo radicale con i suoi codici le sue parole d’ordine i territori segreti, il potere dei mullah che ispirano gli animi alla follia la sua manovalanza e i suoi generali? Un mondo che è anche il nostro in cui è stata possibile la latitanza di Salah Abdeslam. Un mondo sconosciuto senza punti di riferimento a noi noti. Siamo convinti che il califfato e i suoi pretoriani si collochino solo sullo sfondo di mondi inerti o spietati, premoderni? Attenzione a non sbagliare secolo. Il mondo che credevamo di dominare scricchiola attorno a noi, ma anche al nostro interno. I gesti più consueti diventano difficili sotto l’urto della angoscia della sicurezza. Un inferno silenzioso in cui si intrecciano i fili delle nostre future tragedie. Allora, per capire, bisogna tuffarsi nella vita di questi uomini, misti di ideologi e di bruti, di sant’uomini e di assassini seriali come in un sacco. Risalire nodo dopo nodo il filo delle loro scelte fino ad arrivare al primo, a quello che fatto deviare tutta la vita e l’ha spinta verso altro. Dove la mancanza di appartenenza si confonde con il desiderio perduto di appartenere. Diamo troppa importanza forse a internet, ai profili facebook. E’ intorno alle moschee improvvisate delle periferie, a sordidi capannoni diroccati trasformati in luoghi di preghiera che il jihadismo cerca le sue prede. O nelle prigioni dove santità e crimine si toccano dando vita a imprevedibili conversioni, dove giovani vengono inghiottiti dall’attraente, sinistra, silenziosa risacca della scelta totalitaria. La nostra indifferenza non si è accorta che qui tra noi, non nel silenzio dei deserti, in ogni uomo sonnecchia un profeta e quando si risveglia c’è un po’ più di male nel mondo.
Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Il jihadista preso vivo che conosce la rete dell'Isis in Europa "
Guido Olimpio
Dopo quattro mesi di pasticci finalmente hanno in mano una pepita che potrebbe diventare una miniera. Nel caso che Salah Abdeslam, il terrorista che ha sempre lasciato le cose a metà, sia disposto a collaborare. Magari con l’aiuto dell’avvocato di grido e amante dei riflettori, Sven Mary, disposto a difenderlo. La prima vena da esplorare per gli investigatori è quella del network. Il militante conosce i referenti dell’attacco, estremisti nascosti in Siria che avrebbero suggerito il massacro affidando la fase operativa ad Abdelhamid Abaaoud e al misterioso Samir Bouzid, ucciso nello scontro a fuoco di Forest. Salah può ricostruire la catena di comando, il modus operandi, le figure non ancora note. I suoi spostam enti da nomade della Jihad attraverso l’intera Europa hanno dimostrato che sapeva come muoversi, le sue tracce possono costruire un mosaico più preciso sui metodi di infiltrazione dello Stato Islamico. Insieme al passato c’è il futuro. Si è sempre detto che il commando di Parigi non fosse l’unico, ma parte di una rete di decine di killer pronti ad agire dalla Germania alla Gran Bretagna. L’operazione di Molenbeek servirà a prevenire altri attentati? Poi c’è il filone digitale. Telefonini e altri apparati in uso ai tre arrestati e al morto potrebbero dire molto. Anche se è evidente che Abdeslam, scegliendo di restare nei suoi quartieri, ha probabilmente ridotto di molto la sua vita «elettronica». La vittoria non deve però illudere, anzi è meglio essere pronti. C’è il rischio che l’Isis voglia reagire alla caduta del latitante con qualche mossa a sorpresa, per dimostrare che le pedine dispiegate nelle città occidentali sono importanti, ma sostituibili
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