Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/03/2016, a pag. 3, con il titolo "Profughi, guerra e terrorismo, il paese dove si gioca la partita finale", il commento di Marco Ansaldo; dal GIORNALE, a pag. 10, con il titolo "Ecco perché la Turchia non può entrare in Europa", il commento di Livio Caputo.
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA - Marco Ansaldo: "Profughi, guerra e terrorismo, il paese dove si gioca la partita finale"
Marco Ansaldo
Un Paese in guerra. Con operazioni dell’esercito contro il Pkk in molti centri curdi del sud est, e le città più importanti dell’ovest sotto il rischio di attentati. Tanto a Istanbul quanto ad Ankara. Questa è la Turchia di oggi. Un groviglio di problemi, mentre la Ue tratta sulla questione dolorosa dei profughi. Bruxelles tenta l’accordo e Ankara misura la propria forza. Sotto gli occhi dell’Unione la credibilità del presidente Erdogan, il sultano che governa da 14 anni, ma sempre più con il pugno di ferro. Eppure i nodi, per una diplomazia nata all’insegna dello “zero problemi con i vicini”, sono molti di più: il timore di una rivolta in piazza dell’opposizione, i social ormai apertamente ribellati, i media non sempre addomesticabili, pessimi rapporti con Russia e Israele, e una diffidenza esterna generale. Dietro l’angolo, nuovi pericoli: l’economia che rallenta, l’agricoltura che fatica, il turismo bloccato dalla paura. E il rischio di diventare il prossimo problema internazionale.
La Turchia ospita circa 2 milioni e mezzo di profughi. È una cifra cresciuta nel tempo, e da diversi anni il governo di Ankara sostiene il peso dei migranti da solo, senza aiuti concreti in proposito da altri paesi nonostante ripetuti appelli. Ma via via la questione dei rifugiati si è trasformata in una carta importante da giocare per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ankara regola il flusso delle frontiere aprendole e chiudendole a propria discrezione, ma senza regole precise, e in questo modo appare concentrata a utilizzare il problema in modo politico. Ai 3 miliardi richiesti alla Ue se ne sono ora aggiunti altri 3. Il costo reale dell’assistenza è difficilmente quantificabile. Ma svariate capitali europee si chiedono se quel denaro finirà effettivamente nel fondo riservato ai migranti. Ankara assicura che le somme confluiranno nel progetto di assistenza al confine.
Una volta Erdogan e Bashar el Assad erano amici, andavano in vacanza assieme, e Turchia e Siria buoni vicini. La guerra ha fatto saltare tutti gli equilibri e Damasco, che in un primo momento appariva un facile boccone per Ankara, si è rivelata un osso più duro del previsto. Da ultimo è saltato pure il progetto turco di costituire uno Stato cuscinetto, studiato anche per posizionarsi direttamente in territorio siriano. La resistenza dei curdi a Kobane e nella regione del nord ha reso la vita molto difficile ai progetti espansionisti della Turchia. Ieri il maggiore partito curdo siriano, il Pyd, ha proclamato una federazione autonoma: una decisione nell’aria, ma questo è il primo pezzo di Siria che va per conto suo. Un passo che causa reazioni preoccupate sull’unità dello Stato. E, in Turchia, si palesa lo spettro di una nuova realtà curda come nel nord dell’Iraq.
Ad Ankara l’ambasciata tedesca confina con quella italiana. Ieri, assieme al consolato a Istanbul e alle scuole tedesche, è stata chiusa su decisione di Berlino per «un’indicazione concreta di attacco », come ha spiegato il ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier. «Una misura necessaria per proteggere i nostri cittadini ». A gennaio a Istanbul 12 turisti tedeschi sono morti per un attentato kamikaze a Sultanahmet, cuore turistico della città sul Bosforo. Ma l’allarme ora è in tutto il Paese. L’intelligence turca teme nuovi attentati entro il 20 marzo, giorno del Newroz (il capodanno curdo), mentre il premier Ahmet Davutoglu ha assicurato che «sono state prese misure di sicurezza ovunque, ma soprattutto ad Ankara e Istanbul». In varie città curde del sud est sono in corso vaste operazioni dell’esercito contro il Pkk, e molti cittadini fuggono.
Il 25 marzo si terrà una nuova udienza del processo contro il direttore del quotidiano Cumhuriyet, Can Dundar, e il capo redattore Erdem Gul. Dopo il loro recente rilascio, avvenuto su decisione della Corte Costituzionale, i due giornalisti rischiano ancora l’arresto per lo scoop sulle armi protette dall’intelligence turca e passate su camion in Siria. Una possibile prova di un coinvolgimento del governo conservatore di ispirazione religiosa con il Califfato islamico. Erdogan ha detto di non riconoscere la decisione della Corte. E due giorni fa ha aggiunto che non c’è differenza tra «un terrorista che porta una pistola e quelli che usano una penna per servire gli scopi dei terroristi », riferendosi agli accademici arrestati per aver firmato a favore della pace con i curdi. Preoccupa l’imposto cambio di proprietà del giornale Zaman, prima all’opposizione, ora filo governativo.
