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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.03.2016 Africa: la nuova frontiera del terrorismo islamico
Analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 marzo 2016
Pagina: 3
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «La presa del jihad sull'Africa»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/03/2016, a pag. 3, con il titolo "La presa del jihad sull'Africa", l'analisi di Guido Olimpio.

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Guido Olimpio

WASHINGTON Si aspettavano un attacco in Senegal, invece è arrivato in Costa d’Avorio. Paesi di un arco regionale dove colpisce quello che i francesi definiscono il terrorismo povero: piccoli nuclei, agguerriti, capaci di far molti danni.

IL CONTAGIO DEL SAHEL All’inizio fu il Mali. Nel Nord si erano insediati tuareg islamisti, seguaci di Osama e ribelli buoni per molte cause. La missione lanciata da Parigi nel 2013 li ha frenati. Loro si sono sparpagliati e si sono rigenerati grazie al caos libico, rifugio e supermarket bellico. Al Qaeda nella terra del Maghreb, rispondendo anche alla rivalità dell’Isis, ha rilanciato la sfida usando una doppia lancia. La prima composta da militanti africani, la seconda mettendo da parte i contrasti con i Murabitun di Mokhtar Belmokhtar. Più vivo che morto (dicevano fosse stato ucciso da un raid), il «guercio» avrebbe coordinato la campagna degli hotel. I terroristi hanno riprodotto in modo letale uno schema devastante: assalti contro alberghi/locali a Bamako, Ouagadougou (Burkina Faso) affidati a team pronti a prendere ostaggi e votati al martirio. Nel mirino gli stranieri e gli abitanti del posto, colpevoli di condividere luoghi di «peccato», sotto tiro quegli Stati che collaborano con l’Occidente nella lotta all’estremismo. L’estensione della regione favorisce i criminali, possono scegliere dove e come, gli apparati di sicurezza non possono essere all’altezza. Lo Stato Islamico compie mosse analoghe, fa strage nei musei oppure su una spiaggia - dal Bardo a Sousse -, si rifornisce di mujaheddin nell’Africa nera, intende saldare la Libia con lo scacchiere Sud .

I MACELLAI Anche Boko Haram ha condotto il terrore di prossimità. Dopo aver massacrato migliaia di essere umani in Nigeria ha spedito le donne kamikaze a colpire Camerun e Ciad, due nemici perché hanno mobilitato le loro unità contro la fazione. Negli ultimi tempi il movimento africano ha lamentato perdite, è stato danneggiato dalla sua stessa tecnica della terra bruciata, molti si sono arresi per mancanza di cibo. Difficoltà che tuttavia non tolgono capacità ai «macellai» di Abubakar Shekau, il leader sempre convinto di essere parte del Califfato e deciso a stabilire rapporti con altre organizzazioni. Quelli di Boko non sono certo dei combattenti sofisticati, però rappresentano un pericolo agevolato da miseria, corruzione, collusioni .

LA SOMALIA Gli Shebaab hanno smentito con i fatti chi pensava fossero in difficoltà. Rimasti legati ad Al Qaeda hanno attaccato con successo in Somalia, facendo strage tra i soldati del contingente africano. Dunque ricorrendo alle classiche forme di guerriglia. Ma al tempo stesso hanno cercato il salto di qualità provando a distruggere un jet passeggeri usando un attentatore suicida armato di un sofisticato computer-bomba. Prova di grandi ambizioni e di possibili contatti con i qaedisti dello Yemen, esperti di trappole come questa. Non è certo un caso che nel piano Africa del Pentagono il dossier somalo sia al primo posto. Anche perché il movimento ha firmato attentati pesanti in Kenya.

LE BASI La Francia ha i 3.500 uomini del dispositivo Barkhane che si aggiungono a reparti schierati da anni in alcuni Stati. È un sistema agile, da solo non può bastare. Parigi si poggia sui governi amici, li assiste nell’addestramento dei soldati, usa una strategia preventiva con incursioni a lungo raggio affidate ai parà e ai commandos elitrasportati. Ha anche creato degli avamposti - come quello di Madama, in Niger -, trampolini da dove far partire missioni cerca e distruggi. A volte tornano indietro con lo scalpo importante: pochi giorni fa hanno ucciso Abu al Nur al Andalusi. Altre volte devono accontentarsi della distruzione di un paio di pick up. Insieme ai francesi, gli americani con una corona di installazioni che di fatto tagliano a metà l’Africa. Il modello è il solito: droni, aerei per l’intelligence MC 12, unità scelte per il training degli alleati o azioni dirette. L’ultima base per velivoli senza pilota emersa dalla «nebbia» è quella di Garoua, in Camerun, studiata per il contrasto di Boko. I «Berretti verdi» con i marines olandesi stanno mettendo in piedi un reparto senegalese per vegliare lungo i fiumi e confini. Altri specialisti si muovono in Niger, Nigeria, Burkina, Uganda. E c’è poi Gibuti, micro-entità diventata una mega-caserma. Le autorità hanno permesso a Usa, Francia, Giappone, Italia, Germania, Spagna di avere presenze militari, in arrivo a breve anche cinesi e sauditi. La possibilità di creare una postazione si salda con la necessità di tenere d’occhio il Corno d’Africa e l’accesso al Mar Rosso.

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