IL GIORNALE - Livio Caputo: "Ecco perché la Turchia non può entrare in Europa"
Livio Caputo
Nella sua disperata ricerca di una soluzione al problema dei profughi, la signora Merkel non ha esitato a promettere alla Turchia una accelerazione dei negoziati per la sua adesione Ue. E mentre a Bruxelles si discute se dobbiamo davvero prostituirci ad Ankara per un accordo sulla riduzione dei migranti che molti giudicano, oltre che scarsamente inefficace, anche illegittimo, sarà opportuno ricordare perchè ammettere la Turchia nella UE sarebbe un follia. Vediamo, in 10 punti, perché neppure un'intesa sulla gestione delle migrazioni giustificherebbe un cedimento.
1) Non è un Paese europeo, e la sua ammissione all'Ue aprirebbe un autentico vaso di Pandora, incoraggiando le pretese di altre nazioni con noi incompatibili. É inoltre un Paese al 98% musulmano, scarsamente tollerante verso le altre religioni (e, se guardiamo al passato, anche nemico storico dell'Europa) che introdurrebbe un elemento estraneo in una Unione che, pur non riconoscendolo nei documenti ufficiali, è nata da radici e regole giudaico-cristiane.
2) Con il suo impetuoso sviluppo demografico, diventerebbe entro pochi anni il Paese più popoloso della Ue e quindi con la più numerosa rappresentanza nel Parlamento di Strasburgo e il diritto a una forte presenza nella burocrazia di Bruxelles. Sarebbe, allo stesso tempo, il Paese più povero, e perciò il destinatario della maggior parte dei fondi strutturali, sottraendoli ai Paesi dell'Est, al Portogallo, alla Spagna e perfino a parti dell'Italia.
3) Era, ai tempi della guerra fredda, il pilastro orientale della Nato. Oggi è una ambiziosa potenza regionale che persegue obbiettivi suoi spesso in contrasto con i nostri: ha aiutato sottobanco la crescita dell'Isis comprando il suo petrolio e lasciando passare in Siria migliaia di foreign fighters (anche italiani); appoggia i Fratelli musulmani nemici dell'Occidente; ha sviluppato una insensata ostilità verso Israele culminata nella fallita spedizione per forzare il blocco di Gaza. Nella guerra di Siria, tratta come nemici i Curdi, che l'Occidente considera invece i suoi miglior alleati contro il Califfato, e ha assistito impassibile al tentativo dei jihadisti di massacrarli a Kobane. Ha abbattuto, senza un valido motivo, un aereo russo, rischiando di scatenare una crisi dagli esiti imprevedibili.
4) Nella vicenda dei profughi, esercita nei confronti dell'Europa un vero e proprio ricatto: pur essendo perfettamente in grado di fermare coloro che si imbarcano verso la Grecia, pretende, per farlo, sempre più soldi. Per ottenerli, ha chiusoo entrambi gli occhi sui «trafficanti di esseri umani» nell'Egeo.
5) Si sta trasformando in una dittatura. Dopo essersi fatto eleggere Capo dello Stato in vista di una modifica (per ora non riuscita) della Costituzione in senso presidenziale che gli permetterebbe di governare fino al 2023, Erdogan travalica oggi sistematicamente i suoi poteri continuando a comandare tramite ministri a lui asserviti. Pochi giorni fa, è arrivato ad asserire di non riconoscere l'autorità della Corte costituzionale quando questa ha osato dargli torto sull'arresto di un avversario. Magistrati e poliziotti che hanno portato alla luce un caso di corruzione che coinvolge la sua famiglia sono stati rimossi o trasferiti.
6) Dopo una lunga trattativa fallita, ha ripreso a perseguitare la minoranza curda (circa il 15% della popolazione), non esitando a prendere a cannonate le sue città e villaggi. Ne viene ripagata con una serie impressionante di attentati, che hanno trasformato le sue città in veri campi di battaglia e ora minacciano anche le istituzioni occidentali.
7) Conduce una spietata campagna contro la libertà di stampa, imprigionando più giornalisti della Cina e chiudendo o commissariando progressivamente i media ostili. Gli ultimi casi riguardano il quotidiano Gumuriyet, il cui direttore è stato accusato di tradimento e minacciato di ergastolo per avere rivelato traffici di armi e petrolio tra la Turcia e il Califfato, e il quotidiano Zaman, (di proprietà del suo antico alleato e oggi mortale nemico, l'imam Gulen, da tempo rifugiato in America) obbligato a trasformarsi da in giorno all'altro da oppositore a giornale di regime.
8) Ha avviato una progressiva e implacabile islamizzazione del Paese, riducendo i diritti delle donne (invitate a rimettersi il velo e a stare a casa a fare figli) e avvicinando la legislazione alla Sharia, con il fine deliberato di cancellare lo «stato laico» voluto da Ataturk.
9) Si rifiuta ostinatamente di risolvere la questione di Cipro, di cui ha invaso la parte settentrionale cinquant'anni fa, restando così in conflitto con uno Stato Ue che, per ritorsione, mette il veto a qualsiasi decisione che la riguarda.
10) Un quinto dei suoi cittadini ammette di avere simpatie per l'Isis. Se anche uno su mille diventasse un militante, apriremmo le porte dell'Europa a 7.500 fanatici pronti a commettere attentati.
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